domenica 26 febbraio 2023

Renoir. L'alba di un nuovo classicismo

 A Rovigo a Palazzo Roverella su è aperta fino al 25 giugno.2023, la mostra Renoir. L'alba di un nuovo classicismo. IL percorso è diviso in 11 sezioni.

1. Il Renoir impressionista

L'Impressionismo nasce alla fine del 1873, quando si costituisce a Parigi la "Società anonima cooperativa tra artisti, pittori, scultori e incisori, a capitali e membri variabili". Il gruppo, cappeggiato da Camille Pissaro, organizza otto mostre, la prima nel 1874 nell'atelier del fotografo Nasar, l'ultima nel 1886, anno di scioglimento e conclusione dell'esperienza impressionista. Della "Società" fanno parte oltre a Pissaro, Claude Monet, Pierre-Auguste Renoir, Alfred Sisley, Edgar Degas, Berte Morisot e  altri. Eduard Manet appoggia il gruppo ma non vi aderisce. Il gallerista di riferimento è Paul  Durand-Ruel.

Gli impressionisti dipingono soprattutto paesaggi, vedute urbane e domestiche, scene di svaghi e divertimenti della borghesia cittadina, nudi femminili. Non ci sono nè impegno sociale e politico, nè l'intento di comunicare particolari contenuti. L'obiettivo piuttosto, è di restituire l'aspetto mutevole delle cose, di rendere gli effetti atmosferici, le  vibrazioni della luce e l'impressione istantanea che la realtà fenomenica genera sull'occhio.

Nella produzione di Renoir, tra i capolavori di questa  fase possono essere senz'altro annoverati Après le  bain e la Moulin  de la Galette, in cui i soggetti sono colti en plain air nella piazza di Montmarte, dove la domenica solevano ritrovarsi a danzare. La verità della scena è rafforzata dalla presenza, all'interno del dipinto, di alcuni amici dell'artista, ma il suo interesse è focalizzato sulla folla brulicante e sugli effetti luministici, ottenuti per mezzo del colore, evitando toni scuri e  giustopponendo macchie di pigmento. L'effetto di moto vorticoso è ottenuto tramite linee oblique  e sovrapposizioni delle figure.

2. Gli italiani attivi a Parigi durante la stagione impressionista.

Mentre si sviluppa la breve parabola dell'Impressionismo, a  Parigi operano  alcuni artisti italiani: il ferrarese Giovanni Boldini (1842 - 1931), che si trasferisce nel 1871 - rapidamente  arruolato dal mercante Adolphe Goupil trovandovi una seconda patria e diventando anche un protagonista della vita mondana della  ville lumiére, il pugliese Giuseppr De Nittis (Barletta, 1846 - Saint-Germain-en-Laye, 1884), a  Parigi dal 1867, molto vicino per temi, tecnica e  atmosfera agli impressionisti; il veneziano Federico Zandomeneghi (1841 - 1917), sensibile interprete  di soggetti femminili, trasferitosi a Parigi, dove  si lega in particolare a Renoir e  a Edgar Degas, e  dal 1879 partecipa  alle  mostre  del gruppo impressionista. A sè stante è Medardo Rosso (Torino, 1858 - Milano, 1958), che  si stabilisce definitivamente nella capitale francese più tardi, nel 1889, risente perciò  di un clima differente, dando vita a una scultura di straordinaria originalità, che nel  tentativo di evocare l'apparizione "atmosferica" delle  figure attraverso una modellazione delle superfici che sfaldai contorni, è da molti ritenuta il più aderente corrispettivo plastico della pittura  degli impressionisti.

