lunedì 3 ottobre 2016

ARDENGO SOFFICI

Scoperte e massacri

Ardengo Soffici e le avanguardie a Firenze


La donazione di un autoritratto di Ardengo Soffici, da parte degli eredi del grande artista ed intellettuale toscano, agli Uffizi (Ardengo Soffici, Autoritratto, 1949, Firenze Galleria degli Uffizi), ha stimolato l’idea di una mostra su questa figura di pittore, scrittore, polemista e critico d’arte, puntando l’attenzione in particolare sugli anni che lo videro assumere un ruolo di assoluto protagonista nell’aggiornamento della cultura figurativa italiana. È infatti da tempo riconosciuto che gli scritti di Soffici pubblicati tra il primo e il secondo decennio del Novecento e le iniziative culturali da lui sostenute e organizzate (come la Prima Mostra italiana dell’Impressionismo allestita a Firenze nel 1910) costituirono un momento decisivo per lo svecchiamento e il rinnovamento dell’arte Italiana.

Ardengo Soffici è senza dubbio uno degli uomini ai quali l’Italia più deve per la formazione di una sua coscienza artistica moderna.
Pittore e scrittore, al fondamento della sua personalità, dice Emilio Cecchi, è un che di foscoliano: del Foscolo di Didimo Chierico romantico, scudiero dei classici, cinico e idealista.

Nato a Rignano sull’Arno nel 1879, educato all’arte nell’ambito dell’accademia fiorentina ove, malgrado tutto, aveva un certo predominio la personalità del vecchio Fattori, compiuti da poco i vent’anni come i più spericolati giovanotti di allora, se ne andò a Parigi. E fu quella Mecca di nuove idee che, dopo essere rimasto ammirato per le composte figurazioni di un Puvis de Chavannes guardò l’opera di Ingres, di Delacroix, di Corot, degli impressionisti e quindi post-impressionisti, soprattutto di Cézanne, che gli rimase più di ogni altro negli occhi.
Intanto a Parigi incontrava Derain, Braque, Picasso, tutti giovanissimi allora, e con loro esponeva al << Salon d’Automne>> ed agli Indipendenti.
Poi nel 1907 tornava in Italia, ma non per questo rompeva i ponti con l’ambiente parigino dei primi fouve e dei primi cubisti, anzi quando poteva si recava a visitarli, onde mantenersi al corrente dei loro ulteriori sviluppi, mentre dal 1909 ne La Voce
e quindi ne Lacerba, da lui fondata con Giovanni Papini, dava inizio a quella meritoria azione di propaganda di nuove idee e ricerche. E sono del 1909 e del 1910 i suoi saggi su Medardo Rosso, di cui fu tra i primi ad indicare la grandezza, e sugli impressionisti.
La mostra degli Uffizi su Soffici ha trovato una guida nel suo libro memorabile
Scoperte e massacri. Scritti sull’arte, edito a Firenze da Attilio Valsecchi nel marzo del 1919, che raccoglie una scelta di testi storico artistici pubblicati, per lo più su
“La Voce”, a partire dal 1908. Alla data cruciale del 1919, appena conclusa la Grande Guerra, Scoperte e massacri si presenta come un vero e proprio spartiacque tra due epoche: quella delle avanguardie europee e quella del “ritorno all’ordine”.
La mostra fiorentina si apre con una rievocazione di un evento decisivo non solo per il giovane Soffici, ma per l’intera cultura fiorentina, la Festa dell’Arte e dei Fiori (18 dicembre 1896 – 31 marzo 1897).
A 17 anni Soffici ha modo di visitare varie volte questo grande consuntivo di cinqant’anni d’arte italiana e europea: una mostra nata sotto l’ala protettiva del mito di Botticelli, come dichiarato esplicitamente dal manifesto di Attilio Formilli, con una Flora ispirata alla Primavera degli Uffizi visibile in apertura della mostra. Soffici adolescente risulta colpito, nel bene e nel male, da varie opere, “ma la vera rivelazione in quella mostra fu per me Segantini” testimoniato, in mostra, da L’angelo della vita (1894 – 95), prestigioso prestito dal Szépmȕvészeti Mùzeum di Budapest.

