mercoledì 21 giugno 2017

HENRI CARTIER - BRESSON

Henri Cartier-Bresson

Fotografo

140 scatti di Henri Cartier Bresson sono in mostra alla Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea “Raffaele De Grada” di San Gimignano fino al 15 ottobre 2017, dedicati al grande maestro, a cura di Denis Curti, per poterci immergere nel suo mondo, per scoprire il carico di ricchezza di ogni sua immagine, testimonianza di un uomo consapevole, dal lucido pensiero, verso la realtà storica e sociologica. L’esposizione è promossa dall’Assessorato alla Cultura del comune di
San Gimignano, prodotta da Opera-Civita con la collaborazione della fondazione Henri Cartier-Bresson e Magnum Photos Parigi.
Fotografare è mettere sulla stessa linea di mira testa, occhio e cuore. Ѐ un modo di vivere”. Questa la sintesi di Henri Cartier-Bresson, cofondatore nel 1947 della celebre agenzia Magnum, figura mitica della fotografia del Novecento. Nel 1931 dopo aver studiato pittura, aver frequentato i surrealisti e intrapreso il primo viaggio in Africa, decide di dedicarsi alla fotografia. Da Città del Messico a New York, dall’India di Gandi alla Cuba di Fidel Castro, dalla Cina ormai comunista all’Unione Sovietica degli anni Cinquanta, non cesserà di percorrere il mondo con la fedele Leica inchiodata all’occhio. La mostra di San Gimignano invita lo spettatore a seguire il tiro fotografico di questo instancabile viaggiatore che, rifuggendo dal sensazionalismo e difendendo l’integrità delle proprie fotografie, rende omaggio e prestigio alla fotografia da reportage e rende l’ “immagine secondo natura” un’etica. E un’estetica.
Quando scatta l’immagine guida che è il logo per questa sua nuova rassegna monografica allestita a san Gemignano, Henri Cartier-Bresson ha appena 24 anni. Ha comprato la sua prima Leica da appena due anni, ma è ancora alla ricerca del suo futuro professionale. Ѐ incerto e tentato da molte strade: dalla pittura, dal cinema.
Sono solo un tipo nervoso, e amo la pittura”…”Per quanto riguarda la fotografia, non ci capisco nulla” affermava.
Non capire nulla di fotografia significa, tra l’altro, non sviluppare personalmente i propri scatti: è un lavoro che lascia agli specialisti del settore. Non vuole apportare alcun miglioramento al negativo, non vuole rivedere le inquadrature, perché lo scatto deve essere giudicato quanto fatto nel qui e ora, nella risposta immediata del soggetto.
Per Cartier-Bresson la tecnica rappresenta solo un mezzo che non deve prevaricare e sconvolgere l’esperienza iniziale, reale momento in cui si decide il significato e la qualità di un’opera.
Per me, la macchina fotografica è come un blok notes, uno strumento a supporto dell’intuito e della spontaneità, il padrone del momento che, in termini visivi, domanda e decide nello stesso tempo. Per “dare un senso” al mondo, bisogna sentirsi coinvolti in ciò che si inquadra nel mirino. Tale atteggiamento richiede concentrazione, disciplina mentale, sensibilità e un senso della geometria. Solo tramite un utilizzo minimale dei mezzi si può arrivare alla semplicità di espressione”.
Henri Cartier-Bresson non torna mai ad inquadrare le sue fotografie, non opera alcuna scelta, le accetta o le scarta. Nient’altro. Ha quindi pienamente ragione nell’affermare di non capire nulla di fotografia, in un mondo, invece che ha elevato quest’arte a strumento dell’illusione per eccellenza. Lo scatto è per lui il passaggio dell’immaginario al reale. Un passaggio “nervoso”, nel senso di lucido, rapido, caratterizzato dalla padronanza con la quale si lavora, senza farsi travolgere e stravolgere.
Fotografare è trattenere il respiro quando tutte le nostre facoltà di percezione convergono davanti alla realtà che fugge. In quell’istante, la cattura dell’immagine si rivela un grande piacere fisico e intellettuale”.
I suoi scatti colgono la contemporaneità delle cose e della vita. Le sue fotografie testimoniano la nitidezza e la precisione della sua percezione e l’ordine delle forme.
Egli compone geometricamente solo però nel breve istante tra la sorpresa e lo scatto. La composizione deriva da una percezione subitanea e afferrata al volo, priva di qualsiasi analisi. La composizione di Henri Cartier-Bresson è il riflesso che gli consente di cogliere appieno quel che viene offerto dalle cose esistenti, che non sempre e non da tutti vengono accolte, se non da un occhio disponibile come il suo.
Fotografare, è riconoscere un fatto nello stesso attimo ed in una frazione di secondo e organizzare con rigore le forme percepite visivamente che esprimono questo fatto e lo significano. Ѐ mettere sulla stessa linea di mira la mente, lo sguardo del cuore”.
Per parlare di Henri Cartier-Bresson è bene tenere in vista la sua biografia. La sua esperienza in campo fotografico si fonde totalmente con la sua vita privata. Due episodi la dicono lunga sul personaggio: nel 1946 viene a sapere che il MOMA di New York intende dedicargli una mostra “postuma”, credendolo morto in guerra e quando si mette in contatto con i curatori, per chiarire la situazione, con immensa ironia dedica oltre un anno alla preparazione dell’esposizione, inaugurata nel 1947. Sempre nello stesso anno fonda, insieme a Robert Capa, George Rodger, David Seymour, e William Vandivert, la famosa agenzia Magnum Photos. Insomma Cartier – Bresson è un fotografo destinato a restare immortale, capace di riscrivere il vocabolario della fotografia moderna e di influenzare intere generazioni di fotografi a venire.

Maria Paola Forlani


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