martedì 24 maggio 2022

Canova Gloria Trevigiana


Canova a Treviso: una relazione tanto profonda quanto inedita. "Nato trevigiano", a Possagno, è a Treviso che nacque il suo "mito" e la riscoperta critica della sua opera.
Già a partire dalla leggenda del bambino prodigio che, in casa Falier ad Asolo, inventò su due piedi una scultura a forma di leone da un pezzo di burro per sopperire a una mancanza durante un banchetto, messa in circolo a Treviso nel 1803.
"Il nuovo Museo Bailo non poteva che passare attraverso la celebrazione del genio trevigiano per eccellenza, Antonio Canova, che nel mondo è sinonimo di armonia e bellezza".

Treviso fu prima nelle celebrazioni dopo la morte: nel 1822 commissionò la realizzazione di un busto a Luigi Zandomenighi e un componimento musicale al miglior musicista, Gioachino Rossini per onorare la memoria (queste musiche accompagnano il visitatore in mostra).

E ancora, quando nel dopoguerra ancora certa critica disprezzava Canova,
Luigi Coletti rispondeva con la prima grande mostra monografica. Per capirne la portata basti pensare che, era il 1957, secondo centenario della nascita, e quella trevigiana fu 

l'unica mostra in Italia a indagare criticamente tutta l'opera dello scultore, distinguendo una produzione 'stilistica' da quella 'poetica' dove si poteva a "ben ascoltare, sentire l'annuncio romantico". Sono parole di Luigi Coletti tratto dall'inedito discorso pronunciato durante l'inaugurazione.

Da questa valorizzazione prende le mosse la mostra "Canova gloria trevigiana: dalla bellezza classica all'annuncio romantico", a cura di Fabrizio Malachin, Giuseppe Pavanello e Nico Stringa, una esposizione che sembra completare una sorta di trilogia come quelle recenti di Napoli (che indagava il rapporto con l'antico) a Roma (la bellezza): Canova e la bellezza dell'antico quindi, ma anche Canova come straordinario contemporaneo annunciatore romantico.

L'esposizione si svolge nello spazio Generali Valore Cultura, l'ala del museo Bailo restaurata e dedicata a nuove iniziative artistiche del Comune di Treviso.

In mostra si è potuto eccezionalmente ricreare l'ambiente programmato da Canova in palazzo Papafava, dove il confronto Antico/Moderno è portato alla sua massima essenza: Apollo del Belvedere a confronto con il Perseo trionfante, e il Gladiatore Borghese, altra opera celeberrima, a confronto con il Creugante. 
E' il 'teorema perfetto'. Per la prima volta le opere vengono inoltre esposte sui loro basamenti originali restaurati per l'occasione.

Restando alle sculture eroiche, la mostra propone un inedito" il gesso del Cavallo preparatorio del famoso gruppo il Teseo in lotta con il centauro di Vienna."  Per il corpo del centauro Canova studiò un cavallo in fin di vita. Il calco viene esposto per la prima volta in una mostra.

La mostra entra poi in temi dove il sentimento la fa da padrone, e dove emerge la modernità romantica: le stele funeraria (in mostra quella Falier e Volpato), omaggio al defunto, ma soprattutto meditazioni sulla figura femminile afflitta, siamo nel campo delle Maddalene; i gruppi gentili e amorosi (Amore e Psiche in mostra): "sappi disegno, anatomia e dignità: senti la grazia: intendi la bellezza: commuoviti del tuo affetto".

Inoltre, due spettacolari gessi originali dello scultore, patrimonio del Gruppo Generali, giunti nei giorni scorsi a Treviso dopo essere stati sottoposti ad una campagna di restauro, realizato dall'artista tra il 1787 e il 1790, raffigura "La morte di Priamo"; il secondo, datato al biennio immediatamente successivo, raffigura "La danza dei figli di Alcinoo". Le due opere, conservate a Trieste, nella storica sede del Leone, sono esposte al pubblico per la prima volta.

E ancora i ritratti, le incisioni, le celebrazioni canoviane, la fotografia: un ricco percorso di oltre 150 opere, sviluppato in 11 sezioni.
Nella galleria dell'800, ultima sezione della mostra, non mancano le sorprese. Che tipo amore corrispose tra Antonio Canova e Marianna Angeli Pascoli, bellissima contessa trevigiana? Di certo, un piccolo cammeo con il ritratto di lui si adagia sul seno di lei, nel busto scolpito da Luigi Zandomenighi.

