De Nittis e la rivoluzione dello sguardo
Palazzo dei
Diamanti dedica una mostra a Giuseppe De Nittis (!846-1884), aperta fino al
13.4.2029, (De Nittis e la rivoluzione dello sguardo), figura di spicco,
insieme a Boldini, della scena parigina di fine Ottocento. Organizzata dalla
Fondazione Ferrara Arte e dalle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea, in
collaborazione con il Comune di Barletta, la mostra nasce dal rapporto di
interscambio culturale instauratosi tra due istituzioni civiche simili per storia
e natura: il Museo Giovanni Boldini di Ferrara e la Pinacoteca Giuseppe De
Nittis di Barletta.
Grazie all’accordo tra i due musei, Barletta città natale dell’artista, ospiterà nella prestigiosa sede di Palazzo Marra un nucleo di dipinti e di opere grafiche di Giovanni Boldini, mentre a Ferrara presenta una selezione di opere del pittore pugliese, tra cui figurano alcuni suoi capolavori. La rassegna è a cura di Maria Luisa Pacelli, Barbara Guidi e Héléne Pinet.
Grazie all’accordo tra i due musei, Barletta città natale dell’artista, ospiterà nella prestigiosa sede di Palazzo Marra un nucleo di dipinti e di opere grafiche di Giovanni Boldini, mentre a Ferrara presenta una selezione di opere del pittore pugliese, tra cui figurano alcuni suoi capolavori. La rassegna è a cura di Maria Luisa Pacelli, Barbara Guidi e Héléne Pinet.
Si tratta di una
mostra dal taglio originale, che rilegge la parabola creativa del pittore da
una prospettiva che evidenzia la carica innovativa della sua arte e il suo modo,
per certi versi inedito, di guardare la realtà e tradurla con immediatezza
sulla tela per mezzo di inquadrature audaci, tagli improvvisi, prospettive
sorprendenti, affiancate a una sapiente resa della luce e delle atmosfere. Che
si tratti di paesaggi assolati del sud Italia, di ritratti o delle affollate
piazze di Londra e Parigi,
De Nittis ha lasciato una serie di istantanee che
rappresentano il mondo nel suo apparire fugace e transitorio, partecipando
attivamente a quel “nuovo sguardo” che apre la strada alla modernità.
Pur senza
dimenticare le esigenze del mercato e facendosi interprete del gusto delle
esposizioni ufficiali, attraverso un linguaggio teso alla sperimentazione e una
sensibilità ottica affine a quella degli amici Manet, Degas e soprattutto
Caillbotte, De Nittis ha abbracciato quella “rivoluzione dello sguardo” che
segna l’avvento della modernità in arte, a cui nella Parigi di fine Ottocento
contribuisce il confronto tra pittura e i codici della fotografia e dell’arte
giapponese che egli studiò e collezionò.
Questo suggestivo
dialogo è reso parlante in mostra grazie all’affiancamento dei dipinti di De
Nittis a celebri fotografie d’epoca firmate dai più importanti autori del tempo
– da Edward Steichen a Gustave Le Gray, da Alvin Coburn a Alfred Stiegliz –
oltre ad alcune delle prime immagini in movimento dei fratelli Lumiére.
Prende
vita così un percorso avvincente scandito da quasi 150 opere provenienti da
importanti collezione pubbliche e private d’Italia e d’Europa, volto a mettere
in evidenza il contributo dell’artista alla comune creazione del linguaggio
visivo della modernità.
Di famiglia
agiata, presto orfano di tutte e due i genitori, ricevuti a Barletta i primi
insegnamenti da G.B. Calò, Giuseppe De Nittis a quindici anni era a Napoli ed
entrava all’Istituto di Belle Arti per frequentare le lezioni del Mancinelli e
dello Smargiassi.
Ma, insofferente di qualsiasi disciplina, era costretto ad
allontanarsi dalla scuola. Fu così che due anni dopo, nel 1863, conosciuti il
de Gregorio ed il Rossano, rinunciando a qualsiasi studio accademico il De
Nittis, si metteva a dipingere all’aperto e faceva gruppo con loro e con
l’amico Cecioni. Questi per suo conto, entusiasta per le doti spontanee del
giovane pugliese lo faceva conoscere a Firenze ove i Macchiaioli, nel ’66 gli
facevano accoglienze estremamente cordiali.Di quel primo periodo sono vari piccoli paesaggi del golfo e della campagna napoletani e alcune assolate vedute di Puglia da porsi tra le cose più schiette e preziose del giovanissimo pittore.
La sua tavolozza
è chiara, la mano leggera, la sensibilità pronta, l’intelligenza meridionale
prensile.
Ha tutti i numeri per fare della buona pittura, ma la natura entusiasta e vanitosa insieme nonché una estrema sicurezza di sé, quale si rivela anche nei suoi Notes et souvenirs, da lui lasciati incompiuti ma pubblicati a Parigi nel 1895, sembrano anche spingerlo a bruciare, quasi dilettantescamente, le qualità più sostanziose del suo temperamento. Giunto a Parigi il De Nittis aveva trovato conveniente, soprattutto dal punto di vista della pratica, mettere le sue notevoli qualità a servizio di una pittura di genere e di costume verso la quale d’altronde l’esortavano alcuni fra i personaggi più autorevoli degli ambienti ove veniva decretato o meno il successo d’un artista: Gérome Meissonier, Goupil, Reitlinger furono i suoi cattivi consiglieri d’allora.
