mercoledì 22 novembre 2017

25 ANNI DI FONDANTICO

25 anni di Fondantico
Dipinti dal XIV al XVII secolo

Ѐ con la consueta passione e consolidata esperienza di oltre trent’anni di attività che la Galleria d’Arte Fondantico di Tiziana Sassoli organizza nella storica e nobile sede di Casa Pepoli Bentivoglio il venticinquesimo “Incontro con la pittura” intitolato 25 anni di Fondantico. Dipinti dal XIV al XVIII secolo.
Il questa nuova mostra autunnale, che celebra il 25º appuntamento annuale, sono esposte circa trentacinque opere realizzate da importanti maestri non soltanto emiliani, com’è stato fin qui nella tradizione di Fondantico, attive dal Trecento al primo Ottocento.
Apre la rassegna un raro dipinto raffigurante la Madonna dell’umiltà di Lippo di Dalmasio. La pregevole tela è un esempio importante della frequentazione del tema mariano da parte di Lippo di Dalmasio, che vi avrebbe profuso “ un’aria così santa e devota” (Malvasia) da venire soprannominato in età di Controriforma “Lippo delle Madonne”.
Segue nel secondo Cinquecento La Sacra famiglia con Santa Caterina dell’elegante Lorenzo Sabbatini. Seduta al centro della composizione, la Vergine regge sulle ginocchia un Gesù un po’ cresciuto, mentre si volge verso Caterina con la quale intrattiene un profondo gioco di sguardi. Un rame, accanto, raffigura il Matrimonio mistico di Santa Caterina del suo allievo Denys  Calvaet, fiammingo attivo a Bologna e primo maestro di Guido Reni.
Segue La Sacra Famiglia con santi su rame di Bartolomeo Cesi, che ci mostra una pittura orientata sui nuovi indirizzi della Controriforma. Capolavoro dell’affascinante pittrice Lavinia Fontana è la magnifica Sacra famiglia con i Santi Caterina, Elisabetta e Giovannino, tela datata 1591, su cui l’artista non esitò ad apporvi la propria firma. In scena una complessa sacra conversazione, con la Madonna che si china a protendere il Bambino verso Caterina, inginocchiata ai piedi del suo trono. Alle sue spalle Giuseppe, visibile a mezza figura, si volge verso Elisabetta, cugina della Vergine, che, seduta a sua volta in secondo piano, trattiene tra le braccia il piccolo Giovanni. Oltre che per la vivacità dei due bambini, la tela si anima per la ricchezza dell’ordito cromatico, nel quale spiccano i rossi, i gialli e i verdi, talora mescolati fra loro in sontuosi cangiantismi.

Accanto appare un’opera degli esordi di Guido Reni, principale interprete del classicismo locale del Seicento, è una tela con Santa Cecilia, in cui il giovane artista si esercita copiando la celebre figura dipinta da Raffaello nel capolavoro dell’Estasi di santa Cecilia (Bologna, Pinacoteca Nazionale).

Ad arricchire la quadreria secentesca intervengono le opere di allievi di Guido Reni: Giovan Giacomo Sementi e Pier Francesco Cittadini, rispettivamente con un dipinto di soggetto allegorico e una deliziosa Santa Barbara. Tra i discepoli di Reni figura anche il fiammingo Michele Desubleo, in grado di combinare nei suoi dipinti classicismo e naturalismo, di cui sono esposte due tele: una bellissima Madonna della rosa e una fiera Sant’Orsola.
La prima metà del secolo XVII vede inoltre la presenza di Matteo Loves, un pittore nato a Colonia in Germania ed entrato a far parte della bottega del Guercino, dove acquisisce una personale e suggestiva maniera, ben illustrata da una toccante Madonna con il Bambino.

Nella seconda metà del Seicento si collocano le opere di Flaminio Torri e Lorenzo Pasinelli, entrambi allievi di Simone Cantarini, del modenese Francesco Stringa, rappresentato da una coppia di ovali, di Giovan Gioseffo dal Sole, grande decoratore e anticipatore di soluzioni fatte proprie del secolo successivo, e ancora del giovanissimo Donato Creti, la cui ricercatezza è ben testimoniata da un’intensa Testa di giovane donna.


La scelta antologica prosegue con Giovanni Odazzi, artista romano autore di due ricchi e luminosi quadri con L’adorazione dei Magi e La moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Il versante classicista del Settecento bolognese è rappresentato da Ercole Graziani, mentre quello barocchetto è illustrato da opere di Francesco Monti e Nicola Bartuzzi detto l’Anconitano, del quale figurano in mostra una Rebecca al pozzo e un Martirio di Sant’Antonio. Lo stesso Bertuzzi collabora in qualità di figurista con Vincenzo Martinelli, il più apprezzato temperista bolognese della seconda metà del XVIII secolo, autore di ariose vedute. Da segnalare poi due dipinti péndant di Candido Vitali, protagonista in città nel genere della natura morta.




La mostra propone inoltre due opere di grandi dimensioni: un dipinto raffigurante un episodio della vicenda di Rinaldo e Armida trattata nella “Gerusalemme liberata” di Torquato Tasso, opera del rarissimo Ciro Maria Paris Porroni allievo di Francesco Monti, e la Trasfigurazione del veronese Giambettino Cignaroli, proveniente dalla chiesa di San Salvatore in Corte Regia di Verona e di solenne impianto monumentale.
Il Cristo trasfigurato si libra sulle nuvole a certificare la propria natura divina. L’episodio, ricco di tradizione pittorica, si verificò allorchè, appartatosi sul monte Tabor con Pietro, Giacomo e Giovanni, Gesù cambiò di aspetto emanando luce dal volto e dalle vesti e chiamando a testimonianza la Legge e i profeti. I discepoli, appena destatisi da una strana sonnolenza, lo videro così sfolgorante in vesti candide, intento a dialogare con Mosè ed Elia, prima che una voce divina lo dichiarasse il Figlio eletto.
Ѐ quanto viene appunto raffigurato in questa smagliante pala d’altare, i cui caratteri veneti sono ben evidenziati dalla tavolozza schiarita, basata su toni pastellati e dalla limpida composizione giocata su diagonali.
La mostra si chiude con opere di due importanti esponenti della corrente neoclassica: Felice Giani, con un delizioso Matrimonio mistico di Santa Caterina, e Filippo Pedrini, autore di un incantevole piccolo rame con Venere e Amore bendato.

Lo studio delle opere nel catalogo è curato con il consueto rigore scientifico dal professor Daniele Benati dell’Università di Bologna, e da suoi brillanti collaboratori.


Maria Paola Forlani  



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