Come già detto nel 1900 Soffici, ventenne è a Parigi in compagnia di Giovanni Costetti e Umberto Brunelleschi per visitare l’Esposizione Universale: la capitale francese viene sentita come l’unico luogo dove un giovane artista, liberandosi della soffocante provincia, può trovare un contatto con la modernità più bruciante e avventurosa. I primi anni parigini, vissuti nell’ambiente delle riviste mondane e umoristiche, si collocano ancora entro una sfera simbolista: i suoi modelli di stile rimangono Puvis de Chavennes (Puvis de Chavannes, Le fanciulle e la Morte, 1872)
e Maurice Denis (Maurice Denis, I pellegrini di Emmaus, 1894-95), come testimoniato dall’opera il Bagno (1905 – 1906, collezione privata), l’unico pannello decorativo sopravvissuto da quelli realizzati da Soffici tra il 1905 e il 1906 per il Grand Hotel delle Terme di Roncegno.

Frutto precoce del lungo periodo trascorso da Soffici a Parigi è il celebre saggio su Cézanne pubblicato su “Vita d’Arte” nel giugno del 1908, il primo studio organico apparso in Italia sull’artista: Cézanne non è più, come nel 1904, un protagonista del gruppo impressionista, ma ora, all’interno di una rilettura primitivista che ne accentua l’assoluta modernità, è diventato il superatore dell’impressionismo e il precursore di Picasso come attesta il dipinto, Paesaggio (Campagnes de Bellevue) del 1885-87) (Washington DC, The Phillips Collection).

L’occasione di massacrare senza pietà tutta la “bella pittura” che trionfava nei salotti borghesi e nelle grandi esposizioni internazionali, offerta dalle recensioni delle Biennali veneziane del 1909 e del 1910, si collega alla possibilità di poter assistere alle celebri retrospettive di Courbet e Renoir, ricordate anche dal giovane Roberto Longhi come una vera e propria “liberazione” (Gustave Courbet, Il ponte dell’asino).
La fondamentale “Prima esposizione italiana dell’impressionismo francese e delle sculture di Medardo Rosso”, aperta a Firenze nei locali del Lyceum Club in via Ricasoli dal 20 aprile al 15 maggio 1910, fu organizzata da Soffici ricorrendo ai principali mercanti parigini e ad alcuni illuminati collezionisti fiorentini: tra le opere esposte (con dipinti di Cézanne, Degas, Renoir, Monet, Pissaro, Gauguin, Van Gogh) spiccava l’antologica di Medardo Rosso; dello scultore è esposto in mostra per l’occasione l’Ecce puer, (1906, Venezia, Galleria internazionale d’Arte moderna di Ca’Pesaro.

La passione per la pittura di Henri Rousseau, fomentata dalla riscoperta che gli ambienti dell’avanguardia parigina avevano attuato di quel linguaggio apparentemente così incolto ed infantile e divulgata da un coraggioso saggio su “La Voce” nel settembre del 1910.


Nel maggio del 1911 Soffici, di ritorno da Parigi, visita la mostra futurista di Milano, di cui nel mese successivo redige una feroce e sarcastica stroncatura: cominciarono così i rapporti, controversi, con il gruppo di artisti che si erano raccolti attorno a Marinetti. Nel 1913, con la nascita di “Lacerba”, Soffici e Papini decidono di unirsi “all’unica forza di avanguardia in Italia”.

Esemplari furono le decorazioni murali ideate da Soffici per la casa di Papini a Bulciano (Ardengo Soffici, Pannelli decorativi per la “Stanza dei manichini” di Bulciano, 1914, Firenze, collezione privata).
Proprio la ricostruzione, mai fino ad oggi tentata, della cosiddetta “stanza dei manichini” di Bulciano costituisce uno dei punti focali più emozionanti e spettacolari di questa mostra fiorentina.




Maria Paola Forlani


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