mercoledì 2 novembre 2016

DOMENICO CERATO

Domenico Cerato

Architetto a Padova nel Secolo dei Lumi


L’opera di Domenico Cerato, architetto vicentino ma attivo soprattutto a Padova, ha segnato in modo decisivo l’aspetto della città.

A lui si devono progetti delle principali opere architettoniche del Settecento, come la sistemazione della Specola Astronomica, la realizzazione del Prato della Valle e dell’Ospedale Giustinianeo. Come afferma l’Assessore alla Cultura Matteo Cavatton: “Grazie ai suoi innovativi progetti anche la tradizionale identità di Padova risultò modificata, arricchendosi di nuovi simboli urbani, nuovi spazi nei quali ritrovare, affermare e divulgare la propria immagine.”

La mostra promossa dal Comune di Padova – Assessorato alla Cultura, allestita a Palazzo Zuckerman (catalogo Skira) fino al 26 febbraio 2017 a cura di Vincenza Cinzia Donvito e Stefano Zaggia, rende esplicita questa trasformazione e la grande forza innovativa dell’attività di Cerato. Accanto a una sezione di suoi disegni originali – taluni inediti – conservati presso la Biblioteca Civica, sono esposte opere di contesto da Canaletto a Francesco Piranesi, da Giorgio Fossati a Giuseppe Subleyras – dipinti, affascinanti acquarelli, incisioni, volumi e stampe – in grado di testimoniare l’evoluzione dell’immagine della città
.
Cerato fu interprete a Padova delle istanze funzionalistiche in architettura propugnate da Carlo Lodoli, tramite le committenze dei patrizi veneti Angelo Querini e Andrea Memmo, propugnatori dell’architettura come strumento di riforma socio-politica. Il riferimento era l’élite culturale dell’illuminismo scientifico a Padova alla quale appartenevano anche il matematico Giovanni Poleni, con cui Cerano intrattenne rapporti epistolari, e Giuseppe Toaldo, astronomo, al quale fu legato da grande amicizia. Occupatosi con spirito pragramatico della trasformazione della perduta Villa Quarini ad Altichiero da modesta casa di campagna in una sorta di manifesto degli ideali antiquari, artistici, scientifici e agronomici di Quarini.
Cerano usò lo stesso approccio per fondare a Padova nel 1766, come aveva fatto a Vicenza, una scuola privata di architettura.

Interveniva così nel dibattito sulla formazione dell’architetto chiamato a tener conto, per esempio, anche degli aspetti economici dell’edilizia.
Stabilitosi a Padova ormai cinquantenne – ospite di Toaldo – gli viene chiesto di occuparsi della realizzazione di una Moderna Specola astronomica che trasformasse radicalmente la Torlonga del Castello medioevale.
Ci vorrà un decennio per realizzare il suo progetto ma sarà un successo: Cerato e Toaldo abitarono nella casa per l’Astronomo e presso la Specola – “eretta a maggior lustro e vantaggio della cattedra d’astronomia” – Cerato vi avviò anche l’attività d’insegnamento, pensato sempre con un’impostazione eminentemente pratica “per tagliapietra, muratori e marangoni”.

La modernità della Specola fu subito compresa e la torre astronomica venne inserita nelle vedute antologiche della pianta di Giovanni Valle (1784), tra le Fabriche più considerabili della città nelle acqueforti di Francesco Belluco (1787) e tra i più rappresentativi edifici di Padova nelle Memorie di Chevalier, pubblicate dai Gamba.
Stessa cosa avvenne per l’ospedale commissionato da Andrea Memmo – con un enorme portato di innovazione e moderno funzionalismo – e per Prato della Valle.
In mostra, tra le varie documentazioni, vi è anche una gustosa rappresentazione dell’ospedale a lavori ancora in corso, disegnata da Daniele Danieletti con la direzione di Cerano: una rappresentazione animata da numerose figurette e forse realizzata in occasione della raccolta fondi per sostenere l’impresa.

Quella della ricerca di finanziamenti e, diremmo oggi, del fundraising era evidentemente un problema già sentito all’epoca e si ripeterà anche per Prato della Valle: l’impresa di Cerato destinata al maggior successo nell’iconografia identitaria della città.
Lo sforzo dell’illuminato Andrea Memmo – provveditore straordinario di Padova dal 1775 al 1776 – per riqualificare e ammodernare la città, trova nel recupero morfologico e funzionale della zona depressa di Prato della Valle il suo momento più alto. Memmo affida a Cerato il progetto, che doveva rispondere ad esigenze pratiche, sociali ed economiche insieme, con l'obiettivo di una piazza che fosse destinata a usi commerciali e di spettacolo ma anche di svago, sia per i cittadini che per i turisti.
Ma i fondi non bastano e dunque avvia il finanziamento delle statue da parte dei cittadini.
La bella veduta di Canaletto in mostra, del 1740, evidenzia la situazione antecedente l’intervento con l’area invasa dalle acque stagnanti mentre un’altra opera precedente al 1767 mostra la zona di pertinenza di Santa Giustina adibita a pascolo con abbeveratoi e canneti. Diverse stampe testimoniano invece differenti stadi dell’intervento con l’inserimento anche di elementi non ancora realizzati.
Saranno due carte – il disegno dell’architetto Subleyras e l’incisione di Piranesi – volute dallo stesso Memmo per gli amici, a mostrare l’opera assai vicina alla definitiva realizzazione.
Padova aveva un luogo simbolo per la propria identità urbana.



Maria Paola Forlani





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