martedì 25 gennaio 2022

Paula Modersohn-Becker

 


Questo racconto è semplice e terribile, perchè quando il destino si inventa sceneggiature e riesce a scrivere finali odiosi, si quelli che al cinema ti fanno uscire tristi ed arrabbiati.

E' la storia di un rapporto di coppia, di compromessi, della difficoltà di riuscire a gestire affetti e passioni che appaiono inconciliabili. E' una storia di "scelte" che vede protagonista una ragazza tedesca dal talento straordinario, capace di raggiungere in una manciata di anni una densità di segno e di materia pari solo a Gauguin.


La prima donna che ha il coraggio, nel 1906, di realizzare il proprio autoritratto nudo, senza volersi mostrare bella, incinta quando non è incinta affrontando quello che sarà uno dei temi portanti della sua esistenza. Prima di lei Artemisia Gentileschi aveva avuto l'audacia di mostrare il proprio corpo.


Da quando è adolescente, la famiglia le chiede di sposarsi e fare figli. Frequenta corsi di buone maniere e di cucina e quando il padre va in pensione la richiama all''ordine, convinto che quella "follia dell'arte" non farà nulla di buono. Lei, invece, vuole solo dipingere, non vuole avere figli. Anzi forse sì, ma dopo i trent'anni, in un tempo indefinito. Ribalta di fatto le tre K dell'educazione femminile guglielmina "Kinder", "Kuche", "Kirche" (bambini, cucina, chiesa). Seguiamo questo suo percorso nelle tante lettere che scrive all'amico Reiner Maria Rilke (lui si diverte a chiamarla <<la pittrice bionda>>), suo coetaneo, uno dei più importanti poeti del Novecento.


Nata nel 1876, dopo aver studiato in Germania, va a Parigi dove passa dal figurativo fauve. Rimane folgorata dalla leggerezza di Cézanne, giungerà poi alle soglie di quel movimento, l'espressionismo, di cui sarà una pioniera, ma i cui sviluppi non riuscirà mai a vedere. Prende la materia, e non la usa solo per dipingere, ma "la plasma". E se serve, deforma le immagini, il paesaggio compreso il viso, quello delle sue amiche e dei suoi affetti.


Nell'aprile del 1889 si tiene a Parigi l'Esposizione universale per celebrare il centenario della Rivoluzione francese. In quell'occasione. In quell'occasione rivede il pittore Otto Modersohn, fondatore con Friz Mackensen di una colonia di artisti a Worpswede vicino a Brema, che lei aveva frequentato ventenne.. La moglie di Modersohn, già amalata, muore proprio in quei giorni, tanto che lui è costretto a rientrare precipitosamente a casa. Paula e Otto rimangono però in contatto, si scrivono, nasce una amicizia, la loro conoscenza diventa nel tempo una relazione, che sfocia in amore.


Per la gioia della famiglia che la vede "sistemata", Paula si sposa a venticique anni e si trova ad accudire la piccola Elizabeth, di tre anni, figlia della prima moglie di Modersohn. Ci prova, ma resiste solo ventiquattro mesi. E' affettuosa con la bambina, ma sente che la vita le scappa di mano


Si è anche imposta un orario di lavoro: alle nove, quando arriva la governante, dipinge. Pranza con il marito, lavora sino alle sette, cena. A poco a poco il desiderio di un impegno senza orari prende il sopravvento e la spinge a fuggire a Parigi, dove ha frequentato la Adémie Colarossi al quartiere latino, dove ci sono i suoi amici, dove ha lasciato i sogni. Il marito la lascia andare, e nel diario sottolinea il disagio della moglie: <<Ho avuto una discussione importante, fondamentale con Paula. Come prima cosa un grande difetto del nostro matrimonio è la sua mancanza di piacere sessuale>>. Lei gli invia lettere affettuose, ma la sua vita diventa una continua crisi di coscienza, tra l'amore per il marito e la difficoltà ad assumere un ruolo che non sente suo. Lui la aiuta a distanza, lei gli scrive per lasciarlo, ma non ci riesce. Una loro foto li blocca per l'eternità: lei lo tiene stretto, statica e inespressiva, lui guarda da un'altra parte. La famiglia la considera una mezza pazza, egoista. Il paradosso si raggiunge quando la madre pensa che Paula si comporti così <<perchè non riesce ad avere figli>>.


In una lettera a Rilke del 17 febbraio 1906 emerge il suo disorientamento: <<Non so nemmeno come firmare, non sono Modersohn e neanche Paula Becker>>.

Prende un atelier in avenue du Maine 14 a Motparnasse, dipinge ininterrottamente,

si nutre solo di pane e frutta. Nasce la serie degli autoritratti, dove ribadisce il concetto <<io sono io>>, ma poi si ritrae nuda con un bambino accanto.


Probabilmente ha una relazione a Parigi, ma alla fine scrive al marito e gli chiede se è proto a riaccettarla. Torna da lui e rimane incinta. Forse è quello che lei desidera veramente, ha compiuto trentun anni e ha al suo attivo settecentocinquanta quadri e mille disegni.


Il 2 novembre 1907 nasce Matilde (detta Tillie), Paula crede di aver fatto la scelta giusta, ma non si sente bene, tutti la obbligano a restare a letto, come si faceva al tempo. Lamenta forti dolori alle gambe, non lo può sapere, ma è intervenuta una trombosi venosa profonda, complicanza resa fatale dall'immobilità. Quando il medico torna a visitarla il 21 novembre le consiglia di alzarsi. Paula fa qualche passo, si siede, chiede di poter prendere la bambina tra le braccis, accusa un dolore insopportabile. Poi dice:<< Che peccato>>.


Colpita da embolia polmonare subito dopo. La sua arte verrà capita soltanto in seguito.


Il mecenate Ludwig Roselius nel 1927 apre a Brema un museo a lei dedicato, il primo per una donna, ma pochi anni dopo, indicata come<<degenerata>> dal regima nazista, l'arte di Paula Modersohn-Backer sarà messo al bando.

Nel 1909 Rilke pubblica Requiem. La prima lirica è per l'amica Paula: <<Tu sola torni, mi sfiori, qui t'aggiri, vuoi urtarti a casa che di te risuoni e ti riveli. Oh, non togliermi quello che lentamente imparo>>.

M.P.F.


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