martedì 21 febbraio 2017

MARYLA LEDNICKA

Maryla Lednicka

Il primitivismo moderno


Come Tamara de Lempicka, Maryla Lednicka proveniva dalla Russia dove era nata a Mosca nel 1893 figlia dell’avvocato polacco Alexander Lednicki, rappresentante del regno di Polonia alla Duma. Maryla studia a Parigi da Boudelle, artista che nel 1909 ricevette la commissione del monumento Mickiewicz a Parigi, inaugurato nel 1929, con l’allegorica e imponente figura dell’Epopea polacca. Durante il periodo della rivoluzione, Lednicka vive a Londra e dal 1920 a Parigi, iniziando un percorso in cui il ruolo di artista si sovrappone a quello di promotrice dell’arte polacca. Con la conferenza di Versaille, infatti la Polonia torna ad essere una nazione, con un’identità artistica da recuperare e promuovere, intento all’origine di tre importanti esposizioni con artisti polacchi  che vivevano in patria e artisti  emigrati in Francia: Maryla Lednicka era il presidente della sezione francese.
In quei primi anni venti, incontra due connazionali emigrate dalla Russia, le sorelle Tamara e Adrienne Gorska. Le tre donne espongono tutte al Salon d’Automne del 1922, dove Tamara passa quasi inosservata, mentre la sorella e Maryla ottengono lusinghieri consensi critici; in particolare, il progetto di Adrienne è pienamente nello spirito déco; una vetrina di negozio di pianoforti, in cui l’architettura è inquadrata da due bassorilievi di Lamourdedieu raffiguranti il Canto e la Danza. La composta figura della giovane Adrienne viene ritratta nel 1923 da Maryla in una scultura lignea oggi dispersa, che negli anni trenta era nella collezione Del Vo a Venezia, dove sarà presentata nel 1932 nel padiglione polacco della Biennale. In quel 1923, Maryla e Adrienne iniziano una collaborazione che durerà anni e che quell’anno si manifesta con la presentazione al Salon d’Automne di un innovativo progetto di fontana in cemento completata dalla scultura di una figura femminile, noto attraverso una foto all’epoca pubblicitaria su Świat”.

La scultura più nota della Lendnicka era all’epoca l’Angelo nero, ispirata alla tradizione lignea medioevale polacca, esposta nel 1922 a Parigi, 1924 e 1925 nelle personali milanesi. L’arcaicità della fonte e la studiata trattazione non verista del volto saranno indicate come elementi di pregio da Waldemar-George – il polacco Waldemar Jerzy Jarocinski – nell’introduzione alla mostra milanese del 1924. Questo studiato “primitivismo” trova in Carlo Carrà un estimatore tanto che sarà il pittore italiano a presentare la scultrice nel catalogo della personale inaugurata nel gennaio 1926 a Bottega di Poesia. Carrà stroncherà la “modernolatria” di Lempicka, mentre con enfasi apprezza l’arcaismo di Lednicka, che fa risalire al recupero di tematiche e forme slave operato dai Balletti Russi di Diaghilev, ambiente effettivamente frequentato dalla scultrice quando viveva a San Pietroburgo.

In Italia, l’arcaismo colto e raffinato di Lednicka si affianca allo studio della scultura toscana del Quattrocento, che traspare in molti busti; l’avvicinamento a un “ritorno all’ordine” di stampo italiano determinò il suo coinvolgimento in diverse opere monumentali, dal destino paradossale, perché o divennero anonime o andarono distrutte.


Divenne un’opera senza nome la figura femminile sdraiata realizzata nel 1930 per la fontana progettata da Piero Portaluppi, originariamente collocata in via degli Omenoni a Milano, poi spostata in un cortile della sede oggi Banca intesa, restituita alla scultrice solo in tempi recenti.

Nulla rimane del Padiglione Alimentari realizzato alla Fiera di Milano nel 1928 da Giuseppe Finetti, distrutto durante i bombardamenti del 1943, dove Lednicka aveva scolpito delle Cariatidi pubblicate su Światowd” del 16 giugno 1928 insieme a un’altra sua importante scultura, il San Francesco commissionato da Raniero Paolucci de’ Calboli, che l’aveva destinato ai Musei Civici di Forlì, ma andato disperso.
E rimangono solo foto d’epoca delle decorazioni realizzate per alcune navi da crociera italiane, su richiesta di Gio Ponti e Pulitzer Finali, gli autori delle “gallerie galleggianti”, ambasciatrici internazionali della cultura italiana.
Sulla motonave Victoria, due ambienti presentavano lavori di Lednicka: lo scalone della prima classe, con un enorme pannello con una Caccia, e il fumoir, con una Donna in rame, un’elegante silhoutte di sapore egizio a evocare il porto di destinazione della nave che, nel 1931, raggiungeva Alessandria d’Egitto, poi nel corso degli anni allungò la sua rotta fino a Sanghai. Impiegata durante la guerra nel trasporto delle truppe in Africa, venne affondata nel gennaio 1942 dai britannici nel golfo della Sirte. Per il transatlantico Conte di Savoia che faceva la rotta Genova-New York realizzò il busto della principessa Maria Josè, madrina della nave.


La nave bombardata nel settembre 1943 mentre era ancorata nella laguna di Venezia, fu smantellata nel 1950. E ancora per il mitico Rex la Lednicka realizzò il pannello con L’infanzia di Bacco, destinato al bar della prima classe, ma il transatlantico fu bombardato nel 1944 e poi smantellato. Stesso destino di distruzione colpì l’Oceania, dove era il busto di Mussolini, realizzato nel 1933 in dieci ore di posa: la nave fu affondata nel settembre 1941, al lago di Homs, da un sommergibile britannico.

All’epoca di queste distruzioni, Maryla Lendnicka viveva ormai a New York: il 24 agosto 1938 si era imbarcata per l’ultima volta sul Conte di Savoia.
Tamara de Lempicka sarebbe partita pochi mesi dopo, nel febbraio 1939, da Parigi e, attraverso un giro tortuoso, sarebbe arrivata a Los Angeles. Diverso sarà il destino finale delle due amiche polacche: entrambe non avranno negli Stati Uniti il successo sperato, ma mentre la Lempicka coltiverà la propria immagini glamour, la Lednicka si suiciderà nel 1947, a New York, gettandosi dalla finestra, come aveva fatto il padre nel 1934, travolto da uno scandalo finanziario. Il fratello Waclaw, professore di slavistica, racconterà che non aveva neanche i mezzi per comprare i materiali necessari per le sue sculture. La Lempicka, all’epoca, viveva a pochi isolati di distanza, in un lussuoso appartamento a due piani



Maria Paola Forlani  

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