mercoledì 26 novembre 2014

Moda, Arte, storia e società nei ritratti femminili di Piero del Pollaiolo

Moda, arte, storia e società nei ritratti femminili di Piero del Pollaiolo


Le donne protagoniste di ritratti come quelli presenti nella mostra “Antonio e Piero del Pollaiolo “Nell’argento e nell’oro”, in pittura e nel bronzo…”, sono isolate, raffigurate di profilo; i loro occhi non incrociano lo sguardo del potenziale spettatore mostrando così modestia e pudicizia, le principali virtù ricercate dagli uomini in occasione del matrimonio. Gli artisti rappresentano la parte superiore del loro corpo, mettendo a fuoco le zone riservate allo sfoggio di gioie, vesti tessuti che, a un’attenta osservazione, risultano i veri protagonisti di queste opere.
Particolarmente comuni in area fiorentina, ritratti di questo tipo, che si ricollegano alla tradizione della monetazione e medaglistica imperiale antica, avevano verosimilmente lo scopo di ricordare un matrimonio. Essi sono la sintesi visiva di un ambiente e le figure femminili ivi ritratte un mezzo per conoscere la società urbana tra la fine del Medioevo e l’inizio dell’Età moderna. Le donne ritratte non hanno infatti perso ai nostri occhi di contemporanei la funzione di medium originata alcuni secoli fa dall’esigenza di
comunicare la posizione di prestigio delle famiglie da cui provenivano.
Le giovani fanciulle raffigurate sono ritratte nel loro profilo sinistro, mostrano la parte superiore del corpo senza offrire informazioni relative alle casate di provenienza, in genere veicolate attraverso simboli araldici dall’unica manica visibile. Le donne sono bionde, con l’incarnato candido appena ravvivato dal trucco alle guance e alla bocca ottenuto tramite le pezzette “de Levante”, hanno capelli raccolti alla nuca e la fronte rasata, indossano vesti eleganti confezionate con tessuti preziosi, mostrano gioielli sulla testa e sul petto. Esse documentano lo stile italiano della moda che si definisce e diffonde nelle principali città dell’Italia centro-settentrionale tra Quattrocento e Cinquecento, epoca in cui sarà imitato anche all’estero. La moda italiana si caratterizza per un’elegante sobrietà che mitiga le esagerazioni dello stile tardo-gotico di provenienza francese, da cui prende ispirazione, concentrando lo sfoggio della ricchezza su tessuti e gioielli. Nel XV secolo i capi di abbigliamento dei guardaroba femminili e maschili presentano una diversificazione stagionale alla quale corrispondevano precise tipologie di abiti costituiti da una veste e da una sopravveste: cotta e giornea per l’estate, coppa e gamurra per l’inverno. Su questi abiti le leggi suntuarie intervenivano periodicamente per dosare scollature del petto, lunghezza degli strascichi, ampiezza delle maniche, qualità e quantità di gioielli e tessuti impiegati.
Il ritratto conservato a Berlino mostra una giovane donna con indosso una coppa
accollata nella parte anteriore e scollata posteriormente come prevedeva una moda già in uso nella prima metà del secolo. La coppa o pellanda, derivante dalla houppelande francese, era un maestoso indumento frequentemente provvisto di strascico da sovrapporre a un altro più aderente detto gamurra o camorra, qui non visibile. L’esemplare raffigurato dal Pollaiolo mostra la novità dell’assenza di pieghe al busto e alle maniche che, nei decenni precedenti, avevano reso le vesti ampie.
La donna del ritratto conservato a Milano indossa una gamurra aderente al busto per accogliere un’eventuale sopravveste. Nella seconda metà del Quattrocento la gamurra comincia a essere indossata senza coppa, pertanto confezionata con tessuti costosi e raffinati come quelli raffigurati nelle opere del Pollaiolo. Nel Quattrocento al posto dei bottoni, ampiamente documentati nel secolo precedente, si prediligono stringhe passanti in magliette , ovvero anellini di metallo.
Alla scollatura delle vesti si intravede la camicia sottostante, elemento della biancheria e simbolo di onore e responsabilità.
Le donne dei ritratti a Firenze e New York indossano la stessa parure, composta da una giornea di velluto morello, un colore marrone tendente al violaceo, si sovrappone ad una cotta del corpetto blu visibile nella parte posteriore dell’abito e caratterizzata da maniche color giallo oro. Nella tavola americana la porzione minore di abito mostra il corpetto della cotta di tessuto simile a quello della giornea, da cui si differenzia per il motivo broccato in oro su sfondo rosso impiegato per le maniche.
Nella tavola di Firenze la giornea mostra nella parte anteriore una linea ampia e fluida alla scollatura a “V” posta sul petto, mentre nella tavola di New York si nota una maggiore aderenza sul seno e una scollatura arrotondata e più accollata.
L’accurata e precisa descrizione dei tessuti e dei rispettivi motivi decorativi, che caratterizza in genere gli artisti toscani del Rinascimento e, con particolare evidenza, colui che ha dipinto le tavole in mostra, avvalora l’ipotesi che a Firenze ci fosse una reale collaborazione tra artisti e imprenditori tessili anche nella realizzazione dei disegni per le stoffe.
I ritratti che offrono la descrizione di gioielli per la testa, il collo e il petto sono le tavole di Milano, Firenze e New York, poiché nella tavola di Berlino l’artista punta l’ostentazione del lusso sugli splendidi tessuti con cui è confezionata la maestosa sopravveste. In quest’ultimo ritratto, infatti, la donna appare senza gioielli di cui è priva anche l’acconciatura, formata da una sobria pettinatura trattenuta da bende in velo di cotone e una berretta di seta che raccoglie la massa di capelli sulla nuca.
Non si sa esattamente quali fossero le occasioni per le quali era richiesto questo tipo di opera, probabilmente, le nozze, come si è provato a dimostrare. Le donne erano soggetti passivi ma comunque parte del gioco, scelte dagli uomini come strumento
di esibizione di prestigio e onore famigliare. Attraverso questi ritratti, più durevoli di una veste o di un gioiello, possiamo immaginare venisse loro anche riconosciuto il ruolo di reggere le sorti delle famiglie, degli stati e del genere umano contribuendo a renderlo immortale.


Maria Paola Forlani
 

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