L'effige della nobildonna si può ammirare all'interno della galleria, allestito al Nuovo museo Bailo con progetto di Marco Raposelli di Studiomas-Padova.
Il grande scultore trevigiano è protagonista della mostra ma con lui non manca l'attenzione quindi al patrimonio civico. Quindi non solo la galleria ma anche diverse opere inedite.

M.P.F.






















 








mercoledì 30 marzo 2022

Out of time. Ripartire salla natura


 La Biennale Donna torna per la sua XIX edizione, aperta fino al 29 maggio il PAC - Padiglione d'Arte Contemporanea di Ferrara ospita la mostra OUT OF TIME, Ripartire dalla natura - una collettiva che presenta opere di cinque artiste internazionali: Monica Miranda (Portogallo/Angola, 1976), Christina Kubisch (Germania, 1948), Diana Lelonek (Polonia, 1988), Ragna Ròbertsdòttir (Islanda, 1945) e Anais Tondeur (Francia 1945).

L'esposizione è organizzata da UDI - Unione Donne in Italia e dalle Gallerie d'Arte Moderna e Contemporanea del Comune di Ferrara, ed è curata da Silvia Cirelli e Catalina Golban.


Out of time illustra la necessità di ripensare le strutture radicate, riorganizzare le pratiche consolidate in ambito sociale ed economico e mostrare i legami con il dibattito ecologico in corso. Da qualche decennio, e ultimamente in maniera marcata, si sta consolidando una consapevolezza diversa rispetto all'ambiento naturale che ci circonda. La nostra epoca antropocentrica ha bisogno di essere ripensata tramite nuovi paradigmi che potrebbero prefigurare un modo altro di essere al mondo.


E quindi inevitabile che l'arte affronti attraverso i propri strumenti e linguaggi le questioni tecnologiche più pressanti. Le riflessioni che ne derivano da ambiti differenti confluiscono, attraverso una poliedricità di linguaggi artistici (installazioni, fotografie e video) in mostra che intende esplorare il rapporto tra l'essere umano e l'ambiente, ed esaminare le intenzioni tra entrambi i soggetti. Un altro obiettivo di questo progetto è porre l'attenzione sulle modalità di appropriazione dell'ambiente come conseguenza drammatica dello sfruttamento delle risorse naturali.


Le cinque artiste indagano l'intenzione e la possibile alleanza tra tutti gli esseri viventi ospitati in questo pianeta. Differenti modelli di lettura e varie prospettive richiamano l'attenzione sui i modi in cui la natura è stata stravolta nella ricerca dell'egemonia da parte dell'essere umano, mettendone in luce le ripercussioni sia sull'ambiente sia sul tessuto sociale. L'intreccio tra le varie sperimentazioni artistiche si inserisce in un ampio e proficuo dialogo con varie scienze, a dimostrazione di come la cooperazione e la ricerca socio-economica ed ecologica siano essenziali per allenare un pensiero comune che scardini la visione antropocentrica.


La mostra si apre con l'opera dell'islandese Ragna Ròbertsdòttir, artista il cui lavoro è caratterizzato da una forte cifra minimalista, che proietta la propria grammatica stilistica con l'impiego di componenti dall'evidente potenza materica. Lava, vetro, pomice, ossidiana, rocce vulcaniche, sale, o conchiglie caratterizzano una personale impronta espressiva che sfocia in un legame viscerale con il mondo naturale. Oltre ad alcune delle sue opere più significative, come la serie Saltscape, realizzata con sale marino e sale di lava nero, o View, dove domina la lava rossa del vulcano Seydisholar, la Biennale Donna ospita due lavori site specific interventi di inconfondibile valenza tattile che rievocano al contempo la magnificenza e la fragilità dell'universo naturale.


Di differente sintesi poetica è invece l'approccio della francese Anais Tondeur la cui ricerca di derivazione scientifica di affascinante evocazione coinvolge lo spettatore nella sua realtà umana. Installazioni multidisciplinari presentate in mostra sono, infatti, la traduzione visiva di indagini scientifiche rispettivamente dedicate alle tracce del peticore, l'inconfondibile odore del pioggia sul suolo asciutto, e l'analisi dei cicli oceanici, di vitale importanza per una maggiore comprensione dei cambiamenti climatici terrestri.


