E
la vita artistica al tempo di Napoleone
Palazzo Reale di
Milano fino al 23 giugno 2019 presenta la mostra Jean Auguste Dominique Ingres e la vita artistica al tempo di
Napoleone promossa dal
comune di Milano – Cultura e prodotta da Palazzo Reale e Civita Mostre e Musei,
in collaborazione con StArt e il Museo Ingres di Montauban. La mostra è curata
da Florence Viguier-Dutheil, Conservatore Capo del Patrimonio e Direttrice del
Musée Ingres di Montauban.
Il 12 giugno del
1805, dopo essersi fatto incoronare a Milano, Napoleone I dichiarava di voler
<<francesizzare l’Italia>>. L’espressione è certamente brutale, ma
testimonia, in quel contesto storico, il desiderio di accelerare le trasformazioni
della vita pubblica e culturale da parte del Generale divenuto Imperatore e poi
Re d’Italia. Coniugando eredità della Rivoluzione e dispotismo autoritario, in
effetti la sua politica ha avuto un impatto immediato e duraturo anche al di
qua delle Alpi. Proprio in ragione della sua ampiezza e della funzione
attribuita alle arti, si è sviluppato uno straordinario incontro tra le diverse
tendenze che compongono la modernità europea nella stagione del neoclassicismo,
di cui Jaques Louis David (1748 – 1825), Antonio Canova (1757 – 1822) e Jean
Auguste Dominique Ingres (!780 – 1867) sono stati i punti di riferimento.
Ma il termine
“neoclassicismo” non rende giustizia a quella che è stata una profonda
rivoluzione del gusto. La definizione emerge in epoca romantica ed assume un
senso peggiorativo, per stigmatizzare uno stile algido e “marmoreo”, un banale
“ritorno all’antico”. Ci vorrà più di un secolo perché il neoclassicismo
ritrovi un senso positivo e una fisonomia originale, nel quadro di una rivalutazione
che continua ancora oggi.
La mostra Ingres e la vita artistica al tempo di
Napoleone intende
presentare al pubblico italiano l’artista che più di ogni altro si è ispirato a
Raffaello e nello stesso tempo vuole restituire alla vita artistica degli anni a
cavallo del 1800 la sua carica di novità e, per così dire, la sua “giovinezza
conquistatrice”. Con una particolare attenzione a Milano, che in quella
riorganizzazione politica e artistica ebbe un ruolo fondamentale. In una
stagione di grande prosperità, la città fu fortemente rimodellata nei suoi
monumenti, nei suoi spazi verdi e nelle infrastrutture urbane, a partire dalla
nuova Pinacoteca di Brera. Anche gli artisti italiani furono coinvolti
nell’ondata di lavori e di cantieri che ne seguì. Appiani nella pittura e
Canova nella scultura si avvalsero ampiamenti di questa “politica delle arti”,
ascrivibile all’arte del governo di Napoleone Bonaparte. Ma non fu da meno
l’iniziativa privata di nuovi protagonisti, estranei al mecenatismo
aristocratico: primo fra tutti Giovanni Battista Sommariva, definitivo da
Francis Haskell “il mecenate indubbiamente più importante dopo l’imperatore e
la sua famiglia.
Nato nel 1780 nel
sud-ovest della Francia, a Montauban, Ingres dimostra presto un talento
straordinario per il disegno. Dal 1797 è a Parigi nella cerchia di David e
Canova, gli aspetti più “moderni” o più sorprendenti, rappresentati dalle bizzarrie
di Girodet e dell’erotismo di Ingres, dall’onirismo e dal gusto macabro, dallo
slancio delle donne pittrici e dalla reinvenzione del nudo femminile. Dato che
si proclamava come continuazione degli antichi, la “paradossale modernità del
neoclassicismo” richiede insomma di essere apprezzata nelle sue tensioni, nelle
sue contraddizioni, nella sua dualità solare e tenebrosa.
Per documentare
la grande varietà stilistica e tematica del “nuovo classicismo” il percorso
espositivo si sviluppa in varie sezioni. La prima parte mette in evidenza l’invenzione
del nuovo linguaggio figurativo tra l’Ancien Regime e la Rivoluzione Francese
di cui è protagonista David insieme ai suoi allievi più vicini, con un lessico
fatto di corpi virili e di una grande energia. Ma l’ “uomo nuovo” che questi
dipinti intendono rappresentare si esprime anche attraverso l’evoluzione del
ritratto.
Molto presto una
sorta di preromanticismo verrà a controbilanciare l’esaltazione del cittadino
devoto ai suoi compatrioti. Girodet incarna questa volta, precedendo Groz e
Prud’hon nell’esplorazione del fantastico, del dramma e del ripiegamento
melanconico. Per arrivare al sorprendente Sogno di
Ossian, uno dei
capolavori di Ingres esposti in mostra.
Un altro fenomeno
decisivo di questa stagione è lo slancio e il successo delle donne pittrici e
in particolare di Elisabeth Vigée Le Brun (1755 – 1842), dal 1774 ritrattista
ufficiale della regina Maria Antonietta. La sua carriera dovette presto
affrontare le rivalità dell’ambiente, ma sarebbe stata inimmaginabile al di
fuori della società degli anni 70 del Settecento, molto più aperta di quanto si
creda.
La campagna d’Italia
e Napoleone sono protagonisti delle sezioni successive, con alcuni famosi
ritratti tra cui quelli di Appiani. All’altra capitale dell’Impero sono
dedicate opere di Greuze, Canova, Gerard, Finelli, con alcuni disegni di
Ingres. Una sala è riservata alla figura di Giovanni Battista Sommariva, a
partire dal suo ritratto dipinto da Pier Paul Prud’hon e dalla Maddalena
penitente di Canova. Il percorso espositivo giunge così al solenne e magnifico
ritratto di Napoleone in costume sacro, preceduto da una serie di disegni
preparatori di Ingres.
Nella parte
finale la mostra assume un carattere monografico ed è costituita in larga
misura da opere di Ingres eccezionalmente provenienti da Museo di Montauban, a
partire da una serie di straordinari ritratti maschili, seguiti da un nucleo di
disegni e poi di ritratti femminili, di Veneri e di Odalische, oltre ad un
dipinto del 1818 che rappresenta la morte di Leonardo da Vinci, tanto
significativo nell’anno in cui si celebra il suo quinto centenario.
In un certo modo
Ingres porta all’ultimo stadio di straniamento e di erotismo l’eredità di David
e dei suoi migliori allievi (di cui fece parte lui stesso). La mostra intende
dimostrare in che modo il suo preteso classicismo sia un’illusione, rivelando
il colorista che è dietro il disegnatore e mostrando la sua pittura religiosa
insieme alle scene “trobadoriche” in prossimità di odalische dai lunghi colli e
dalle anche salienti.
La mostra
comprende oltre 150 opere di cui 60 dipinti e disegni del grande maestro
francese, riunite grazie a prestiti internazionali da alcune delle più grandi
collezioni di tutto il mondo, oltre al già citato museo di Montauban, dal quale
proviene il nucleo più corposo di opere, e di grandi musei italiani.
Il percorso è
singolare e sorprendente. Considerato come un inclassificabile, percepito come
l’erede di Raffaello e allo stesso tempo come il precursore di Picasso, tra il
maestro della bella forma e quello della nonforma Jean Auguste Ingres è
innanzitutto un “rivoluzionario”. Realista e manierista al contempo, egli
affascina tanto per le sue esagerazioni espressive quanto il suo gusto del
vero.
Maria Paola
Forlani
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