Ha tutti i numeri per fare della buona pittura, ma la natura entusiasta e vanitosa insieme nonché una estrema sicurezza di sé, quale si rivela anche nei suoi Notes et souvenirs, da lui lasciati incompiuti ma pubblicati a Parigi nel 1895, sembrano anche spingerlo a bruciare, quasi dilettantescamente, le qualità più sostanziose del suo temperamento. Giunto a Parigi il De Nittis aveva trovato conveniente, soprattutto dal punto di vista della pratica, mettere le sue notevoli qualità a servizio di una pittura di genere e di costume verso la quale d’altronde l’esortavano alcuni fra i personaggi più autorevoli degli ambienti ove veniva decretato o meno il successo d’un artista: Gérome Meissonier, Goupil, Reitlinger furono i suoi cattivi consiglieri d’allora.
E furono anche loro a procuragli le buone
commissioni, che in breve fecero del De Nittis un pittore alla moda, e gli
aprirono le porte dei Salons ove nel 1870 poteva esporre La visite chez l’antiquere.
Frattanto la
guerra franco-prussiana esortava il De Nittis a tornare in Italia, e qui
riprendeva a dipingere le marine, le campagne e le bianche strade inondate di
sole del mezzogiorno, riconquistando una sua indipendenza stilistica affermata
in alcune tele che sono – con le opere del primo tempo – fra le cose più
schiette della sua produzione.
Poi nel ’72 è di nuovo a Parigi ove al Salon espone La strada da Brindisi a Barletta, una tela che richiama ancora una volta l’attenzione del pubblico sul giovane italiano il quale frattanto tiene anche d’occhio quanto vanno facendo i pittori d’avanguardia e cerca di innestare qualcosa della loro novità nella sua elegante maniera.
E questa ha il suo
trionfo l’anno successivo quando espone al Salon Che
freddo! Un quadro ove
appaiono tre giovani signore ed una bambina sullo sfondo di un
<<boulvard>> coperto di neve. È
il tempo nel quale il candore della neve e le modulazioni grigie delle sue
ombre lo affascinano. Segue la sua ricerca con quel blu squillante sul candore
della neve intatta con il bruno delle figure del suo In slitta della
Pinacoteca di Barletta e si può comprendere come Degas fosse affascinato dalle
qualità spontanee dell’italiano.Poi nel ’72 è di nuovo a Parigi ove al Salon espone La strada da Brindisi a Barletta, una tela che richiama ancora una volta l’attenzione del pubblico sul giovane italiano il quale frattanto tiene anche d’occhio quanto vanno facendo i pittori d’avanguardia e cerca di innestare qualcosa della loro novità nella sua elegante maniera.
Certo si è che a
Parigi ed a Londra, nella quale città dal ’74 il De Nittis tornerà ogni anno a
lavorare, la sua pittura spiritosa, veloce, egli crea un’aureola di notorietà
che ha largo riflesso anche in Italia, a Napoli, ove il De Nittis riappare
molto spesso a dipingere. A dipingere per sé, e sono ancora fra le sue cose
migliori, certe tavolette con vedute del Vesuvio, alcuni ritratti e piccole
tele, come “Posillipo”.
Così come
Telemaco Signorini a Parigi nel ’73 può parlare della <<squisitezza
d’osservazione>>, della <<eleganza>> del De Nittis, allorchè
egli medesimo, il Signorini, era quasi sul punto di mettersi sulla stessa via
mondana, Diego Martelli nel ’79 certo alludendo, come ha rilevato Roberto
Longhi, al De Nittis ed al Boldini parla dei <<facili guadagni>>
degli <<altri italiani…che intascano i tesori delle cocottes>>.
De Nittis
lavorava intensamente troppo, e fu il lavoro a logorare la sua fibra. Morì
infatti che aveva 38 anni appena di congestione celebrale, nell’agosto del
1884, nella residenza di Saint-Germain-en-Laye, località poco distante da
Parigi.
Nel redigere
l’inventario dei beni rimasti nell’atelier, gli esecutori testamentari
registrarono la presenza di una <<scatola contenente circa cento
fotografie>>, probabilmente utilizzate come repertorio visivo, e la
proprietà di un atelier mobile, una carrozza utilizzata per catturare di
nascosto il pulsare della vita <<che il finestrino inquadra per un
istante>>.
Ed è proprio indagando questi aspetti meno noti del suo metodo
di lavoro che è nata la mostra di Ferrara, la quale intende rileggere la
carriera di De Nittis da una prospettiva che pone l’accento sul suo “occhio
fotografico”. Sospesa tra descrizione veritiera e narrazione evocativa delle
atmosfere e dei luoghi vissuti in prima persona (La
traversata degli Appennini), la pittura di De Nittis
nasce e si afferma dentro il perimetro di un rinnovamento dei codici visivi che
hanno segnato il secondo Ottocento, partecipando attivamente a quel “nuovo
sguardo” che apre la strada alla modernità.
Maria Paola
Forlani
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