La Biennale prosegue poi con il mondo visionario di Monica De Miranda, portoghese ma di origini angolane, la cui eredità culturale ha fortemente influenzato il suo percorso artistico, portandola all'esplorazione dell'evoluzione ambientale da un punto di vista antropologico. Confrontandosi con le ferite di un colonialismo violento, De Miranda si sofferma sulle convergenze fra stratificazione sociale e il cambiamento dell'ecosistema, proponendo "geografie emozionale" - come lei stessa le definisce - cioè narrazioni urbane che seguono intimi processi identitari.


La prevaricazione dell'uomo sulla terra torna baricentrica anche nel percorso creativo della polacca Diana Lelonek, che offrendo una visione critica sui processi di sovrapproduzione, focalizza la sua parabola espressiva sulla possibilità di soluzioni alternative di convivenza e coesione fra mondo naturale e mondo umano. Questo approccio empatico detta le basi di un'interdipendenza fra specie e l'accettazione di uno scenario trasversale di chiara rottura rispetto a quello attuale.


Chiude il percorso espositivo, il lavoro di Christina Kubisch, una delle più incisive figure della sound art tedesca. Attingendo a un'estetica inedita, Kubisch è riuscita nell'intento di proiettare "paesaggi acustici" attraverso l'esplorazione del potere del suono. La sue polifoniche installazioni sonore indagano il cosiddetto inquinamento acustico silenzioso, esperienza sensoriale fondamentale per poter comprendere lo stato di saturazione elettromagnetica diffusa intorno a noi.


M.P.F.



martedì 1 marzo 2022

Pier Paolo Pasolini. Folgorazioni Figurative

 


Il 5 marzo 2022 ricorre il primo centenario della nascita di Pier Paolo Pasolini, poeta, scrittore, cineasta, grande intellettuale italiano di cui la Cineteca di Bologna custodisce e valorizza da decenni il lavoro.

In occasione di  questo importante anniversario, con il programma di PPP 100 anni di Pasolini a Bologna - nell'ambito delle iniziative promosse dal Comune di Bologna e con il patrocinio dell' Alma Mater Studiorium Università di Bologna - la Cineteca promuove una serie di iniziative per ricordare e celebrare il grande artista bolognese, tra le quali la mostra Pier Paolo Pasolini. Folgorazioni figurative  che dal 1 marzo 2022 inaugura il nuovo spazio espositivo del sottopassaggio di Piazza Re Enzo a Bologna.


Pier Paolo Pasolini. Figurazioni figurative - a cura di Marco Antonio Bazzocchi, professore di Letteratura Italiana all'Alma Mater Studiorom - Università di Bologna; Roberto Chiesi, responsabile del Centro Studi Pier Paolo Pasolini; e Gian Luca Farinelli, direttore della Cineteca di Bologna - nasce da un lungo percorso di studio, confronto e approfondimento che si concretizza in un progetto espositivo rigoroso e straordinariamente ricco di rimandi culturali.


Con l'obiettivo di ricostruire la genesi dello sguardo di Pasolini, la mostra parte dagli anni della formazione a Bologna, avvenuta sotto l'egida di un maestro come Roberto Longhi, e documenta il formarsi e l'evolversi del suo universo creativo, dagli esordi nel 1961 con Accattone per arrivare fino a Salò e le 120 giornate di Sodoma, uscito postumo a poche settimane dal suo omicidio avvenuto il 2 novembre 1975.


Dall'analisi delle molteplici inquadrature che hanno reso celebri questi capolavori fiorisce una ramificazione di rimandi e riferimenti ricostruita in modo certosino, a loro volta messi a confronto con testi scritti a riguardo.


La mostra compone una panoramica sull'intera opera di Pasolini letta attraverso una lente di precisione, capace di evidenziare il pensiero e l'immaginario, e di racconti attraverso le immagini.

Pier Paolo Pasolini. Folgorazioni figurative è un progetto espositivo raffinato e stratificato che tiene insieme materiali e collegamenti eterogenei, in un percorso organizzato cronologicamente.

Dipinti, prime edizioni, fotografie d'artista, materiale audiovisivo tratti


da film e interviste dialogano facendo emergere la ricca articolazione dell'immaginario e del fare di Pasolini, il suo sguardo famelico, capace di inglobare gli stimoli più disparati, ricostruito e consegnato al pubblico come una rinnovata chiave di lettura della sua opera.


