Una storia di grande
Collezionismo Americano
Impressionismo e Avanguardie
Capolavori dal Philadelphia Museum of
Art
Il
collezionismo, si sa, cambia spesso il destino di un museo, una rete sociale,
che diventa bene collettivo, inesorabilmente. In Italia questo lo si sa bene,
in modo particolare a Milano che proprio quest’anno in un sottile filo logico –
e cronologico – unisce idealmente due grandi musei che dal collezionismo sono
partiti: il Philadelphia Museum negli Stati Uniti e la Pinacoteca Ambrosiana di Milano, che fu istituita nell’aprile del
1618, di cui quest’anno ricorre l’anniversario, quando il Cardinale Federico
Borromeo donò la sua collezione di dipinti, statue e disegni alla biblioteca
Ambrosiana, che aveva fondato nel 1607.
Grazie
proprio a questo sottile filo di congiunzione con una precisa idea del
collezionismo e dei collezionisti è visibile a Milano nella sede di Palazzo
Reale, la bella mostra “Una storia di
grande collezionismo americano. Impressionismo e Avanguardie. Capolavori dal
Philadelphia Museum of Art”, realizzata dal Comune di Milano e Mondo Mostre
Skira a cura del Philadelphia Museum of Art Curatorial Department.
Gli
americani in generale, gli abitanti di Filadelfia in particolare, furono tra i
primi avidi collezionisti di opere impressioniste, soprattutto per merito di
Mary Cassatt, l’artista originaria della Pennsylvania che incoraggiò una
generazione di influenti imprenditori ad acquistare i lavori dei pittori
francesi più innovativi. Intraprendenti uomini d’affari americani furono
disposti a puntare su giovani artisti che in Francia non avevano ancora
ricevuto grandi consensi, e possedere una collezione di pittura moderna divenne
ben presto segno di mondanità e gusto progressista. Senza dubbio la dimensione
intima e il fascino di questi dipinti li rendevano perfetti per abbellire le
nuove eleganti residenze degli industriali della Gilded Age. Come la Cassatt previde giustamente, lo spirito civico
e la generosità dei collezionisti americani fecero si che molti primissimi
dipinti impressionisti giunti a Filadelfia confluissero poi nel giovane
Philadelphia Museum of Art, sotto forma di acquisizioni.
Stimolato
dall’entusiasmo dei collezionisti di Filadelfia, nel marzo 1886 Paul
Durand-Ruel, il celebre mercante d’arte, inviò oltre duecento opere
impressioniste a New York per una mostra che si sarebbe tenuta all’American Art Association e alla National
Accademy of Desing. Per la prima volta gli americani ebbero la possibilità
di vedere un gran numero di dipinti impressionisti, e l’esposizione suscitò
notevole interesse.
I primi
dipinti impressionisti entrarono nella collezione del Philadelphia Museum of
Art nel 1921, quando il W.P. Wilstach Fund consentì di acquistare dieci opere
degli eredi di Alexander Cassatt. Nel 1906 la collezione Wilstach si era
arricchita di un dipinto giovanile di Mary Cassatt, Sul balcone – il primo dei suoi lavori a trovare posto in un museo
pubblico americano.
Gli
americani continuarono a coltivare l’interesse per la pittura d’avanguardia
francese, appassionandosi alla produzione di Paul Cézanne, Paul Gaugin e
Vincent van Gogh, artisti noti per i loro colori audaci e per i soggetti più
astratti o simbolici. Grazie ai collezionisti della regione, oggi Filadelfia
accoglie quasi novanta lavori di Cézanne. Tra i collezionisti che contribuirono
a rendere il museo una meta imperdibile per gli appassionati
dell’impressionismo negli Stati Uniti figura Samuel Stockton White III, membro
di una famiglia di Filadelfia che produceva attrezzature e forniture per
dentisti. Da giovane White fu culturista pluripremiato e, durante un soggiorno
a Parigi nel 1901, fece da modello ad Auguste Rodin per una scultura che
ricorda il famoso Pensatore di
vent’anni prima. Rientrato a Filadelfia, White cominciò ad acquistare dipinti
impressionisti e della scuola di Parigi, che la moglie Vera lasciò al museo nel
1967.
