giovedì 28 dicembre 2017

REVOLUTJA

Revolutja.

Da Chagall a Malenič, da Repin a Kandinskij


La Rivoluzione d’Ottobre del 1917 è stata d’importanza fondamentale anche nel campo della cultura. Tra le varie manifestazioni organizzate in Italia in occasione del centenario di questo storico avvenimento, è di notevole rilievo Revolutja. Da Chagalle a Maleviç, da Repin a Kandinskij, un’esposizione che arriva al Mambo di Bologna direttamente dal Museo di Stato di san Pietroburgo. Curata da Evgenia Petrova e Joseph Kibiliskij, la mostra è una suggestiva e documentata narrazione della straordinaria avventura dell’arte d’avanguardia russa, dei tre primi decenni del Novecento.

Il percorso espositivo si sviluppa attraverso la proposta di oltre settanta opere di alta qualità delle tendenze più innovative e rivoluzionarie, come il Cubofuturismo, il Suprematismo e il Costruttivismo. Ma va segnalata anche, in modo particolare, la presenza di una serie di autori meno conosciuti, artisti che dipingono anche temi rivoluzionari, rimanendo però legati a una figurazione più tradizionale. Tra questi
Il’ Repin con l’emblematico dipinto 17 ottobre 1905; Boris Grigoriev con la Celebrazione del II Congresso dell’Internazionale comunista del 1921; e Natan Al’tman (molto bello il suo Ritratto della poetessa Anna Akhmatova). Le loro opere entrano in dialogo con quelle dei colleghi più famosi come Marc Chagalle, Vassilij Kandinskij, Kazimir Malevič, Vladimir Tatlin, Natalja Gončarova, Mikhail Larinov, Alexander Rodčenko, Di Chagalle si può ammirare il capolavoro Promenade, con la favolosa visione dell’artista e la sua Bella che vola nel cielo.
Eccezionali sono i dipinti di Malevič di tutte le sue fasi di ricerca: dalla Cavalleria rossa al Ritratto perfezionato di Ivan Kljun, dal Quadrato nero del 1923, icona fondativa dell’astrattismo puro, agli
Sportsmen multicolori del 1930-31.

Significativa è la presenza femminile, con opere di Olga Rozanova, di Varvara Stepanova e di Natal’ja Gončarova.
Il Ciclista del 1913 di quest’ultima è chiaramente influenzato dal Futurismo italiano. L’esposizione ruota intorno allo spazio centrale del museo, la Sala delle ciminiere, animata al centro da due video. Il primo è una ricostruzione virtuale del Monumento alla III Internazionale di Tatlin, un progetto mai realizzato di gigantesca torre con struttura a spirale alta 400 metri, e di cui restano solo delle foto del modello in scala minima, che è stato poi ricostruito.


Il secondo video presenta la registrazione dello spettacolo teatrale d’avanguardia
Vittoria sul sole, di Aleksej Kručënych, con scene e costumi di Malevič fedelmente ricostruiti. In questa opera teatrale l’artista aveva per la prima volta visualizzato il tema del quadrato nero. In questo modo i curatori hanno voluto enfatizzare il ruolo cruciale del leader dei due maggiori movimenti dell’avanguardia russa, il Costruttivismo e il Suprematismo.

Dunque artisti, poeti, intellettuali avevano partecipato alla rivoluzione democratico-borghese del 1905, come testimonia in mostra, il già citato e bellissimo, 17 ottobre 1905, del 1917, di Il’ja Repin, accanto all’altrettanto magnifico Che vastità! Del 1903.
Ma quest’insurrezione, dal carattere decisamente socialista, venne brutalmente repressa dallo zarismo. Ѐ da questo momento che si spezza la tradizione culturale
 del realismo.

In quegli anni a Mosca la vita artistica è assai intensa. La pittura francese, dai fauves ai cubisti, ha fervidi ammiratori e imitatori. Gli artisti russi però non si accontentano di accogliere le nuove esperienze occidentali, ma cercano di svolgerle ulteriormente e originalmente. Le avanguardie russe precedettero la rivoluzione di ottobre del 1917, ne furono coinvolte e per un decennio ne condivisero ed esaltarono le idee.