Accompagnano la mostra una pubblicazione con lo stesso titolo Pier Paolo Pasolini. Folgorazione figurative, e una seconda che ne racconta il rapporto con la città, Pasolini a Bologna.



Il programma Pasolini 100 comprende anche il Convegno Pasolini a Bologna - che si terrà il 3 marzo 2022 allo Stabat Mater dell'Archiginnasio - una retrospettiva integrale dei suoi film al Cinema Lumére di Bologna tra marzo e aprile 2022, e  la distribuzione su tutto il territorio nazionale di alcuni tra i suoi titoli più rappresentati, grazie al progetto Il Cinema Ritrovato. Ai cinema realizzato in collaborazione con CSC - Cinema Nazionale, con cui la Cineteca da un decennio porta nelle sale italiane i classici restaurati.


M.P.F.

mercoledì 23 febbraio 2022

Maddalena. Il mistero e l'immagine


Dopo aver esplorato il mito di Ulisse e con la fortuna visiva della Divina commedia la complessità del mondo dantesco, i Musei San Domenico di Forlì rivolgono l'attenzione alle vicende figurative di una figura altrettanto popolare che occupa uno spazio, in gran parte ancora da indagare, nella storia e nell'immaginario dell'Occidente. Si tratta di una donna misteriosa, oggetto di infinite discussioni, ma molto amata e sempre sotto il riflettore delle lettere come nelle arti, per il ruolo che ha avuto nella vita e nella morte di Gesù di Nazareth.

Appare infatti tra i protagonisti nei momenti decisivi come quelli della crocifissione, della sepoltura, della scomparsa del corpo e della annunciata resurrezione.

Maria Maddalena, o Maria di Magdala, dal suo luogo di origine sulle sponde del lago di Tiberiade, fu una delle prime e più fedeli tra i discepoli di Cristo che avrebbe seguito, insieme ad altre donne, dalla Galilea sino al Golgota.  Sembrerebbe la prima ad aver trovato vuota la tomba dove era stato deposto Gesù, come l'unica a vedere due angeli e ancora la prima a incontrare il Signore risorto, parlargli e forse toccarlo: l'episodio misterioso e discusso sul versante teologico del "Noli me tangere".


Per tutto questo e molto altro, pensando alla sua presenza in altri luoghi e circostanze delle Sacre scritture, la Maddalena ha goduto di una enorme fortuna traslata dalla letteratura alle arti figurative, dal teatro al cinema ed altre forme di spettacolo. Si è andata così formando nei secoli, dalla tarda antichità sino a oggi, una straordinaria galleria di immagini dove la sua figura ha subito continue mutazioni, perchè ogni epoca vi si è rispecchiata in maniera diversa sempre nel tentativo di spiegarne il mistero. Ma questo non è mai stato svelato, per cui si è perpetuato il fascino di questa donna leggendaria.

Peccatrice e santa. Eppure, è a lei che il Salvatore risorto avrebbe affidato una missione apostolica, inviandola ad annunciare a Pietro e agli altri discepoli la propria resurrezione.

Rispetto alla sua immagine canonica fissata nei vangeli ufficiali, la figura della Maddalena, transitando dai vangeli "non gnostici" e, a partire dal III secolo, nella letteratura dei Padri della Chiesa, ha assunto un ruolo sempre maggiore e si è


arricchita di nuovi contenuti. A un certo punto la sua identità verrà addirittura a confondersi, ma paradossalmente anche ad arricchirsi, con quella di altre donne ricordate nelle Sacre scritture.

Come Maria di Betania, sorella di Marta e forse di Lazzaro, che avrebbe unto Gesù ancora vivo prima della Passione, un gesto d'amore premonitore della sepoltura; o come una figura anonima, ma significativamente indicata come "peccatrice", cioè una prostituta che avrebbe anch'essa unto il Cristo in casa di "Simone il fariseo" Episodio particolarmente toccante, destinato a una grande risonanza nelle arti che sembrano interessare la commozione espressa dal nel Vangelo di Luca, quando si parla appunto di questa peccatrice", sottolineando come <<venne con un vasetto di olio profumato; e fermatasi dietro si rannicchiò piangendo ai piedi di lui e cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e lo cospargeva di olio profumato>>.

