martedì 12 dicembre 2017

BOZZETTI DI LUCA GIORDANO E TADDEO MAZZI

Gli Uffizi e il territorio


Bozzetti di Luca Giordano e Taddeo Mazzi
Per due grandi complessi monastici


Le Gallerie degli Uffizi presentano al pubblico una mostra, a cura di Alessandro Griffo e Maria Matilde Simari (catalogo Giunti) in cui vengono focalizzate due delle nuove acquisizioni più importanti operate nell’ultimo biennio: due bozzetti rispettivamente di Luca Giordano e Taddeo Mazzi, preparatori di ben più ampie decorazioni ad affresco o su tela che si trovano in complessi monastici di Firenze e del contado.

Legati il primo (Luca Giordano) agli affreschi della Cappella Corsini nella basilica fiorentina di Santa Maria del Carmine (1682) e il secondo (di Taddeo Mazzi) a una pala realizzata per la cappella dell’Antella presso il santuario di Monte Senario (1725 – 1726), essi ribadiscono lo stretto rapporto che unisce il museo fiorentino al territorio: le due piccole tele infatti richiamano grandi cicli decorativi che fanno parte del tessuto storico e artistico della città e dei suoi dintorni e rappresentano, inoltre, un invito a visitare luoghi di grande fascino ma meno noti al grande pubblico.

Le qualità pittoriche presenti in entrambi i bozzetti confermano le ragioni della fortuna di un genere artistico apprezzato dal collezionismo per il formato ridotto e per quei caratteri di virtuosismo sintetico e di brio esecutivo propri delle opere “non finite”. Con essi si esemplifica molto bene uno degli aspetti cruciali del collegamento tra museo e territorio. Infatti, essendo parte del processo creativo all’interno della bottega dell’artista, dello sviluppo  verso l’opera finale – pari ai disegni preparatori già collezionati da Giorgio Vasari nel suo leggendario Libro, il bozzetto si collega in maniera strettissima ad opere presenti in città e nei dintorni, opere che tuttavia non si possono spostare (come il caso degli affreschi di una cupola) o non si devono traslocare (come è il caso di una pala d’altare dipinta per un insieme architettonico – decorativo).

Per l’occasione, i due dipinti vengono accompagnati dagli autoritratti di Luca Giordano e di Taddeo Mazzi, presenti agli Uffizi già da epoca granducale, e da due ulteriori bozzetti storicamente in rapporto con le nuove acquisizioni. Nella Sala del Camino sono così esposti anche un bozzetto di Luca Giordano proveniente dalla Galleria Corsini – sempre riferibile alla volta affrescata della cupola della cappella del Carmine con la scena della “Dedicazione della Cappella” – nonché uno studio per l’affresco della volta della navata della chiesa di Montesenario, dipinto nel 1718 da Anton Domenico Gabbiani, di proprietà della Galleria degli Uffizi.

Quando il pittore napoletano Luca Giordano (1632 – 1705) arrivò a Firenze nel 1682 per il suo secondo soggiorno in città era già pittore celebre e ricercato. I cugini Bartolomeo e Neri Corsini, membri di una delle più eminenti famiglie fiorentine, gli avevano commissionato un’imponente opera ad affresco per decorare la grande cupola della cappella di famiglia nella basilica di Santa Maria del Carmine. Le pitture dovevano celebrare l’antenato Andrea Corsini, carmelitano e vescovo di Fiesole, che nel 1629 era stato canonizzato. Il soggetto scelto con Sant’Andrea Corsini viene accolto nella gloria celeste dalla santissima Trinità fu sviluppato da Luca Giordano con piena sensibilità barocca dilatando pittoricamente lo spazio della cupola e popolando di una folla di personaggi raffigurati in una straordinaria varietà di pose e volti.
Le fonti antiche ricordano che tre accurati bozzetti furono realizzati nei primi mesi del 1682 da Giordano come elaborazioni o “pensieri” relativi agli affreschi della cupola. Uno di essi, proprio quello raffigurante la scena principale con Il Santo Corsini che ascende al cielo, da molti decenni era considerato disperso. Ricomparso sul mercato antiquario in occasione della Biennale dell’Antiquariato del 2015, il bozzetto di Luca è stato nel 2016 acquistato dalle Gallerie degli Uffizi per conservare al patrimonio pubblico questa preziosa testimonianza legata alla maggior impresa barocca degli ultimi decenni del Seicento fiorentino.

Nativo di Palagnedra (Svizzera) Taddeo Mazzi venne accolto nel 1694, appena diciottenne nella compagnia di San Carlo Borromeo di via dei Calzolai, naturale riferimento per la cospicua comunità lombarda che a Firenze vedeva presenti altri artisti ticinesi, specialmente stuccatori. Con loro il pittore lavorò all’impresa decorativa della cappella dedicata a Manetto dell’Antella, presso il santuario servita di Monte Senario, dove realizzò gli affreschi della cupola e la pala d’altare il cui bozzetto è esposto in mostra. Per piglio esecutivo della pittura raggrumata e veloce la teletta lo rivela efficace rappresentante della cultura figurativa fiorentina del primo Seicento, attento inoltre alla tradizione del secolo precedente come suggerisce la composizione arcaizzante, confrontabile con i dipinti di un’altra cappella legata sempre ai dell’Antella, alla Santissima Annunziata, chiesa appartenente al medesimo ordine dei Servi di Maria. Databile al 1726 l’opera si pone a chiusura di un’attività del Mazzi dedita in esclusiva a soggetti di argomento religioso, che lo documenta in contatto anche con l’ambiente del granduca Cosimo III e della figlia Anna Maria Luisa, Elettrice Palatina. Di quest’ultima, presso la villa della Quiete, si conserva un ritratto di mano dell’artista che la raffigura in veste di Sant’Anna: un omaggio al nome proprio della principessa e alle doti di devozione dell’ultima Medici, che volle legare a Firenze il patrimonio artistico della famiglia tutt’ora agli Uffizi.



Maria Paola Forlani

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