Nella Project Room di Camera – Centro italiano per la fotografia,
si è aperta, fino al 28 luglio, la mostra personale di Irene Kung (Berna
1958) intitolata Monumenti, curata dal direttore dell’istituto torinese Walter Guadagnini.
A partire dalla
giustapposizione di immagini appartenenti a due serie fotografiche precedenti, Le città invisibili (2012) e Trees (2014), Kung compie una selezione visiva che
ricompone un’indagine al tempo stesso introspettiva e sociale sul paesaggio,
sia esso urbano, archeologico o naturale. Tali elementi sono per l’autrice
svizzera come fondamenti puri della visione che, spogliati dal disturbo visivo
generato dalle forme di progresso e dall’incuria umana, si presentano allo
spettatore come ritratti aulici che emergono dall’oscurità. Nelle diciotto
opere di grande formato esposte in questa occasione, alberi, antiche rovine e
architetture contemporanee e alla forza dell’immagine – annullano il tempo
ordinario il caos con la loro armonia costruttiva.
Formatasi in ambito pittorico, Kung ha adottato la
fotografia come medium privilegiato della propria produzione artistica da circa
un decennio, sfruttando la sua formazione non solo per impreziosire la
componente lirica e emotiva della sua ricerca artistica, ma anche quella
gestuale ed istintiva. L’essenzialità delle inquadrature e la capacità di far
emergere i suoi soggetti dall’oscurità, infatti, esprimono una vicinanza
stilistica e concettuale al Rinascimento pittorico italiano: i suoi lavori
evidenziano il desiderio razionale di individuare nuove strade possibili per un
futuro sostenibile e la rinnovata attenzione all’equilibrio tra umano e
naturale. Allo stesso tempo le composizioni di Kung evidenziano per contrasto
l’ambiguità dell’urbanizzazione e della negligenza umana, facendo emergere
dalla bellezza una sottile inquietudine.
Descrivere la sofferenza attraverso una rappresentazione
raffinata e onirica è – dichiara Kung – un tentativo di generare un nuovo
significato a partire dalle percezioni di un’esperienza emotiva, è
un’astrazione che mi conduce dalle zone più in ombra alla dimensione
meditativa, fino agli spazi inconsci dell’anima.
Maria Paola Forlani
Nessun commento:
Posta un commento