3. I primi ripensamenti di Renoir  sull'Impressionismo

Già verso la fine degli anni Settanta Renoir era scosso  da una profonda inquietudine  creativa, che nel 1881  contribuì a indurlo  a compiere in primavera  un soggiorno ad Algeri, e poi, in ottobre, a intraprendere un viaggio in Italia: un  tour  che ebbe inizio  a Venezia, dove fu colpito da  Carpaccio e Tiepolo  e proseguì brevemente a Firenze, mentre trovò una meta fondamentale a Roma. Un'ulteriore meta del viaggio fu il golfo di Napoli, con puntate  a Sorrento e a Capri: scoprì le pitture pompeiane  e i capolavori  antichi esposti  nel museo archeologico. Infine, dopo un periodo in Calabria, andò a Palermo.

Nella Bsigneuse  blonde la modella ventiduenne Aline Charigot, è ritratta come una Venere dalla Carnagione quasi levigata, in un'armonia di rosa, malva e grigi davanti a un mare azzurro che, stando alla testimonianza dell'autore stesso, sarebbe  quello  della baia di Napoli.

In mostra le opere di Renoir   sono poste a  confronto con capolavori di Carpaccio, Tiziano, Tiepolo e Ingres.

Approfondimento su Renoir  e  Wagner

L''incontro tra Renoir e  il grande compositore tedesco Richard Wagner  avvenne a Palermo   nel gennaio del 1882. Il musicista posò posò  per  un ritratto,   ma non si concesse,  stando alla testimonianza dell'artista, che per trentacinque minuti. Il dipinto che probabilmente non  piacque Wagner,  dandone un giudizio negativo. Renoir ne ricavò successivanente una litografia.

$.Un   moderno classicismo: il mito antico

Mentre le tendenze dominanti virano verso il Postimpressionismo da una parte e il Simbolismo dall'altra, Renir dà vita  a un'arte  che costituisce  una precoce avvisaglia di una nuova sensibilità che  sarebbe divenuta assai diffusa dopo  il conflitto mondiale,  dipingendo  in un possente stile neo-rinascimentale, dove i toni caldi e scintillanti mutuati da  Rubens e il paradigma dei grandi maestri italiani del passato si coniugano  con riferimenti a un'iconografia mitica. Renoir anticipa in tal modo vari aspetti del rappel à l'orde. Quella che è apparsa a non pochi un'involuzione era, in  realtà, una premonizione di molta della  pittura e della scultura che si sarebbe sviluppa tra  le due guerre.

5 Le bagnanti

Nell'affrontare  il tema delle bagnanti e il nudo femminile, già dagli anni Novanta dell'Ottocento Renoir imprime nella pennellata una plasticità materica, in grado di saldare la forma e la luce nel colore.

6 I paesaggi di Renoir

Per quanto Renoir si ritenesse prevalentemente un "pittore di figure", non disdegnò di dedicarsi anche al paesaggio, già negli anni Settanta, dunque in piena stagione impressionista, e poi a seguito nel Midi, in Algeria e in Italia, e dall'acquisto nel 1898 di una  casa a Essoyes, e nel 1907   si una tenuta  a Cagnes-sur-Mer, in Costa Azzurra. 

I paesaggi di Renoir sono posti a confronto con quelli di artisti italiani  della generazione successiva: Enrico Paolucci e Arturo Tosi e anche Carlo Carrà, colto nella sua  stagione naturalistica degli anni Trenta.

/ La natura Morta

<<Dipingere fiori riposa il mio cervello. Non mi costa lo stesso sforzo intellettuale di quando  ho davanti una modella. Quando dipingo fiori, pongo  sulla tela toni di colore, sperimento  audaci valori, senza preoccuparmi di  sprecare una tela. Con una figura  umana non oserei  tanto>>.