Se il fallimento della rivoluzione del 1905 aveva seminato la sfiducia tra intellettuali e artisti, quella vittoriosa del ’17 diventò un richiamo profondo, un punto sicuro di riferimento.

E tuttavia il processo di elaborazione della cultura e dell’arte sovietica ha inizio in circostanze critiche di potenza ma anche contraddittorie. Insieme agli artisti di formazione realistica, sulla linea dell’Ottocento, si trovano artisti provenienti da ogni sorta di indirizzi formalistici e d’avanguardia, uomini nutriti di inquietudini, esasperazioni, angosce e però anche da una fiducia nuova perché vedevano nel fuoco della rivoluzione la distruzione di un passato odiato e la possibilità di mutare l’esistenza e trovare un punto d’appoggio per il loro avvenire.

Il 19 dicembre si inaugurò a Pietroburgo la mostra che segnò la svolta storica di quel periodo effervescente. Fu intitolata “010” e vi esposero Malevich e Tatlin, i due massimo esponenti dell’avanguardia russa.
Nato vicino a Kiev da genitori russo-polacchi, Malevich dipinse, come già detto, le scene e i costumi dello spettacolo “Vittoria al Sole” di cui le musiche erano di Michail Matjuin che nel corso della sua attività fece diversi esperimenti pittorici sulla quarta dimensione connessa all’arte e alla visione e di cui in mostra è presente Movimento nello spazio dipinto entro il 1922. Il linguaggio del testo definito in russo “oltre la mente”, ossia il razionale, era analogico alle parolelibere che Marinetti usò nei suoi poemi futuristi.

Era stato Majakòsvkij a offrire a Lenin la collaborazione di artisti, musicisti e poeti al governo dei soviet che li chiamò tutti a raccolta e nei primi anni non solo non intervenne tra le varie fazioni di avanguardia, ma le favorì tutte. Le discussioni tra i vari gruppi erano accese soprattutto quando riguardavano la conduzione di scuole o istituti come l’Istituto di Arte e Mestieri di Mosca. Il fascino della posizione tatliana per gli artisti che credevano nella rivoluzione era forte e comprensibile. La Russia, pur in mezzo a terribili difficoltà della guerra contro i bianchi e alla grave situazione ereditata dallo zarismo, si muoveva verso l’industrializzazione, verso la meccanizzazione delle campagne.
Il socialismo era impensabile separato dalla tecnica.
La rivoluzione aveva generato due opposte fazioni, da un lato gli artisti che seguirono i due capofila Malevich e Tatlin, così Rodčenko con le sue composizioni spaziali e i dipinti non oggettivi e Vladimir Stenberg, che utilizzò molteplici media nel suo lavoro tra i migliori allievi di Rodčenco. A questa fazione appartiene anche il famoso regista Eisentein così come il regista teatrale Mejerchol’d, il cui magnifico ritratto eseguito da Boris Grigor’ev nel 1916 è presente in mostra.
L’altra fazione, emersa dopo la rivoluzione, comprese artisti del ritorno all’ordine e all’accessibile linguaggio figurativo come quello di Petrov-Vodkin o come nelle opere di Boris Kustodiev.

Eventi sconvolgenti si erano susseguiti poi da quando nel 1930 era stata chiusa a Mosca la mostra di Malevich, così come le altre mostre d’avanguardia.
Lenin era morto, Stalin avanzava come testimoniato in mostra dal suo ritratto del 1936 di Pavel Filonov. Il trionfo del neo-verismo sovietico spalancava le porte a un’arte paternalistica, in cui al netto rifiuto di ogni ricerca moderna intesa a innovare il linguaggio delle arti, corrispondeva la supina accettazione del più vieto illustrazionismo.



Maria Paola Forlani

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