domenica 29 marzo 2015

Donatello e la sua lezione

Donatello e la sua lezione
Scultura e oreficerie

A Padova tra Quattro e Cinquecento

Ne 1443 Donatello si reca a Padova dove resterà per una decina di anni. Nella città veneta trova un ambiente colto, ricco di spunti umanistici (fin dal 1222 vi ha sede una delle più importanti università),e, al tempo stesso, sereno, privo dello spirito critico, perennemente mordace, di Firenze.

Sono anni fecondi di capolavori.
Nel 1446 l’artista firma il contratto per l’Altare del Santo nella Basilica antoniana.


L’altare venne disgraziatamente smembrato alla fine del’500 e ricomposto, ma molto lacunosamente, solo trecento anni dopo. Non siamo perciò più in grado di apprezzarlo nella sua complessità architettonico-plastica, se non immaginandolo sulla scorta della Pala del Mantegna in San Zeno a Verona, che deriva da questo precedente donatelliano. Oggi sulla mensa dell’altare stanno le figure di alcuni Santi intorno alla Madonna sovrastata dal Crocifisso.
La Madonna è rappresentata nell’atto iconograficamente insolito, di alzarsi per mostrare il figlio ai fedeli, quasi offrirlo loro per quel sacrificio che sarà consumato sulla croce. Il Crocifisso non è più il <<contadino>>, ma non è nemmeno l’uomo perfetto, ideale, superiore alle sofferenze. Il movimento della luce che sfiora i risalti anatomici, l’insistenza lineare dei capelli, il gonfiarsi doloroso della vena sulla fronte, sono elementi drammatici: ma la compostezza dell’intera figura esprime anche la forza morale dell’uomo.

In basso sono rappresentati, in rilievo i Miracoli di Sant’Antonio. In questi quasi non distinguiamo subito il fatto miracoloso narrato, perché protagonista è la folla, agitata, sconvolta, meravigliata. Sempre a Padova, dal 1447 al 1453, Donatello erige il Monumento equestre al condottiero della repubblica veneta Erasmo da Narni detto <<il Gattamela>>. Innanzi tutto bisogna sottolineare che qui, forse per la prima volta dopo l’antichità classica, la statua si svincola dalla concezione della scultura come parte integrante dell’architettura (addossata a un muro o racchiusa in una nicchia) per proporsi come forma autonoma, come volume liberamente rapportato allo spazio.

La mostra, aperta ai Musei Civici agli Eremitani e a Palazzo Zuckerman di Padova fino al 26 luglio 2015, a cura da Davide Banzato ed Elisabetta Gastaldi (Catalogo SKIRA),documenta non solo la personale via nella riproposizione del tema romano della statua equestre, ma anche il capolavoro patavino e il suo lavoro più complesso, l’altare del Santo, di cui vengono esposti i calchi realizzati dallo scultore Luigi Ceccon, che ci riportano nel pieno del fermento culturale ottocentesco legato ai lavori di ricomposizione dei bronzi dell’altare, conclusosi poi secondo il progetto di Camillo Boito. Quando Donatelo lasciò Padova, nel 1453, le soluzioni compositive e gli stilemi da lui introdotti avevano già una capillare diffusione.


Fra gli allievi fu un padovano, Bartolomeo Bellano, nato verso il 1437-38 ed entrato giovanissimo nella bottega, a seguire il maestro a Firenze, a collaborare alle sue ultime opere e a concludere insieme a Bartolomeo di Giovanni. Nei rilievi con le Storie bibliche per il presbiterio di Sant’Antonio, fusi nella seconda metà degli anni ottanta, esibisce la sua abilità nel narrare episodi di carattere corale.

Alla mano di Bellano viene attribuita anche la replica di un bronzo originariamente concepito da Donatelo, la Crocifissione del Bargello, per la prima volta presentata al pubblico e agli studiosi e significativa per comprendere la prassi di lavoro nella bottega del toscano. I documenti indicano che in più di un’occasione Bellano si sarebbe valso del materiale del Maestro per la realizzazione delle sue opere. In questo caso, si sarebbe trovato tra le mani il modello di un’opera che non aveva ancora raggiunto la forma definitiva portandolo a termine con alcune personali variazioni sempre comunque sulla base del materiale iconografico appartenente al repertorio di bottega.
Alla luce degli studi più recenti viene proposta l’ipotesi che la Pietà con Angeli e le Marie, rilievo ricavato in una piccola lastra in marmo bianca proveniente dalla chiesa di San Gaetano, sia stata ideata e inizialmente lavorata da Donatelo nella sua bottega padovana e completata forse, qualche anno più tardi, dal giovanissimo Bartolomeo Bellano al quale, a detta del Vasari, il Maestro aveva lasciato gli utensili, i disegni e i modelli dei rilievi bronzei dell’altare del Santo e che – sempre secondo Vasari – fu il primo a introdurre in Veneto l’uso del piccolo bronzo a tutto tondo, come dimostra ad esempio Il Cavallo di collezione privata in mostra, che si aggiunge ai pochi esempi sicuramente a lui attribuibili.

A seguito della presenza di Donatelo si assiste a Padova a una consistente produzione di terrecotte.
Emerge la bottega dei de Fonduli, Giovanni e il figlio Agostino. La bella statua di San Giovanni evangelista è testimonianza della formazione di una comunione di linguaggio che coinvolge anche l’attività del più grande artista del bronzo dell’Italia del nord, Andrea Briosco, detto il Riccio per la sua capigliatura.
I suoi modelli dalla matrice espressionistica approdano a una precisione antiquaria e classicista che trova poi riscontro nelle terrecotte con San Canziano e Santa Canzinilla della chiesa di San Canziano a Padova.

Il primo decennio del Cinquecento fu il momento nel quale più stretto dovette essere il rapporto del Riccio con Severo da Ravenna, ideatore e diffusore di una notevole quantità di soggetti classici e con lui fecondo produttore di piccoli manufatti in bronzo, presenti in mostra.


Tra il 1520 e il 1530 vengono collocati alcuni capolavori in terracotta policroma quali la Madonna della Scuola del Santo e la Testa di Madonna del Museo padovano.
Della fase estrema, 1530, è il gruppo con il quale si conclude questa parte dell’esposizione, il Compianto in terracotta per la chiesa di San Canziano, del quale si presentano due Marie piangenti. Nell’accostarsi agli esempi di Guido Mazzoni il Briosco coniuga alla sensibilità per il colore un accademismo levigato.


L’influsso di Donatello si manifestò anche nelle arti applicate e in particolare nell’oreficeria.
Negli spazi per esposizione temporanee di Palazzo Zuckermann è esposta un’importante selezione di oreficerie sacre del Quattrocento e del Cinquecento, reliquiari e preziosi oggetti di uso cultuale eccezionalmente prestati dal Tesoro del Santo. In questi, grazie all’opera di maestri come Baldassarre da Prata e Ambrogio di Cristoforo (il padre di Brioso), si assiste al passaggio dal gotico allo stile rinascimentale.




Maria Paola Forlani

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