Poi Maddalena comparirà ancora ancora, addirittura come apostola  evangelizzatrice della Francia e infine verrà confusa con santa Maria Egiziaca, una giovane prostituta alessandrina convertita e vissuta da eremita per tutto il resto della sua vita. Quella che poi le arti rappresenteranno some Maddalena penitente. Era inevitabile che questa figura caleidoscopica esercitasse una enorme suggestione sull'immaginario occidentale e in particolare sulle arti.

La sfida della mostra di Forlì è quella di seguire, cercando un filo conduttore e rendendo conto delle diverse suggestioni, una figura figura di estensione secolare e dai tratti spesso complessi da decifrare. Forte delle duecento opere esposte, il percorso della mostra parte dalle suggestive testimonianze dell'arte paleocristiana, dove prevale l'immagine della santa testimone della morte e della resurrezione di Cristo, per arrivare alla pittura del Novecento dove emergono le inquietudini della peccatrice redenta, della donna più vicina nella sua fragilità umana ai tormenti di Gesù.


L'immagine della Maddalena ai piedi della croce, davanti al sepolcro, difronte al Cristo risorto (il "Noli me tangere"), come quella della "mirofora", cioè colei che "porta il sacro unguento", è transitata a partire dalla tarda antichità tra i portali, i capitelli e le vetrate delle chiese soprattutto in Francia e in Italia, mentre la pittura e poi la scultura - pensiamo a Donatello e a Desiderio da Settignano - hanno fatto rivestire alla Maddalena i panni della predicatrice e della penitente eremita, ricoperta dai suoi lunghissimi capelli. E' prima con Giotto e poi con Masaccio, nella sconvolgente Crocifissione di Capodimonte, che assistiamo a un'umanizzazione della santa e del suo dolore, che poi troverà ampia eco nel Rinascimento, tra Giovanni Bellini, Botticelli, Filippino Lippi e quei potenti plasticatori, come Nicolò dell'Arca, Guido Mazzoni e Vincenzo Onofri, che nelle loro sacre rappresentazioni la interpretano come una donna disperata, fermandone i tratti fisiognomici e la gestualità in una sorta di dolore universale.


L'iconografia della "mirofora", del "Noli me tangere", della penitente transitano, in una sorta di esaltante gara espressiva tra campioni, nei capolavori dei protagonisti della pittura europea tra Cinque e Seicento: Tiziano, Savoldo, Correggio, Barocci, Pietro da Cortona, Caravaggio, Reni, Vouet, Lanfranco, Domenichino, Cagnacci, Furini, Dolci, George de La Toure, Ribera. Quando il tema sembra essersi esaurito, in un periodo che va dalla seconda metà del Seicento alla prima del secolo successivo, la Maddalena torna, prepotentemente protagonista e sempre più umana, a occupare gli orizzonti della sperimentazione tra neoclassicismo e romanticismo, Batoni, Mengs, Canova, Hayez, Delacroix, Scheffer, Delaroche ne fanno l'icona della inquieta femminilità moderna che verrà consegnata al simbolismo di Bocklin e Redon. Mentre nella scandalosa Crocifissione (1941) di Guttuso la prostituta redenta diventerà - rappresentata nuda ai piedi della croce - il simbolo di una umanità disperata alle soglie di una delle più grandi tragedie della storia


M.P.F.

martedì 15 febbraio 2022

Le tre pietà di Michelangelo




Una mostra grandiosa che celebra uno dei più grandi artisti italiani: Michelangelo. Al museo dell'Opera del Duomo sarà visibile, dal 24 febbraio al 1 agosto, la mostra "Le tre pietà di Michelangelo. Non vi si pensa quanto sangue costa". L'esposizione pensata in occasione dell'incontro "Mediterraneo frontiera di pace 2022", che vedrà riunirsi i Vescovi e i Sindaci del Mediterraneo a Firenze e a cui interverrà anche Papa Francesco, metterà per la prima volta a confronto, vicina l'una all'altra, nella sala della Tribuna di Michelangelo del Museo, l'originale della Pietà Bandini, di cui è da poco terminato il restauro, e i calchi della Pietà Vaticana e della Pietà Rondanini provenienti dai Musei Vaticani. A cura dei direttori dei musei Barbara Jatta, Sergio Risaliti, Timothy Verdon, la mostra è un progetto che vede eccezionalmente coinvolti i Musei Vaticani, il Museo dell'Opera del Duomo, il Museo Novecento di Firenze, il Castello Sforzesco di Milano e le istituzioni dell'Opera di Santa Maria del Fiore, Comune di Firenze, Comune di Milano.

