martedì 29 settembre 2015

MASILugano

MASILugano

Museo d’arte della Svizzera italiana



Il Museo d’arte della Svizzera italiana (MASILugano), nato dall’unione fra Museo Cantonale d’Arte e il Museo d’Arte di Lugano, presenta nelle sue proposte inaugurali la propria identità culturale e i suoi indirizzi futuri con una serie di mostre di diversa natura e dimensione (catalogo Skira). Il programma espositivo si svolge nelle due sedi del Museo: il LAC e Palazzo Reali, sede storica del Museo Cantonale d’Arte.

Un corpo architettonico severo, che dai pilastri su cui poggia si protende imperioso verso il lago; un altro, sul fondo, diafano e lieve, interamente vetrato, aperto da un lato sulla nuova piazza e sul lungolago, dall’altro sulla collina retrostante e, accanto, una facciata fin-de-siécle, unico resto dell’ex Grand Hotel Palace, con i decori leziosi e “glassati” tipici della koinè architettonica europea dell’età d’oro del turismo: sono tre volti, apparentemente incongrui e invece sorprendentemente integrati, con cui si presenta il Lac, Lugano Arte e Cultura il polo culturale, diretto da Michel Gagnon.
Un complesso che si propone non solo come cittadella per le diverse arti ma anche come uno snodo urbanistico, in grado di collegare, longitudinalmente, il centro antico della città con il quartiere moderno di Paradiso e trasversalmente le sponde del lago con il parco retrostante.

È stata proprio questa vocazione a “includere” la città, sommata alla capacità di integrare, ma in spazi architettonici distinti, le diverse anime del nuovo polo culturale, soluzioni coraggiose  che ha portato Ivano Gianola, esponente della “Scuola Ticinese” d’architettura, ad aggiudicarsi la vittoria dell’affollato concorso di partecipanti (ben 130). Il Lac apre i suoi 180 mila metri cubi di volume e i suoi 29 mila metri quadri di superficie costruita alle sue molteplici vocazioni: nel lungo corpo sospeso su pilastri e rivestito di pietra verde del Guatemala, concluso dal cuneo a sbalzo puntato verso il lago, trova posto il Museo d’Arte della Svizzera italiana (vi sono confluiti il Museo Cantonale d’arte e il Museo d’arte Lugano), che dispone di due piani espositivi e di un piano sotterraneo destinato alla collezione permanente e ai depositi.
Nel corpo perpendicolare si trova la grande sala Teatro (mille posti) rivestita di legno e dotata di una conchiglia acustica modulare e rimovibile che, insieme alla fossa dell’orchestra a scomparsa, rende questo spazio fluido e versatile, perfetto per ospitare ogni tipo di rappresentazione, musicale e teatrale. Ci sono poi il Teatrostudio, altre sale multiuso e l’Agorà, il teatro esterno con cavea adagiata sul fianco della collina. A saldare i due corpi, la grande hall con biglietteria, il bookshop e un caffè, sorta di “piazza” coperta e vetrata aperta a tutti, affacciata sulla piazza intitolata a Bernardo Luini: il Lac ingloba infatti anche il chiostro dei francescani contiguo alla chiesa di Santa Maria degli Angioli, affrescata nel’500 proprio da Bernardino Luini.

Lac come Lugano Arte e Cultura dunque, ma Lac anche come lago, perché con esso
l’edificio intrattiene una sorta di simbiosi: dal lago giunge l’acqua per climatizzazione e riscaldamento, e sul suo fondale sono stati depositati i materiali di scavo, colonizzati dalla vegetazione lacustre e diventati habitat di numerose specie acquatiche.


Per l’esordio sono state allestite due mostre nel museo: una, <<Orizzonti Nord-Sud. Protagonisti dell’arte europea ai due versanti delle Alpi 1840-1960>>, curate dal direttore del Museo Marco Franciolli e da Guido Comis, è un itinerario che dopo l’icipit, posto sotto il segno degli splendidi acquarelli “alpini” di Turner e dell’inedita accoppiata Piranesi-Caspar Wolf, procede con accostamenti binari fra autori del Nord e del Sud d’Europa, talora (come nel duo Böcklin-de Chirico) fondati su conclamate basi storiche, più spesso invece giocati deliberatamente su evocative suggestioni dello sguardo, capaci di aprire inediti percorsi di lettura al visitatore.


Da Casorati e Valloton a Morandi e Albert Anker, da Fontana e Giacometti a Segantini e Medardo Rosso, da Jodler e Wilgt a Balla e Depero, italiani entrambi ma entrambi, per ragioni diverse, segnati dalla cultura svizzera e tedesca, fino a Klee, sfilano in mostra opere magnifiche, convocate dai maggiori musei e collezioni internazionali.

Il sotterraneo, in attesa della collezione permanente, è abitato fino al 31 gennaio dagli spettacoli <<solid ligh works>> dell’anglo-americano Anthony McCall, 1945, esponente di punta negli anni’ 70 dell’ Expanded Cinema, che vive ora una seconda giovinezza artistica e una rinnovata fortuna critica grazie alle tecnologie digitali.



E appena fuori dal Lac (ma parte integrante del suo circuito), lo Spazio – 1, dove da tre anni vanno in scena le opere della collezione – museo di Giancarlo e Diana Olgiati, quest’anno presenta, con altre opere della raccolta, la mostra-installazione
Teatro di Mnemosine. Paolini d’aprés Watteau di Giulio Paolini, curata da Bettina Della Casa con l’artista, che riunisce per la prima volta l’intero ciclo in cui Paolini rende omaggio al tempo stesso al tema della Memoria-Mnemosine e al celebre dipinto di Watteau Les chermes de la vie (1718 circa), in un allestimento <<d’autore
davvero affascinante>>.

La grande speranza è che, in un prossimo futuro, il museo si apra, con più attenzione, a figure femminili come Marianne Werefkin, grande artista, maggiore esponente e teorica dell’Espressionismo che dopo gli anni di Monaco in Baviera, fonderà, proprio in Svizzera nel 1924 il gruppo “GroBer Bär” (Orsa Maggiore).
Il mondo delle artiste che hanno scritto la storia dell’arte nel’900, arricchirà, così, la ricerca di questo museo assai attento a tutti gli ‘universi’ poetici.


Maria Paola Forlani

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