VITE VISSUTE O VITE ABBATTUTE?
Desideri e sconfitte nell’ultimo romanzo di Teresa Amendolagine,
GIAN LUIGI ZUCCHINI - La vita che scorre, con gli intralci e le
traversie consuete, piccole gioie, malinconie, dolori repressi e poi superati
dall’urgenza delle cose, vizi e virtù.
In sintesi, questo è lo scheletro, l’architettura semplificata al
massimo dell’ultimo romanzo di Teresa Amendolagine, la scrittrice romana di cui
già altre volte, su questa rivista e altrove, abbiamo presentato i suoi lavori,
dal primo consistente romanzo ‘La treccia del latte’, vincitore anche di
qualche premio prestigioso, che insieme a due altri ha costituito poi un
pregiato cofanetto di tre volumi, intitolato “Trilogia della donna qualsiasi
del ‘900”, fino al penultimo volume autobiografico “La santità non si eredità”,
oltre ad altri lavori di ‘moralità’ e di costume, come ‘Il galateo dei
separati’ e ‘Il galateo degli anni d’argento’.
In questo ultimo lavoro Teresa racconta la vita di due
gemelli, maschio e femmina, attraverso gli intrecci di una storia quotidiana
collocata negli ultimi decenni del Novecento, fino quasi all’oggi quando, nel
descrivere i luoghi in cui si svolgono le vicende, si respira l’aria di una
Roma densa di umori, di gioventù, di fervore per il futuro, ma anche di una
stanchezza che potremmo definire ‘storica’: cioè il lasciarsi andare nel flusso
del tempo, essere in questa storia, oggi, senza avere la volontà di realizzare
il domani, pur desiderandolo. La narrazione procede così, pagina dopo pagina, in
un lento scorrere di avvenimenti senza apparente importanza, un lungo racconto
‘minimalista’ in cui la scrittura, piana e senza esasperazioni espressive o
emotive, non fa altro che descrivere le situazioni di vita dei due gemelli,
della madre, degli amici, con amori giovanili, rotture, nuove amicizie,
delusioni, speranza. In conclusione, la vita, che la scrittrice delinea
riandando per interposta persona momenti ed episodi della propria vita, comuni
tuttavia a molti. La propria giovinezza, vissuta spesso tra dinieghi,
ribellioni e speranze, la maternità, le idee e i desideri per il futuro dei
figli, le inevitabili delusioni: e poi osservare, attraverso la vita degli
stessi figli, i conflitti tra generazioni e, in particolare, le incomprensioni,
gli scontri o i difficili incontri tra uomo e donna, dove la donna, acquisendo
via via consapevolezza della propria autonomia, assume anche una propria
libertà di giudizio, con - frequentemente - la conseguente solitudine o, in
alternativa, la consueta sottomissione ad una volontà generale, ad un costume,
si potrebbe anche dire ad un modo di essere: quello maschile e quello
femminile, destinati comunque all’incontro ma attraverso un cammino arduo e
difficile, oppure al fallimento. Nella malinconia della conclusione, vediamo in
questo romanzo un lucido spaccato della realtà attuale, quando i due
protagonisti si lasciano vivere, aspettando che avvenga qualcosa di diverso che
forse non avverrà. La visione parrebbe spietatamente drammatica, ma – condotta
attraverso una scrittura molto scorrevole e per nulla enfatica – approda ad un
realismo ‘borghese’, una specie di ‘Come le foglie’ di Giuseppe Giacosa
collocata però nei primi anni Duemila. E in realtà, siamo davvero qui, in
politica, in religione, nella storia, in un’epoca di mutazioni epocali di cui
non si avvertono, se non per qualche turbamento personale, gli sconvolgimenti
già qua e là in atto e che muteranno di certo il mondo in un futuro non più
tanto lontano.
Teresa Amendolagine, Gemello
maschio – abitudini debolezze divertimenti, Gangemi editore international,
Roma, 2017, pp. 95, € 18.
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