Cosa si vedrà nella mostra

Collocate una vicina all'altra, le tre Pietà offriranno l'opportunità di studiare l'evoluzione dell'arte di Michelangelo nonchè la sua maturazione spirituale, dalla prima giovinezza - quando a Roma scolpì per l'antica San Pietro l'opera ora nella navata laterale nord della Basilica - alla sua ultima stagione, quando, ormai vecchio, mise mano alla Pietà oggi a Firenze e poi alla Pietà Rondanini conservata a Milano.

Si tratta di un percorso lungo più di cinquant'anni, che conduce dall' ambizione

del giovane che scolpì il proprio nome sul petto della Madonna della versione vaticana, all'immedesimazione personale dell'anziano artista, che in quella del Museo dell'Opera raffigura se stesso nelle sembianze di Nicodemo. Vicino alla propria morte, Michelangelo meditava profondamente sulla Passione di Cristo, come egli stesso fece capire in un coevo disegno della Pietà, donato alla marchese di Pescara Vittoria Colonna, dove scrisse la frase dantesca: "Non vi si pensa quanto sangue costa (Paradiso XXIX, 91)". Risultato sublime di questa meditazione spirituale fu l'esecuzione della Pietà Rondanini, la cui estrema bellezza rifulge nel tramonto della figura.

Nel prossimo autunno i tre calchi di gesso della Pietà originali saranno esposti a Milano nella sala delle Cariatidi di Palazzo Reale in un nuovo allestimento appositamente progettato.

Le tre pietà

La prima Pietà scolpita da Michelangelo


La prima Pietà di Michelangelo fu realizzata a ridosso del giubileo del 1500, quando il cardinale Jean Bilhéres de Lagraulas commissionò al giovane Buonarotti " una Vergine Maria vestita con Cristo morto, nudo in braccio". Il committente era a Roma dal 1491, come capo di una delegazione inviata da Carlo VIII di Valois presso la corte papale per preparare la riconquista francese del regno di Napoli. Il giovane scultore fiorentino poteva dedicarsi al tema del dolore materno e soprattutto al mistero dell'Incarnazione che "tra le opere di Dio è quella che più sorpassa la ragione", come ricordava San Tommaso "poichè non si può pensare nessun'opera divina più mirabile di questa, che il vero Dio, il Figlio di Dio, diventasse vero uomo".

Con la Pietà Vaticana (1498-1499), l'artista impressionò il suo tempo: tale era la bellezza di quel Cristo nudo sorretto amorevolmente dalla Vergine, una giovanissima ragazza umile e casta, avvolta in un profluvio di panneggi per cui Maria Madre e sposa. Quella giovinezza venne criticata dai più, parendo poco consona alla Madonna. Come ci ricordano le fonti, Michelangelo si difese dalle critiche spiegando che la verginità e la purezza mantengono giovani e belle le donne. Il capolavoro venne collocato nella cappella di Santa Petronilla poco prima del 1500, anno del giubileo. Successivamente la Pietà fu spostata in San Pietro, e nel XVIII secolo fu esposta a destra della navata dove ancora oggi la si può ammirare. In questa Pietà Michelangelo è riuscito a rappresentare la divinità di Gesù calandola nel corpo di un uomo di 33 anni. Cristo appena deposto dalla croce pare dominare in seno alla giovane madre raggiante nella sua bellezza, luminosa visione di grazia e di umiltà. La morte non oltraggia quel mirabile uomo: il più bello tra gli esseri viventi. Nel corpo intatto, senza segni di violenza subita, si legge già il risorto, colui che vince la morte