Dopo il tramonto della fase  impressionista, l'artista ricomincia  a cimentarsi con il genere  della natura morta, già praticato in gioventù. La citazione sopra riportata aiuta a comprendere lo spirito con cui si fosse  riavvicinato in particolare al tema floreale, ma forse risulta un po'  riduttiva se osserviamo con attenzione un dipinto come  Roses dans une vase (1900), dove la bellezza carnosa della pennellata costruisce le forme e dà  loro corpo e plasticità.
























sabato 18 febbraio 2023

RINASCIMENTO A FERRARA Ercole de' Roberti e Lorenzo Costa Ferrara Palazzo dei Diamanti

 


Ferrara è  stata una delle  capitali del  Rinascimento in Italia,  grazie alla corte degli  Este e al loro mecenatismo colto e raffinato.  Dopo l'esposizione  dedicata a Cosmè Tura e  a Francesco Cossa (2007),  questa mostra riprende il discorso illustrando l'opera di due artisti molto diversi,  entrambi grandi innovatori, seppure ciascuno a proprio modo.

Ercole de' Roberti  esordisce  nel 1469 sotto il  regno di Borso d'Este, collabora con Francesco del Cossa e si divide tra Bologna  e Ferrara fino al 1486, quando rientra in  patria e diventa primo pittore  (con regolare salario  mensile) della corte estense. Artista dalla fantasia inesauribile, dalla tecnica impeccabile e dall'espressività intensa, Ercole de' Roberti consegue nelle  sue opere un equilibrio di vigore e misura che lo rende uno dei più grandi maestri del tardo Quattrocento padano.


Muore ancor giovane e i suoi capolavori  sono da subito molto ricercati dai collezionisti, tanto che Lorenzo gli subentra  presso i committenti più prestigiosi, guadagnandosi una posizione di rilievo nell'ambiente felsineo.  Qui matura un linguaggio più  morbido, più moderno e aggiornato  sulle novità di Perugino  e,  più in generale, della  cultura centroitaliana.

Grazie alla sua meritata fama diventa pittore alla corte dei Gonzaga a Mantova, incarico fino  ad  allora ricoperto da Andrea  Mantegna. Nell'arco di quasi mezzo secolo il suo stile conosce una trasformazione  profonda, una evoluzione consapevole verso la modernità.


La mostra  accoglie quindi il visitatore nel clima della  seconda metà del Quattrocento, per accompagnarlo fino al pieno  Rinascimento, seguendo  il cammino  di due artisti  straordinari.


Dopo due  anni di lavori di restauro e quasi sei milioni di euro, Palazzo dei Diamanti ha riaperto, dunque, con la  mostra   "Rinascimento a Ferrara. Ercole  de' Roberti e Lorenzo Costa", seconda  tappa  di   un  lungo e immaginifico  progetto dedicato agli  artisti fra'  400 e '500 alla munifica corte degli Este, cominciato sedici  anni fa con l'omaggio ai  pittori Cosmè Tura e Francesco del Cossa.  Curata da Vittorio Sgarbi e Michele Danieli, la mostra raccoglie oltre cento opere  provenienti da musei e collezioni di  tutto il mondo, una  finestra  aperta sul clima che si respirava a Ferrara capitale del Rinascimento italiano, attorno alla figura di Borso d' Este che  governò dal  1450 al 1471.


E' sotto il suo  governo che si forma Ercole de' Roberti che divide la sua carriera con Bologna, allora dominata dai Bentivoglio. Proprio a Giovanni II Bentivoglio,  e alla moglie Ginevra Sforza, è dedicato il  doppio ritratto, proveniente  dalla National Gallery of Art di Washington. Un dipinto ispirato a quello di Piero della Francesca a Federico di Montefeltro e Battista Sforza agli Uffizi, che Roberto Longhi definì << il più bel ritratto a dittico di tutto il Quattrocento italiano, dopo quello di Piero >>. Morto  a  46 anni  nel 1496, l'eredità di Ercole  è raccontata da  Lorenzo Costa, di dieci anni più giovane, pittore che dopo Ferrara approderà alla corte del Gonzaga. Una ventina le opere del  primo, una sessantina quelle di Costa, <<  artisti pressochè sconosciuti  e protagonisti di un Rinascimento  lungamente 

segreto >>, ha commentato Sgarbi durante l'inaugurazione.