Allo stesso
modo, molte eccezionali donazioni si dovettero alla generosità di Henry P.
Mcllhenny e della sorella Berenice Mcllhenny Wintersteen, figli di un membro
del consiglio d’amministrazione del museo. Seguendo le lezioni del leggendario storico
dell’arte Paul Sachs all’Università di Harvard, Henry Mcllhenny imparò a
valutare le opere d’arte. I dipinti di Eugéne Delacroix, Degas, Renoir, Matisse
e Picasso che Henry e la sorella acquistarono e poi donarono al museo
costituiscono l’ossatura di una straordinaria collezione d’arte moderna
destinata a crescere senza sosta per tutto il XX secolo.
La donazione
che diede formalmente il via alla collezione d’arte moderna del museo fu quella
di Albert Eugene Gallatin. Nel 1927, spronato dall’indifferenza delle
istituzioni verso l’arte dell’epoca, Galatin creò la prima collezione pubblica
d’arte moderna del XX secolo negli Stati Uniti, anticipando di due anni la
fondazione del Museum of Modern Art di New York. La sua Gallery of Living Art –
poi ribattezzata Museum of Living Art – aveva sede all’Università di New York.
Il Museum of Living Art prosperò in Washington Square fino al dicembre del
1942, quando l’Università di New York informò improvvisamente Gallatin che non
intendeva più ospitare la collezione nei suoi locali. Venuto a conoscenza della
notizia, Fiske Kimball, l’intraprendente direttore del Phiadelphia Museum of
Art, chiese a Gallatin se avrebbe preso in considerazione Filadelfia come sede
permanente della collezione. Alla fine di gennaio del 1943 i due avevano ormai
firmato un accordo per il prestito immediato e il successivo lascito di oltre
centosessanta opere.
Alla
donazione di Gallatin fece seguito quella di Louise e Walter Arensberg, la cui
raccolta costituisce l’altra pietra miliare dell’arte del Novecento a
Filadefia.
Dopo essersi
trasferiti dal Massachusette a New York, con l’aiuto di alcuni amici artisti e
mercanti d’arte iniziarono subito a raccogliere la loro collezione e ben presto
conobbero Duschamp, appena arrivato da Parigi e già famoso negli ambienti
newyorkesi per il Nudo che scende le
scale n.2, il succés de scandale
dell’Armony Show, la Sposa messa a
nudo dai suoi scapoli, ed anche (il Grande vetro verde).
Walter e
Louise si affidarono alle sue conoscenze e competenze per l’acquisto delle
opere d’arte, e il loro appartamento non tardò a riempirsi di dipinti, collage
e disegni di Picasso, Matisse, George Braque e dello stesso Duchamp, oltre che
di artisti più giovani legati al movimento dadaista newyorkese. L’entusiasmo
degli Arensberg non si limitò alle culture occidentale; con l’aiuto del
mercante d’arte Marius de Zayas formarono infatti una superba collezione di
oggetti africani e precolombiani.
Alla fine
degli anni quaranta, quando gli Arensberg cominciarono a domandarsi quale sede
definitiva scegliere per la loro collezione. I musei di tutti gli Stati Uniti
cercarono di aggiudicarsi le loro prestigiose opere, ma Fiske Kimball fece
presente agli Arensberg che l’ala nordorientale del Phiadelphia Museum of Art,
ancora incompiuta, avrebbe potuto offrire spazio sia alla loro collezione
d’arte moderna sia ai loro oggetti precolombiani. E così fu.
La
collezione di pittura moderna del museo fu arricchita dalla donazione, nel
1964, della collezione Luis E. Stern, che contava più di trecento opere
Oggi la
continuità tra passato e presente è palese nell’ala moderna e contemporanea del
museo, che si fregia delle nuove produzioni di giovani creatori, proseguendo
così la tradizionale vocazione del museo a raccogliere opere innovative concepite
da artisti viventi.
Maria Paola
Forlani
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