Da Bertelli a Guidi
Vent’anni di mostre
Dell’Associazione Bologna per le Arti
L’Associazione
Bologna per le Arti celebra i vent’anni di attività con una grande mostra a
Palazzo d’Accursio, “Da Bertelli a Guidi” – Vent’anni di mostre
dell’Associazione Bologna per le Arti”, che tiene aperta l’esposizione presso
la Sala Ercole di Palazzo d’Accursio fino al 16 febbraio. La mostra, a cura di
Stella Ingino e Giuseppe Mancini, con il patrocinio del Ministero per i beni e
le attività culturali e per il turismo, della Regione Emilia Romagna, della
Città Metropolitana di Bologna, del Comune di Bologna e dell’Accademia di Belle
Arti di Bologna, presenta un consistente corpus di opere di quindici artisti, a
cui sono state dedicate le esposizioni monografiche nel corso di questi
vent’anni. Un’occasione imperdibile per ripercorrere visivamente le
declinazioni dell’arte bolognese di fine Ottocento e inizio Novecento
attraverso le opere di Luigi Bertelli, Luigi Busi, Giovanni Paolo Bedini,
Raffaele Faccioli, Coriolano Vighi, Mario de Maria, Alessandro Scorzoni, Fabio
Fabbi, Flavio Bertelli, Claudio Corsi, Alfredo Protti, Guglielmo Pizzirani,
Giovanni Romagnoli, Giulio Fiori e Ugo Guidi.
A
partire della metà dell’Ottocento si verificano nella penisola italiana diversi
cambiamenti e stravolgimenti: dalla rivoluzione economica a quella sociale,
dall’unificazione del Paese fino al rinnovamento artistico. Con la riforma
accademica e la contemporanea ascesa della borghesia cresce la necessità di
istituire associazioni artistiche che diano visibilità maggiore a pittori
emergenti, come dimostrato dalla fondazione della Società Protettrice di Belle
Arti o della Società Francesco Francia. In questo periodo, inoltre, a Bologna,
ma già in gran parte d’Italia, si sviluppa un nuovo movimento che lascia
indietro l’ormai sorpassata ventata romantica e che trova nella libertà
d’espressione un nuovo modo di vedere, concepire e comprendere il reale.
Ed
è proprio in questo contesto che, a partire dal primo decennio della seconda
metà del secolo, si inserisce Luigi Bertelli, primo protagonista della
rivoluzione del vero. Egli è uno dei più
grandi paesaggisti bolognesi, le cui opere si distinguono per la “forza di
colorito e verità d’espressione”. La Bologna della seconda metà dell’Ottocento,
rimane legata alla conservazione e ostile al rinnovamento, un ambiente in cui
l’accademismo e il decorativismo hanno radici profonde nella tradizione. In
questa situazione, però, emergono figure come Busi, Bedini e Faccioli, artisti
coevi che mostrano analogie su alcuni aspetti delle loro carriere e delle loro
produzioni artistiche.
Verso
la metà dell’Ottocento, più precisamente nel 1852 e a pochi mesi di distanza,
nascono due grandi come Vighi e De Maria. Sebbene siano coevi e accomunati
dalla scelta del paesaggio come tema principale della loro indagine critica –
ammettendo che la produzione di De Maria non sia semplicemente riconducibile
alle categorie tradizionali del paesaggismo o del vedutismo – i due pittori si
collocano in posizione diametralmente opposte. Queste riguardano infatti sia le
soluzioni compositive e la metodologia pittorica, sia l’aspetto contenutistico
e i rimandi alle atmosfere poetico-letterarie celati all’interno dei propri
lavori.
Compagno
di De Maria e altro grande interprete della pittura bolognese del periodo è
Alessandro Scorzoni. Quest’ultimo può essere definito la poesia pittorica in
persona, poiché riesce a rappresentare allo stesso tempo l’anima dei soggetti e
quella di chi ne crea i lineamenti. Un’arte, quella scorzoniana, che, seppur
raramente, è ammirata e considerata dai suoi contemporanei come “la più
moderna”.
L’artista
che si pone cronologicamente tra la produzione di Scorzoni e quella di Bertelli
è Fabio Fabbri. Nel corso della sua lunga carriera, l’artista è riuscito a sintetizzare
la sua arte in un perfetto equilibrio tra verismo e simbolismo.
Totalmente
diversa risulta l’attività artistica di Flavio Bertelli, figlio del già citato
Luigi. L’arte di Flavio è una rappresentazione della realtà pervasa dalla
poetica. Una pittura che vive e interiorizza il vero, descrivendolo sulla tela
attraverso “visioni di paesaggio”.
Nel
difficile periodo di transizione tra Ottocento e Novecento, Bologna resta
avvolta nelle intemperie culturali del dibattito sul superamento dei dettami
accademici per raggiungere la libertà creativa e intellettuale.
È in questo
contesto di fermento che emergono personaggi come Corsi, Protti, Pizzirani e
Romagnoli, i quali vanno oltre una semplice trasgressione. I temi che
accomunano questo gruppo di artisti, nonostante le loro diverse sfaccettature,
possono sintetizzarsi nella proposta di un’estrema novità estetica volta a
rappresentare la semplicità delle scene quotidiane attraverso un modo di
dipingere spontaneo.
In
maniera diversa rispetto alla produzione prottiana si pone Guglielmo Pizzirani,
il quale si differenzia dai suoi colleghi secessionisti bolognesi per la
plasticità e per il rapporto tonale delle sue composizioni. Un pittore che, pur
consapevole delle difficoltà affrontate in un mondo ostile e stravolto da
catastrofi e dal progresso, ha sempre mantenuto un alto ideale di pittura e una
grande onestà intellettuale.
L’ultimo
artista che partecipa alla rivoluzione secessionista, forse il meno ribelle del
gruppo, è Giovanni Romagnoli.
Pittore,
ma anche scultore e incisore, Romagnoli trasmette nelle sue opere la dolce
quotidianità degli affetti più cari, unendo intimismo, freschezza e semplicità
in ogni composizione.
La
pittura di Romagnoli può considerarsi un lirismo sensuale, carico di intimità e
ricordi. Un’arte senza tempo che, tramite memorie e affetti, può considerarsi
una lunga e ininterrotta estate.
Gli
artisti che concludono questa collettiva sono Giulio Fiori e Ugo Guidi, due tra
i più noti pittori del Novecento bolognese che percorrono due vie parallele con
la propria produzione artistica.
Giulio
Fiori, considerato autodidatta ma indirizzato dalla tradizione accademica e dai
consigli di Majani verso la maturità artistica, non rinuncia mai alla
suggestione del reale all’interno delle proprie composizioni, dalle nature
morte fino ai paesaggi e alle figure.
Diversamente
da Fiori, Ugo Guidi è libero da qualsiasi influenza stilistica e
condizionamento per la sua arte. Cresciuto a Ferrara, città che probabilmente
ha segnato fin da subito il suo carattere e la sua eleganza artistica, sempre
legata a un rigoroso aspetto accademico, ciò che risulta maggiormente evidente
è l’immediatezza dei suoi soggetti che, grazie alla loro marcata espressività,
esprimono dolcezza e sensazioni poetiche senza alcun filtro.
M.P.F.
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