Eccezionali sono i prestiti dalla National Gallery di Londra fra cui la raccolta della manna e 

l' Istituzione dell'Eucarestia. Da scoprire il periodo mantovano di Costa con la Veronica del Louvre e il Ritratto di cardinale del Minneapolis Institute of Art.


La mostra rimarrà  aperta fino al 19 giugno 2023.


M.P.F.










mercoledì 15 febbraio 2023

FRIDA KALHO e DIEGO RIVERA

 


Frida Kahlo e Diego  Rivera: è una delle più  travolgenti storie d'amore  e passioni dell'intera storia dell'arte.

A Padova, al  Centro Culturale Altinate San Gaetano, fino al 4 giugno 2023, una grande corale mostra racconta i   due   artisti  messicani, assurti ai miti a livello planetario. Padova sarà  l'unica tappa italiana di uno storico tour  mondiale. Promossa  dall'Assessorato alla cultura del Comune di Padova, la  mostra è organizzata  dalla Vergel Foundation. Mondo Mostre e Skira,  in Collaborazione con l'Istituto National de Bellas  Arte y Literatura (INBAL), con la curatela di Daniela Ferretti

Il nucleo fondamentale delle opere giunge dalla celeberrima collezione statunitense di Jacques  e Natsha Gelman.


Frida Kahlo


Magdalena Carmen Frieda Kahlo Salderòn nasce a Coyocàn un quartiere di Città del Messico, nel 1907, da madre messicana e padre tedesco. Di salute cagionevole fin da  bambina - a sei anni si ammala di polmonite  e  il piede  destro le rimane  leggermente  deformato - Frieda, o Frida  come  si firmerà,  sogna di diventare medico. Agli  anni  di scuola risale  il suo primo incontro con l'opera  di  Diego Rivera, celebre  muralista,  che stava dipingendo un'opera sui muri  dell' Esquela National Preparatoria. La sua vita cambia  nel 1925,  quando  la  giovane resta vittima  di un terribile incidente: tornando a casa da scuola  l'autobus  su  cui viaggia si  scontra con un tram, Frida viene trapassata da una  delle sbarre di ferro del bus. Trasportata in ospedale ci rimarrà per un mese,  sopravvivendo miracolosamente alle ferite riportate.


Nei giorni  di degenza, comincia a dipingere (in  precedenza  aveva preso  solo qualche  lezione  di disegno)  e  si dedica  soprattutto all'autoritratto, trovando nella  propria immagine riflessa in uno specchio posto davanti al letto una  comoda e disponibile modella. L'amore per l'autoritratto   non  l'abbonderà mai. Iscritta  al Partito  comunista messicano,  incontra  nuovamente   Rivera  che sposerà l'anno seguente. La loro  relazione durerà - tra alti  e bassi, separazioni e riappacificazioni - fino alla  morte della pittrice.

Con Rivera,  Frida  condivide la  passione per  la  politica - quando  lui ne sarà espulso anche lei lascerà il partito - l'impegno  sociale, l'amore per la  cultura precolombiana, le tradizioni  popolari messicane e la carriera  artistica. Nonostante la  comunione  di interessi  e di  intenti  tra i  due, Frida sviluppa uno  stile personale, autonomo dal  linguaggio del marito.

Dopo aver  vissuto per qualche tempo negli Stati Uniti, per alcuni  impegni di lavoro di Rivera, i due tornano in  patria, stabilendosi in una  nuova casa a San Angel. Per Frida è un periodo difficile: dopo la terza  gravidanza interrotta i medici le tolgono  la speranza  di diventare madre; i dolori per la deformazione della gamba destra sono notevolmente aumentati,  obbligandola a sottoporsi a un   intervento  in cui le vengono amputate alcune falangi del piede.