La seconda Pietà scolpita


Molti anni dopo la Pietà vaticana, Michelangelo tornò a scolpire lo stesso soggetto. Nel fra tempo, Roma era saccheggiata, la Repubblica di Firenze era crollata e i Medici erano rientrati in città. Michelangelo ha lasciato Firenze nel 1534 e si è stabilito per sempre a Roma. Dopo la morte di Alessandro de' Medici, ucciso dal cugino Lorenzo, il duca Cosimo I comanda come un principe assoluto. Nel 1547 muore Vittoria Colonna alla quale l'artista era legato spiritualmente. Michelangelo è un artista ormai anziano sempre più concentrato sul destino umano, sulla morte e resurrezione di Cristo, lavora in preda a frequenti crisi depressive. Vive di contrasti, tra l'attrazione per la bellezza, il pungolo dei sensi e il desiderio di ascesi. Comincia a temere la propria morte, il giudizio divino. Fa voto di povertà. Si aggrappa infine alla croce e mette al centro della sua esistenza e della sua ispirazione Cristo, salvatore dell'umanità. L'esecuzione della Pietà Bandini è lunga e difficile, la datazione controversa. Di sicuro il maestro cominciò a lavorare il blocco intorno al 1547. Tuttavia Michelangelo non portò a termine il lavoro, e la statua, prima di essere venduta nel 1561 a Francesco Bandini, fu conclusa in alcune parti da Tiberio Calcagni, principale assistente del Buonarroti. La statua avrebbe dovuto essere collocata in Santa Maria Maggiore a Roma, probabilmente per la sepoltura di Michelangelo. Vi si lesse infatti una profonda e intensa meditazione sulla Morte e la Redenzione, sul Sacrificio di Cristo e la Salvezza, merce anche il tranfert nella figura di Nicodemo.

Secondo Alessandro Parronchi il blocco prelevata da Sarravezza è usato per la realizzazione del gruppo era uno di quelli avanzati per la tomba di Giulio II. Quel marmo, come ricorda anche Vasari, era pieno di impurità ed estremamente duro, tanto che al contatto con lo scalpello emetteva nugoli di scintille. Nel 1553 Vasari, in visita allo studio dell'artista, ebbe l'impressione che Michelangelo esitasse a mostragliela non terminata. Cercando di variare la posizione delle gambe di Cristo, lo scultore provocò la rottura di un arto. Successivamente, intorno al 1555, prese a martellate la statua rompendola in più punti. Infatti, ancora oggi si osservano segni di rottura sul gomito, sul petto, sulla spalla di Gesù e sulla mano di Maria. Alla morte dell'artista nel 1564 si pensò di utilizzare il gruppo per la sepoltura di Michelangelo a Firenze in Santa Croce. L'opera invece rimase nella villa Bandini a Montecavallo e solo nel 1674 venne acquistata d Cosimo III de' Medici che la destinò ai sotterranei di San Lorenzo. Nel 1722 la Pietà fiorentina fu trasferita in Santa Maria del Fiore. Dal 1981 si trova nel Museo dell'Opera del Duomo.

L'ultima Pietà detta Rondanini


Il progetto risalirebbe agli anni tra il 1552 e il 1553. Secondo le fonti, Michelangelo vi lavorò fino all'ultimo. Infatti, l'opera fu rinvenuta nello studio di Michelangelo dopo la morte. Nell' inventario redatto in quei giorni la Pietà è descritta in questi termini: "Statua principiata per un Cristo et un'altra figura di sopra, attaccate insieme, sbozzate e non finite". Nel gruppo si alternano parti condotte a termine, riferibili alla prima stesura, e parti non finite, legate ai ripensamenti della seconda versione.

Acquisita dai marchesi Rondanini nel 1744, la pietà è arrivata a Milano dove si conserva nel Castello Sforzesco dal 1952.

Esito finale di un lungo percorso di arte e fede la Pietà Rondanini è piuttosto una preghiera che un'opera d'arte, o meglio è la dimostrazione artistica del fatto che l'uomo di fede ha visto oltre le apparenze reali, che la mano non riesce a restituire quanto l'occhio interiore ha potuto contemplare. Siamo già in un'esperienza di notte oscura. Al posto dei sogni, tante volte riferisce le sue aurorali invenzioni, qui  ad aprire la strada all'immaginazione dell'artista è la visione mistica del cristiano immerso in una riflessione notturna sull'Unigenito, sulla passione morte e resurrezione di Cristo. Gesù e Maria sembrano esseri fantasmatici, la pietà tende a farsi materia di luce. Cristo esausto sembra scivolare verso la tomba e con il figlio anche la Madre, la cui umanità è come interamente assorbita dal sentimento di amore. Un unico destino travolge miracolosamente madre e figlio in questa metamorfosi mistica, la stessa già provata al momento dell'annunciazione. Ancora una volta Maria è talamo per il suo Signore. L'evidente inclinazione delle due figure, a una visione laterale, pare suggerire una riflessione sulla Resurrezione e l'Annunciazione. Se osserviamo bene infatti i due corpi paiono distaccarsi dal suolo, e assieme raggiungere il Padre.

M.P.F.