giovedì 4 febbraio 2021

Metamorfosis dell'arte del filo

 


Metamorphosis

In occasione della trentesima edizione di Miniartexil, manifestazione comasca dedicata alle opere di piccolo formato realizzate con linguaggio del tessuto (Fiber art), Villa Olmo ospita Metamorphosis, mostra che documenta come l’arte del filo, della trama e dell’ordito si presti ad accogliere e anzi valorizzare ogni grande idea artistica dell’universo contemporaneo.


Organizzata dalla
Fondazione Bortolaso Totaro Sponga e curata da Giovanni Berera, Paolo Bolpagni e Sonia D’Alto, la rassegna riunisce nelle sale settecentesche della villa dipinti, sculture, video e installazioni che hanno il tessuto come protagonista.


Non stupisce che Metamorphosis prenda le mosse da un capolavoro di Jannis Kounellis (1936-2017), l’artista che ha saputo sovvertire il concetto di rappresentazione trasferendo nel campo dell’arte, senza alcuna mediazione, elementi della vita quotidiana, della natura, del lavoro dell’uomo, della realtà sociale.


Così Senza titolo, 2007, è un’installazione carica di valenze espressive: su un freddo supporto di ferro e piombo spiccano soffici gomitoli di cotone, simbolo di purezza, leggerezza, calore. Le fa eco, in forma giocosa, il morbido peluche che riveste la grande balena bianca del bulgaro Nedko Solakov (1957), già presentata a Basilea, nella sezione Art Unlimited, della galleria Massimo Minini: una scultura onirica nel cui ventre lo spettatore, inginocchiandosi e osservando attraverso un’apertura, può scoprire una piccola magia, magica luna lucente.

La tecnica dell’arazzo è al centro dell’indagine di numerosi artisti in mostra. Quelli di Maurizio Donzelli (1958), nel Salone d’onore di Villa Olmo, sono realizzati su un progetto grafico che nasce dalla rielaborazione di tessuti medioevali conservati nelle collezioni del Castello Sforzesco di Milano e del Musée di Cluny a Parigi.


Il collettivo polacco Slav and Tatars presenta Mystical protest, 2011, uno spettacolare arazzo in seta tipico dell’artigianato islamico, su cui campeggia la scritta al neon “È di vitale importanza che ripetiamo i nostri errori per ricordare alle generazioni future la profondità della nostra stupidità”.

Nel teatrino della villa l’installazione
Who is afraid of ideology? (2019, dell’artista e regista americana Marwa Arsanios (1978), affianca un arazzo ricamato delle donne curde a un video sulla vita in un villaggio di sole donne del Rojava, nel Nord della Siria.

Un tappetto è poi il pretesto per smitizzare l’Oriente nell’opera ironica del tedesco
Hans-Peter Feldmann (1941), che fa sfilare animali in plastica come la tigre, il coccodrillo o l’elefante su un tappetto finto persiano. Anche le due installazioni del francese Daniel Buren (1938) possono considerarsi come arazzi tessuti di luce, le cui strisce bianche alternate a bande colorate, realizzate con un tessuto di fibra ottica luminosa, interagiscono con la nostra percezione dello spazio.

In mostra si possono vedere anche installazioni site specifiche di Matteo Nasini (Roma, 1976) e Giulia Cenci (Cortona, 1988), un lavoro recente realizzato con la tecnica Jacquard da Margherita Raso (Lecco, 1991) e poi una Cometa in fibra sintetica color porpora dell’americana Sheila Hicks (1934) e sculture ricoperte di pelle animale di Raphaela Vogel (1988).


Infine, la pittura: anche nell’intimità delle stanze dipinte da Gianfranco Ferroni (1927-2991) il tessuto ha un ruolo fondamentale e le pieghe di un canovaccio o di un lenzuolo sono il frammento di una realtà quotidiana in cui si dipana il miracolo della luce e del silenzio.


M.P.F.

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