sabato 6 dicembre 2014

L'Arte del Concilio. Dialogo tra arte e fede nella Chiesa del Vaticano II

L'arte del Concilio
Dialogo tra arte e fede nella Chiesa del Vaticano II



La mostra L'arte del Concilio. Bodini / Borgonzoni / Vignoli / Manfrini / Manzù / Messina / Nanni / Poggeschi / Scorzelli / Tavernari – proposta dalla Raccolta Lercaro nell'ambito del progetto “Musei in rete 2015”, voluto e promosso dall'AMEI (Associazione Musei Ecclesiastici Italiani) – è una riflessione rivolta alla Chiesa di oggi sul dialogo arte-fede a partire dal Concilio Vaticano II. La Raccolta Lercaro è particolarmente lieta di presentare questa mostra che, senza avere la pretesa di essere esaustiva, vuole tuttavia riflettere su alcuni artisti italiani del Novecento che hanno accettato la sfida di ripercorrere i temi della narrazione cristiana secondo lo spirito di novità auspicato dal Concilio Vaticano II. Non si tratta di un fatto scontato. Se oggi l’arte sacra conosce un momento di grande difficoltà, significa che molti problemi non sono mai stati sufficientemente affrontati. Come affermò Paolo VI, occorre che la Chiesa rinnovi il proprio appello agli artisti e, al di là dei proclami, li coinvolga realmente e concretamente nella realizzazione di opere che possano manifestare la gloria di Dio.