Aggrava  la crisi personale della pittrice e la relazione amorosa  che Diego incapace di restarle  fedele, stringe con  la cognata,  Cristina.  Il doppio tradimento della  sorella e del marito portano la pittrice a riflettere   profondamente sulla propria vita e sul  proprio comportamento sociale.  Da quel momento nascerà una nuova  Frida, più libera  e disinibita, capace di intraprendere relazioni extracuniugali - come farà con  lo scultore americano Isamu Noguchi e, secondo  alcuni, con Lev Trotzkij - di andare a vivere da sola a  Los Angeles, di divorziare da Rivera e  risposarsi con lui l'anno  successivo  e, soprattutto, di buttarsi a  testa bassa  nel mondo dell'arte dove comincerà a mietere i primi successi. Delusa dal gruppo surrealista   che l'ha invitata a  Parigi, Frida prede le  distanze dall'Avanguardia di  Breton e compagni. Le sue motivazioni, oltre che dettate da personali antipatie,  vertono sulle differenze   tra le sue  opere  e quelle surrealiste: <<Non ho mai dipinto  sogni>>,  spiega lei stessa,  <<quella che  io ritraggo  è la  mia realtà>>.

 Il  governo messicano le tributa  numerosi riconoscimenti; nel1946 il  Ministero della  Pubblica Istruzione le assegna il premio nazionale di  pittura. Ma la sua salute peggiora,  le operazioni  alla colonna  vertebrale si susseguono nell'arco di pochi mesi, nel  1950  ne subisce sette trascorrendo nove mesi  in ospedale.  Nel  1953 le viene amputata  la gamba destra  fino al ginocchio. L'anno seguente ormai stremata, Frida si ammala di polmonite  e muore nella "casa azzurra" di Città del Messico, dov'era nata  e dove aveva passato   la maggior parte del  suo  tempo, oggi trasformata  in un museo a lei  dedicato per volontà  di  Diego  Rivera.  L'arte di Frida Kahlo  è un racconto biografico quanto lo sono le pagine  del suo celebre diario. Attraverso la rappresentazione,  sanguinante, lacerata, ferita, decorata di fiori, cosparsa di chiodi e di frecce, la pittrice ci parla di sè,  delle proprie ossessioni, del mondo che la circonda.


Il suo sorprendete linguaggio, moderno, aggressivo, affine a certi esiti del  Surrealismo  mediati con la forza e i  colori della tradizione messicana, resta  un unicum nel

panorama artistico del XX secolo.

M.P.F.















martedì 7 febbraio 2023

IL mito nella pittura precisa e stupefatta di Achille Funi

 Nel cinquantesimo anniversario della scomparsa di Achille Funi (1890-1972) il Mart di Rovereto dedica all'artista ferrarese, fino al 5 febbraio 2023, un "Focus" di una sessantina di opere, tra dipinti e carte. La mostra ideata sa Vittorio Sgarbi e curata da Nicoletta Colombo e Daniela Ferrari con la collaborazione di serena Redaelli, ha un sottotitolo Il volto, il mito ripercorre tutta la ricerca di Funi nel tema del ritratto e della mitologia. Si va dal momento futurista degli anni Dieci al periodo del Novecento italiano (di cui nel 1922 è uno dei fondatori), fino alla pittura murale degli anni Trenta.e alle ultime opere.

Ritratti. E' un momento felice per Achille Funi. Oltre alla mostra del Mart, piccola ma fra le più belle a lui dedicate negli ultimi anni, sta per uscire una sua biografia ed è prevista per l'anno venturo un ampia mostra a Palazzo dei Diamanti a Ferrara. Non è un caso comunque che la rassegna roveretana sia così ben riuscita: i temi della figura e del mito sono più cari all'artista e la misura piccola è la più congeniale alla pittura, anche se Funi è stato un infaticabile creatore di affreschi, come si vede in mostra nel monumentale Dioscuro, che riprende le statue di piazza del Quirinale a Roma. "Ho dipinto chilometri di muri" amava dire. I suoi ritratti del 1920-21, però, come l'Autoritratto o il ritratto della sorella Margherita (La terra, ispirato alla Lavinia di Tiziano), hanno anche il merito di anticipare il Realismo magico, cioè la pittura