mercoledì 27 aprile 2016

MATISSE E IL SUO TEMPO

Matisse e il suo tempo.

La Collezione del Centre Pompidou



“Ho lavorato per arricchire la mia intelligenza, per soddisfare le differenti esigenze del mio spirito, sforzando tutto il mio essere alla comprensione delle diverse interpretazioni dell’arte plastica date dagli antichi maestri e dai moderni”
Henri Matisse, Notes d’un peintre in “La Grande Revue”, 25 dicembre 1908


Curata da Cécile Debray conservatore presso il Musée national d’art moderne-Centre Pompidou, la mostra Matisse e il suo tempo aperta fino al 15 maggio 2016 a Torino nella sede di Palazzo Chiablese – per mezzo di confronti visivi rende possibile
cogliere non solo le sottili influenze reciproche o le fonti comuni di ispirazione tra le opere di Matisse e quelle di artisti suoi contemporanei, ma anche una sorta di “spirito del tempo”, che unisce Matisse e gli altri artisti e che coinvolge momenti finora poco studiati, come il modernismo degli anni Quaranta e Cinquanta.

Le diverse sezioni della mostra consentono di attraversare l’insieme dell’opera e del percorso di Matisse dai suoi esordi nell’atelier di Gustave Moreau negli anni 1897-99 fino alla sua scomparsa, quando altri artisti si ispireranno, negli anni Sessanta, alle sue ultime carte dipinte e ritagliate. Quando si parla di composizione per Matisse non bisogna limitarsi ad osservare la reciproca disposizione delle figure umane e i rapporti lineari, perché anche le zone libere, in quanto delimitate dalle altre, divengono forme e perché il loro significato è esaltato dal colore <<il fauvismo – dice Matisse – fu per me la prova dei mezzi: collocare l’uno accanto all’altro, riunire in maniera espressiva e costruttiva un blu, un rosso, un verde>>.
Anche nella Danza (1910) sono questi i tre colori dominanti; sono essi che permettono di percepire immediatamente la composizione distinguendone nettamente ogni elemento; sono essi che creano una spazialità, non certo imitativa del reale, ma ideale, adeguata al sogno splendente matissiano, quella Gioia di vivere che è il titolo emblematico di un’altra opera di poco precedente (1906). Nove sezioni costituiscono la mostra, con un centinaio di opere, di cui 50 di Matisse, sono articolate secondo un filo cronologico scandito da approfondimenti tematici: sulle figure eminentemente matissiane delle odalische o sulla raffigurazione dell’atelier, soggetto ricorrente nell’opera di Matisse ma che,  negli anni bui della Seconda guerra mondiale, dà luogo a quadri stupefacenti a firma di Braque, Picasso o Bonard, in un dialogo invisibile con l’artista isolato a Vance.

La figura di Matisse domina l’arte della prima metà del XX secolo. Artista prolifico e curioso, durante tutta la sua carriera è stato al centro dei dibattiti sulla scena artistica: volta a volta capogruppo dei fauves, osservatore critico del cubismo, discepolo e amico dei suoi predecessori Signac, Renoir, Maillot, Bonard, maestro di un’accademia e dell’intera generazione degli espressionisti europei e rivale di Picasso.


Nella sezione “dipingere la pittura. Gli atelier di Matisse” gli anni Quaranta segnano la stagione del ritorno alla pittura e degli “interni” di Vence. Matisse pone nuovamente al centro del suo lavoro il motivo della finestra. La rappresentazione dell’atelier costituisce all’epoca un tema ricorrente per molti artisti – Picasso, Braque, Dufy o Giacometti – come immagine riflessiva e autoreferenziale della pittura in cui si combinano affermazioni del “mestiere”, spazio ove ritirarsi e della concentrazione di fronte alla follia del mondo, e infine spazio mentale.

La sezione “Il Modernismo. La svolta degli anni Trenta” presenta una novità di lettura nel percorso dell’artista.
Alla svolta della seconda guerra mondiale, i grandi artisti figurativi – Matisse, Léger, Picasso, Dufy – modificano il loro stile inclinando verso un trattamento grafico più sciolto e schematico, verso una tavolozza di colori primari che fanno impercettibilmente eco al linguaggio modernista di Le Corbusier o di Mondrian.
Così i dipinti di Matisse realizzati dopo la grande decorazione per Barnes ( La dance) ritrovano una nuova economia formale che oggi si collega chiaramente all’estetica degli anni Cinquanta.


L’ultima sezione porta il titolo “Il lascito di Matisse all’astrattismo. L’ultimo Matisse”.
Nel 1947, Matisse inventa un nuovo procedimento tecnico, il guazzo ritagliato che gli permette di ritagliare “al vivo” nel colore. Le nuove problematiche che Matisse genera avranno conseguenze considerevoli sul lavoro degli artisti delle generazioni successive, espressionisti astratti come Rothko o Sam Francis, i protagonisti di Support/Surface come Bioulés, Viallat o Pincemin ma anche Hantal e molti altri ancora. Grazie alla diffusione della sua opera negli Stati Uniti per merito del figlio Pierre (che aveva aperto una prestigiosa galleria d’arte a New York), alle mostre delle sue opere tarde in Francia e al complesso decorativo e architettonico della cappella di Vence, l’arte di Matisse feconda l’arte del XX e del XXI secolo.
Maria Paola Forlani






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