Il Concilio si apre l'11 ottobre 1962 per volere di papa Giovanni XXIII.
Nell'ambito della discussione riguardante l'arte sacra, la Chiesa conciliare è chiamata a ripensare il rapporto arte/fede. Infatti se, per secoli, la relazione tra cristianesimo e arti visive si è configurata, pur tra alterne vicende, come la storia di una stretta e feconda alleanza, a cominciare dal XVIII secolo questa relazione appare allentarsi sempre più.
Il Novecento si apre con il tragico annuncio della morte di Dio. Gli artisti attingono sempre meno all’ispirazione cristiana e molti di loro, non a caso, propongono come modello interpretativo del fenomeno estetico lavori sul carattere autonomo dell’arte, concentrandosi sul proprio gesto creativo.
In questo nuovo contesto storico-culturale, l’atteggiamento della Chiesa sembra segnato da un senso di confusione e di smarrimento. L’arte sembra ora percorrere sentieri inesplorati e fin dall'inizio del Novecento, con l'affermarsi delle Avanguardie, il mondo cattolico si sente sempre più escluso.
Nel 1919, all'interno del dibattito che ne deriva, si inserisce il contributo del filosofo francese Jacques Maritain che, a partire dalla consapevolezza di una drammatica separazione tra arte e Chiesa e muovendo dalle riflessioni di san Tommaso sulla stretta relazione tra Bello e Bene, teorizza l'inscindibile connessione tra arte e trascendenza: i processi dell’intuizione creativa, grazie ai sensi e attraverso la materia, portano in sé un “germe” divino.
Più tardi, nel 1931, sul primo numero della rivista «Arte Sacra» Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI, invita a un rinnovamento dell'arte sacra: non ci può essere una semplice imitazione di modelli del passato, ma ogni epoca deve creare le proprie forme espressive poiché, riprendendo le parole di Stanislas Fumet, «il bello è il bene che si dona come spettacolo per far amare l’essere».
Qualche anno dopo, nel 1936, padre Marie Alain Couturier, domenicano formatosi negli ateliers di Denis e di Desvallières, pone un problema che attraverserà tutto il XX secolo e che continua ancora oggi: l’arte cristiana è figurativa o non-figurativa? E apre agli artisti non credenti, ma il cui cuore è attraversato, come quello di ogni uomo, dalla percezione dell’esistenza di un altro. Ogni artista ha la sua modalità d’espressione, il suo modo di interpretare la propria esperienza in relazione all’assoluto. Qualunque sia il linguaggio, nell'atto creativo c’è l’affermazione di una presenza.
Il Concilio Vaticano II manifesta quindi una particolare attenzione alla frattura esistente tra il mondo dell’arte e quello della Chiesa, cercando di dare risposte in direzione di una ricomposizione.
Al n. 62, la Gaudium et Spes sottolinea, con un atteggiamento prudente ma al tempo stesso desideroso di aprirsi alla contemporaneità, l’impegno da parte della Chiesa nel sostenere gli artisti: «Bisogna perciò impegnarsi perché gli artisti si sentano compresi dalla Chiesa nella loro attività e, godendo di un’ordinata libertà, stabiliscano più facili rapporti con la Comunità cristiana. Siano riconosciute dalla Chiesa le nuove tendenze artistiche adatte ai nostri tempi secondo l’indole delle diverse nazioni e regioni. Siano ammesse negli edifici di culto, quando, con un linguaggio adeguato e conforme alle esigenze liturgiche innalzano lo spirito a Dio».
Il 7 maggio 1964, nel famoso discorso della Sistina papa Montini invita gli artisti a essere protagonisti della vita della Chiesa. Esiste una stretta relazione tra evento della salvezza e creazione artistica: «Noi abbiamo bisogno di voi. Il nostro ministero ha bisogno della vostra collaborazione. Perché, come sapete, il nostro ministero è quello di predicare e di rendere accessibile e comprensibile, anzi commovente, il mondo dello spirito, dell’invisibile, dell’ineffabile, di Dio. E in questa operazione, che travasa il mondo invisibile in formule accessibili, intelligibili, voi siete maestri. È il vostro mestiere, la vostra missione; e la vostra arte è proprio quella di carpire dal cielo dello spirito i suoi tesori e rivestirli di parola, di colori, di forme, di accessibilità».
Tuttavia occorre un rapporto di responsabilità reciproca: «Dobbiamo lasciare alle vostre voci il canto libero e potente di cui siete capaci. E voi dovete essere così bravi da esprimere, da venire ad attingere da noi il motivo, il tema, e qualche volte più del tema, quel fluido segreto che si chiama ispirazione, che si chiama grazia, che si chiama carisma dell’arte. E, a Dio piacendo, ve lo daremo».
È in questo contesto che artisti provenienti da esperienze culturali e da ambiti sociali diversi, si avviano su sentieri di creazione e ispirazione artistica che, negli anni, condurranno a esiti anche molto differenti tra loro, ma orientati tutti alla ridefinizione di un volto nuovo della fede.
Le opere esposte sono una piccola testimonianza del clima di quegli anni, attraversato da una promessa di cambiamento che, per molti artisti, si è tradotta in un fermento creativo senza pari.
Si tratta in prevalenza di opere a carattere sacro, rese attraverso iconografie che non sempre si pongono in continuità con la tradizione, come nel caso delle “crocifissioni laiche” di Giacomo Manzù o delle sculture di Floriano Bodini. O che, pur facendo riferimento a modelli tradizionali, sono però tradotte con una freschezza che testimonia il desiderio di ricerca di nuove forme espressive della fede, come nel caso dei “chierichetti” di Francesco Messina, degli Evangelisti di Enrico Manfrini o degli intensi ritratti di Giovanni XXIII e del cardinale Giacomo Lercaro realizzati in bronzo da Lello Scorzelli.
Non solo sculture – tecnica per eccellenza in cui l'artista può letteralmente “plasmare” la materia e dare forma al soggetto – ma anche pitture caratterizzate da colori accesi, quasi violenti, e segni incisivi, come appare dalle opere di Aldo Borgonzoni o nella drammatica Crocifissione di Mario Nanni.
Accanto a questi lavori se ne pongono altri a tema profano, mettendo così in luce la trasversalità del rinnovamento auspicato dal Concilio: è la spiritualità dell'uomo, in tutte le sfumature della sua realtà, a chiedere un cambiamento, non solo le forme di espressione della fede. È così che nascono gli studi sul volto condotti da Scorzelli o il percorso che conduce Manzù alla rappresentazione delle danzatrici o dell'artista mentre attinge a un luogo “altro” per ritrarre la sua modella. È la ricerca di un volto nuovo dell'umanità.



La mostra è realizzata nell'ambito di:
PROGETTO MUSEINRETE
      ARTE E FEDE: DAL CONCILIO DI TRENTO AL VATICANO II E OLTRE


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