Se un giorno si farà la storia delle attività espositive in
Italia, nell’ambito dell’ente pubblico e relativamente all’arte contemporanea,
un capitolo di essa dovrà riguardare Franco Farina, forse il caso più perspicuo
nel corso degli anni Settanta.
Renato
Barilli, 1993
Tra
gli anni Sessanta e Novanta Ferrara vive una stagione memorabile, che la vede
imporsi quale polo di richiamo internazionale nel panorama culturale del
secondo Novecento. Complice, la personalità di Franco Farina alla direzione
delle Civiche Gallerie d’Arte Moderna, la cui instancabile attività espositiva
ha conferito alla città un ruolo centrale nella promozione e divulgazione
dell’arte contemporanea europea e d’oltreoceano.
Del
fermento di quegli anni rimane testimonianza nella collezione di opere d’arte
appartenuta al brillante direttore, scomparso nel 2018, che aveva espresso
l’intenzione di consegnare alla pubblica fruizione il frutto di un lavoro
inteso in primo luogo come servizio d’informazione rivolto ai cittadini. Dando
seguito alla volontà di Farina, la storica direttrice del Centro Video Arte
Lola Bonora ha donato al Comune di Ferrara e alle Gallerie d’Arte Moderna e
Contemporanea un ampio nucleo di opere del marito, arricchendo le collezioni
civiche non solo in termini artistici ma anche di una preziosa memoria
personale.
Questa
mostra, organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dalle Gallerie d’Arte
Moderna e Contemporanea e in collaborazione con l’Università di Ferrara,
presenta per la prima volta al pubblico un’ampia selezione della collezione e
rievoca una straordinaria programmazione espositiva, scandita da quasi 1.000
rassegne in trent’anni, e l’effervescente clima culturale di quegli anni.
Per
questa ragione la mostra è stata immaginata come un racconto cronologico
arricchito dal dialogo con opere delle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea,
manifesti e inediti materiali d’archivio, carteggi selezionati dalle
corrispondenze con alcuni personaggi influenti dell’epoca – Franco Solmi,
Maurizio Calvesi e Janus tra gli interlocutori principali- e con altre
importanti realtà culturali quali la Galleria Sonnabend a Parigi, il Cavallino
a Venezia e la galleria di Arturo Schwartz a Milano, tracciano la rete di
relazioni del direttore. Articoli di giornale, documentazione fotografica delle
inaugurazioni e degli allestimenti, video e lettere tra Franco Farina e gli
artisti, integrano ulteriormente la mostra e gettano un ponte sull’affascinante
passato di un’istituzione pubblica.
Come
prologo una scelta di allestimento non convenzionale restituisce l’estetica
dell’abitazione di Farina, ricreando attraverso la disposizione affastellata
delle opere un ambiente intimo, un moderno cabinet d’amateur.
Così
come nello studio del direttore, in questo luogo lo sguardo va aguzzato per
scorgere anche le opere più piccole: disegni di Giovanni Boldini, Carlo Carrà,
Felice Casorati, Mario Sironi, Aroldo Bonzagni e Filippo de Pisis, una
litografia colorata a mano raffigurante Ettore e Andromaca e un bronzetto
argentato per le Muse inquietanti di Giorgio de
Chirico, Giuseppe Virgili, Franco Gentilini e una particolarissima serigrafia
di Alberto Burri.
La
prima “presenza” evocata in mostra è quella di Emilio Vedova, uno dei maggiori
esponenti dell’informale italiano e protagonista della monografia allestita a
Palazzo dei Diamanti già nel 1968, attraverso un nucleo di litografie.
Il
percorso prosegue, sul fronte surrealista e Dada, con Contemplation
de l’abîme di André
Masson e il bozzetto in ferro e bronzo per il Monumenta au peintre inconnu di
Man Ray, poi
innalzato nel giardino di Palazzo Massari.
Una
parete allestita a quadreria presenta poi le opere di alcuni protagonisti della
mostra I pittori italiani dopo il Novecento organizzata a Palazzo dei Diamanti
nel 1970.
Tra
i momenti salienti dell’attività espositiva ferrarese nel corso degli anni
Settanta vi sono le rassegne dedicate al surrealista cileno Sebastian Matta e a
Enrico Baj, cofondatore del Movimento Nucleare e vicino al Surrealismo.
Una
letterale “rimessa in azione” di due mostre organizzate a Palazzo dei Diamanti
negli anni Settanta è stata attuata in due sale del Padiglione d’Arte
Contemporanea. Grazie alla considerevole quantità di opere delle rassegne
conservate nelle raccolte civiche e alla ricca documentazione analizzata, è
stato possibile individuare in queste esposizioni alcuni aspetti cardine della
programmazione culturale di Farina: la reinterpretazione della tradizione, la
circuitazione delle iniziative sul territorio e una chiara concezione didattica
dell’attività espositiva.
Nella
collettiva Omaggio all’Ariosto del 1974 – parte delle manifestazioni a tema
ariostesco in occasione del quinto centenario della nascita del poeta –
campeggiano i Due cavalli di Giorgio de Chirico e la maquette realizzata
appositamente per l’occasione da André Masson.
La
retrospettiva Diversi aspetti dell’arte esatta del 1977
comprende invece artisti impegnati nell’arte minimalista e della pittura
analitica.
Alla
direzione di Franco Farina si deve il merito di aver portato in Italia l’opera
recente dei massimi protagonisti internazionali del New Dada e della Pop Art.
Risale al 1975 Ladies and gentlemen, la personale di
Andy Warhol ai Diamanti, evento memorabile di cui sono testimonianza le
provocatorie serigrafie, l’autografo dell’artista statunitense e l’intervista
di Franco Farina e Janus.
Il
percorso continua con l’astrattismo, le esperienze di arte concettuale e le
ricerche dello Spazialismo. Alcune mostre collettive e monografiche degli anni
Ottanta, tra le quali Un’idea meccanica del 1984,
riuniscono uno sfaccettato gruppo di artisti. Rappresentativa dell’indole di
Farina è Integrazione sull’arte, la grande tenda concettuale realizzata
dall’artista franco-argentina Lea Lubljn, che per decenni rimase affissa nello
studio di Palazzo dei Diamanti.
Una
sezione dedicata a Mario Schifano, fondamentale interprete della scena pop
italiana, conclude il percorso offrendo una sintesi della lunga presenza
dell’artista nella programmazione espositiva di Palazzo dei Diamanti.
Tra
gli amici che hanno accompagnato il lungo cammino di Franco Farina con
entusiasmo e come dono prezioso è stata la figura di don Franco Patruno. Resta
straordinaria la bella intervista, fatta dal sacerdote al direttore di Palazzo
dei Diamanti per l’Osservatore Romano nel Marzo 2000 dal titolo
“Provincialismo: un pericolo che insidia la conoscenza dell’Arte”.
Per
Franco Farina fu quasi un testamento affettuoso
Patruno
chiede: “Non è forse vero che il tuo sentire, direi anche il tuo linguaggio
sono religiosi?”.
Farina
risponde: “A mio modo mi sento non solo religioso in senso generico, ma
cristiano. So apprezzare, anche se lo manifesto raramente, la gratuità di un
amicizia, la grazia di ciò che è donato senza il do ut des.”
M.P.F.
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