Nel luglio del 1931, in occasione della prima retrospettiva
allestita a Parigi, << Vogue>> dedicava a Boldini, scomparso solo
qualche mese prima, un articolo dal titolo emblematico: Giovanni Boldini. Pittore dell’eleganza. Nel momento in cui il ritrattista che per
decenni era stato l’arbitro del gusto parigino lasciava la scena iniziava il
mito di un artista che, avendo dato vita a un canone di bellezza modero e
dirompente, avrebbe ispirato generazioni di stilisti, da Christian Dior a
Giorgio Armani, da Alexander McQueen a John Galliano.
[Quei
ritratti]
sono perfettamente armoniosi dal momento che il costume, l’acconciatura e
persino il gesto, lo sguardo e il sorriso […] formano
un insieme di una compiuta vitalità.
Charles Baudelair, Il pittore della vita moderna, 1863
«Pittore della donna moderna>> e
delle più esuberanti eleganze parigine. Così, nel 1909, la rivista di moda
<<Femmina>> definiva Boldini. L’appellativo riecheggiava le virtù
del baudeleriano artista della vita moderna, colui che sapendo catturare il
fascino fugace e passeggero segnato anche dalla moda e dal suo incessante
rinnovarsi, era in grado di fissare nelle sue tele lo spirito della propria
epoca.
Quell’epoca di voluttuosa eleganza, di
profumi intensi e persistenti, sfarzosi gioielli e gesti affettati, Boldini
seppe coglierla meglio di chiunque altro, tanto da lasciare un segno profondo
nell’immaginario di generazioni di fotografi e costumisti del Novecento.
Il magnetismo dei ritratti di Boldini deve molto al rapporto che il pittore
ebbe a Parigi con la nascente industria dell’alta moda alla quale, a sua volta,
dette un contributo notevole. Colta inizialmente per quel suo essere
quintessenza della vita moderna, elemento che ancora l’opera alla
contemporaneità, la moda diviene ben presto un attributo distintivo della sua
ritrattistica. Grazie ad una pittura accattivante, che unisce una pennellata
dinamica all’enfatizzazione di pose manierate e sensuali, e con complicità
delle creazioni di grandi couturier come Worth,
Paquin e le sorelle Callot, Boldini afferma una personale declinazione del
ritratto di società che, al volgere del secolo, diviene un vero e proprio
canone, un modello che anticipa formule e linguaggi del cinema e della
fotografia glamour del Novecento, collocandosi così agli albori dei codici
stilistici e comunicativi della moda moderna.
Organizzata dalla Fondazione Ferrara Arte e dal Museo
Boldini di Ferrara la mostra "Boldini
e la Moda",
( aperta fino al 2 giugno 2019) racconta per la prima volta
la storia di questo
affascinante legame
grazie ad un lungo lavoro di ricerca che ha permesso la ricostruzione della
fitta rete di rapporti sociali e professionali dell’artista. Oltre centoventi
opere, disegni e incisioni di Boldini e dei suoi colleghi Degas, Manet,
Sargent, Blanche ed Helleu, meravigliosi abiti d’epoca, libri accessori
preziosi, ripercorrono la folgorante carriera parigina di Boldini illustrando,
da Charles Baudelair a Oscar Wilde, da Marcel Proust a Gabriele D’Annunzio, la
rassegna svela inoltre i suggestivi intrecci tra arte, moda e letteratura che
hanno segnato la fin de siècle
e, evocando la cornice di mondanità che fece da sfondo
alla lunga carriera di Boldini, immerge il visitatore nelle atmosfere raffinate
e luccicanti della metropoli francese e in tutto il suo elegante edonismo.
Alla vigilia della prima guerra mondiale, nel mondo della
moda e quello dell’arte avvengono significativi cambiamenti. Mentre una nuova
generazione di pittori si affaccia sulla scena per scardinare le forme e
incendiare i colori, le sinuose silhouette floreali che avevano dominato il
primo decennio del secolo vengono soppiantate delle linee rigorose di Paul
Poiret, dai pizzi preziosi delle Sorelle Callot e, più tardi, dalle sete
plissettate di Mariano Fortuny; un gusto per l’esotismo e l’orientalismo
diffuso dai Balletti Russi, che debuttano a Parigi nel 1909, detta le nuove
tendenze dell’abbigliamento.
Mentre Proust distilla i ricordi delle atmosfere respirate nei
salotti della Bella Époque
nel
grande affresco letterario della Ricerca del tempo perduto, l’anziano Boldini è ancora sulla cresta dell’onda e,
onorando le numerose commissioni, documenta i cambiamenti del gusto e rinnova
il suo stile per competere con le nascenti avanguardie (Muriel e Consuelo
Vanderbilt, 1913, San Francisco, Fine Arts Museums). La pennellata vibrante,
materica e sfrangiata dell’artista fissa, in tele <<percorse da una
scarica elettrica>>, un’immagine di donna emancipata, disinibita, sicura
di sé e del proprio potere di seduzione, che esiste solo per essere ammirata:
la Diva. Archetipo delle moderne icone di moda e del cinema, le "divine"
di Boldini si stagliano come vere e proprie apparizioni fantasmagoriche cariche
di erotismo, con occhi bistrati e labbra languidamente socchiuse. Raffigurate
all’ombra di misteriosi cappelli ( La Divina in blu, c.1905-06, collezione
privata; La passeggiata al Bois, 1909 Ferrara, Museo Giovanni Boldini), coronate da eccentrici
copricapi (La marchesa Luisa
Casati con piume di pavone, 1911-13, Roma, GNAM), si offrono come<<grandi
fiori viventi che il desiderio [dell’artista]
odora e coglie>>
Maria Paola Forlani
l
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