domenica 23 novembre 2014

Memling Rinascimento fiammingo

Maria Paola Forlani

Memling

Rinascimento fiammingo

Gli studiosi hanno valutato che il 20% delle commissioni note di Hans Memling
proveniva da una clientela italiana e che, tra gli anni Settanta e gli inizi del decennio successivo del Quattrocento, egli fosse il pittore fiammingo più ricercato in Italia, soprattutto a Firenze. A Bruges poi risiedeva la colonia italiana più numerosa, compresi funzionari del Banco dei Medici, appartenenti alle famiglie Tani, Portinari e Baroncelli. L’imponente trittico del Giudizio Universale, richiestogli proprio dal banchiere Angelo Tani e oggi conservato al Museo Nazionale di  Danzica, non ha potuto, purtroppo, raggiungere l’Italia perché considerato troppo delicato,  per la prima mostra monografica sull’artista in Italia, allestita fino al 18 gennaio 2015 alle Scuderie del Quirinale, a cura  di Till-Holger Borchert, responsabile del Memling Museum di Bruges. La mostra riunisce una quarantina di opere di Memling: soggetti religiosi, dittici e trittici ricomposti per la prima volta, come il Trittico Pagagnotti (Uffizi, Firenze; National Gallery Londra); il Trittico di Jan Crebbe (Museo Civico, Vicenza; Groeningemuseum, Bruges, Morgan Library, New York), il Trittico della famiglia Moreel (Groeningemuseum, Bruges) e una rilevante sequenza di ritratti provenienti da raccolte italiane ed estere. È inclusa, inoltre, una ventina di confronti pittorici di mano, tra gli altri, di Beato Angelico, Ghirlandaio, Hugo van der Goes, Maestro della leggenda di sant’Orsola e Bernardino Luini, nella maggior parte dei casi di musei italiani. La figura di Memling (1440-94) e le sua storia risultano tuttora dense e lacunose. Con maggior cautela è forse allora più opportuno sostenere che, sia il luogo di apprendistato del Maestro fiammingo, ci rimangono ancora sconosciuti. L’unica cosa indiscutibile è che per arrivare nelle Fiandre il pittore doveva passare per Colonia. E le tracce di questo incontro con la città tedesca si vedono oltre che nell’evidente impressione che esercitò su di lui il trittico a sportelli del Giudizio universale di Lochner, anche nelle belle vedute architettoniche raffigurate con cura di dettagli nel Reliquiario di Sant’Orsola.
Nel gennaio 1466, probabilmente a seguito della morte di Van der Weyden avvenuta l’anno precedente, Hans si trasferisce a Bruges. Ottenuta la cittadinanza, il pittore decide di restarvi per tutta la vita. A Memling si attribuisce il merito di avere introdotto nella ritrattistica il paesaggio come sfondo, forse proprio per soddisfare i gusti della ricca borghesia italiana. Nel ricomposto Trittico Jan Crebbe, piccolo altare portatile che prende il nome dal committente, spicca La Crocifissione (Museo Civico di  Vicenza). Memling affronta in più occasioni il tema della crocifissione di Cristo anche se il suo temperamento, sentimentale e venato da una sottile elegia, è lontano dalla drammaticità di Van der Weyden.
Nella rappresentazione il Cristo crocefisso è attorniato dalla Vergine, da san Giovanni Evangelista dalla Maddalena e dall’abate donatore presentato da Giovanni Battista e da un altro abate. La maggiore drammaticità, rispetto ad altre dello stesso autore, è dovuta certamente al gruppo di Cristo, scheletrico, l’espressione dolente, con la Maddalena che si stringe alla croce, ma soprattutto alla figura della Madre avvolta nel blu del manto, chiusa nel suo dolore. E certo, le due figure di Maria e di Giovanni sono tra le più espressive, nel rapporto degli atteggiamenti, dei toni di colore, blu e rosso, dei mantelli, nelle espressioni dei volti. Sullo sfondo, a sinistra, una città turrita conclude la prospettiva di un paesaggio che sprofonda attraverso una serie di quinte alberate rocciose. Dunque dall’Italia, proprio nel periodo di massimo splendore e maturazione raggiunti dall’arte rinascimentale, continua a manifestarsi nei suoi confronti, soprattutto tra chi è momentaneamente nei Paesi Bassi, un grande interesse. Appartiene a quel periodo il quadro di Torino posseduto dai Medici, e attribuito a Memling in modo esplicito dal Vasari nelle “Vite”. “È di sua mano la tavola di Careggi villa fuori di Fiorenza della illustrissima casa de Medici”. I due committenti, Tommaso Portinari, agente bancario dei Medici a Bruges, e la moglie Maria Maddalena Baroncelli, vi sono rappresentati entrambi in ginocchio. Sempre Tommaso e Maria Maddalena Portinari sono dipinti in atteggiamento di preghiera, in due ritratti realizzati poco dopo il loro matrimonio (1470) e facenti parte di un trittico di cui si è perso lo sportello centrale.
Inoltre il trittico con il Giudizio universale eseguito attorno al 1473 e catturato in mare dal Corsaro Paul Benecke che lo donò al Duomo di Danzica, dove è tutt’ora,
era in realtà destinato alla cappella fiorentina di Angelo Tani, anch’egli impiegato alla Banca Medici di Bruges. E un altro ritratto, un uomo con medaglia, oggi appartenente al Museo di Belle Arti di Anversa, sembra essergli stato commissionato dal medaglista italiano Giovanni di Candia, al servizio della corte di Borgogna alla fine degli anni Settanta.
 Uno dei generi per il quale Hans Memling mantiene, durante tutta la sua carriera, una spiccata predilezione è il ritratto. Con una costante però: la destinazione deve risultare necessariamente sacra.
La religiosità è difatti uno dei principali “leit motiv” dell’opera di Hans Memling.
Lo spiega molto bene Max J. Friedländer, quando parla del suo modo di dipingere Maria: “ Quando pensiamo al maestro di Bruges, si presentano alla nostra mente innanzitutto delle Madonne: Madonne a mezza figura, sullo sportello di un dittico o in mezzo a un’accolta di figure intere – angeli, santi e donatori – tra le quali troneggia. Fin dai primi tempi Memling aveva trovato lo schema di composizione definitivo a cui avrebbe apportato in seguito solo piccole variazioni. Maria è eretta, il viso frontale o leggermente piegato, le palpebre abbassate, presente per il solo fatto che è presente, oggetto di devozione pudica e timida. Non la madre felice e premurosa, e neppure la regina celeste: ma sempre invece la vergine, cosciente in parte della sua consapevolezza. Memling non ritrasse mai  Maria mentre allatta il bambino. Nessun segno d’affetto turba i tratti regolari del viso un po’ stanco. (“Hans Memling”, 1949).
Al contrario di Rogier van der Weiden che esprimeva forti intensità drammatiche, in Memling non esiste impatto emotivo, bensì una dolce e suadente ripetitività di schemi e immagini cadenzate attraverso una calma atmosfera in cui la luce è diffusa senza alcuna tensione; attraverso il quieto ritmo di moduli figurativi essenzialmente mistici, astratti e isolati dal paesaggio o da qualsiasi opportuna ambientazione laica del quadro.


Maria Paola Forlani








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