mercoledì 21 agosto 2019

Pavimento del Duomo di Siena


Come in cielo così in terra.
Dalla Porta alla città del cielo al Pavimento.

Scopertura del Pavimento del Duomo di Siena


Fino al 27 ottobre, la Cattedrale di Siena scopre il suo magnifico pavimento a commesso marmoreo, frutto di cinquecento anni di espressione artistica, un viaggio simbolico alla ricerca dei più alti valori dello spirito umano. Come in cielo, così in terra. Dalla porta alla città del cielo al pavimento. Un percorso dalla sommità della Cattedrale e dal Faccione del Duomo Nuovo fino alle tarsie marmoree. Dal Museo dell’Opera, con la salita alla città del cielo, dall’alto muro è possibile non solo leggere i monumenti senesi più significativi, ma anche “vedere un nuovo cielo e una nuova terra” (Apocalisse 21,1).

Attraverso l’ascesa alla porta del cielo i visitatori sembrano muoversi lungo la scala apparsa in sogno a Giacobbe, la cui cima raggiungeva il cielo e gli angeli di Dio salivano e scendevano (Genesi 28, 10-22).
Nel sogno Dio promette a Giacobbe la terra sulla quale egli stava dormendo e un’immensa discendenza.
 Al suo risveglio Giacobbe esclama <<Questa è proprio la casa di Dio, questa è la porta del cielo>>, verso utilizzato dalla liturgia nella messa della dedicazione delle cattedrali. Ma ‘porta del cielo’, secondo le litanie lauretane, è anche la Vergine, definizione che meglio esprime la potenza e la bontà di Maria, la quale come Madre di Cristo e dell’umanità, concorre alla nostra salvezza eterna in Cielo ove lei è “Regina assunta”.

Il percorso “dall’alto” permette infatti di comprendere meglio la dedicazione del Duomo di Siena all’Assunzione della Madonna e il forte legame che i cittadini senesi hanno da secoli con la loro ‘patrona’:
Sena vetus civitas Virginis. La Madonna si definisce anche come Sedes Sapientiae, sede di Sapienza e invita i cittadini a “visitare castamente il suo castissimo tempio”, come si legge nell’iscrizione d’ingresso al Pavimento “Nella solarità abbagliante dei suoi marmi e cotti” (Mario Luzi), Porta e Città del Cielo si riflettono nel Pavimento del Duomo di Siena per saldarsi in un unico sguardo.
<<…Al più bello et al più grande e magnifico pavimento che mai fusse stato fatto…>>
Giorgio Vasari, Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architetti, Domenico Beccafumi e Maestro de Getti, 1568).

Il pavimento del Duomo di Siena è uno dei più vasti pregiati esempi di un complesso di tarsie marmoree, un progetto decorativo che è durato sei secoli, dal Trecento all’Ottocento. Come per la fabbrica della cattedrale, anche, il pavimento si intreccia indissolubilmente con la storia stessa della città e della sua arte: per questo nei secoli senesi non hanno lesinato risorse per la creazione prima e per la sua conservazione poi.

Il tedesco Friedrich Ohly fu il primo ad occuparsi del pavimento nel suo insieme, ricercando una tematica comune che legasse i vari episodi, ipotizzando una tematica comune che legasse i vari episodi, ipotizzando la presenza di un programma figurativo portato avanti nei secoli dai diversi artisti succedutisi alla decorazione. Arrivò alla conclusione che ogni scena fa parte di una rappresentazione della Salvezza nei vari aspetti. Il tutto ha inizio dalle figure sul sagrato esterno (simbolo di ebrei e pagani), che sono escluse dalla salvezza e quindi restano fuori dall’edificio sacro, e dai tre ordini dei presbiteri che introducono il fedele mediando la sua partecipazione alla rivelazione divina.

All’interno davanti al portale centrale, Ermete Trismegisto simboleggia l’inizio della conoscenza terrena, quella del mondo antico, con un libro che simboleggia Oriente e Occidente, nonché riporta parole legate alla creazione del mondo. Segue un richiamo alla storia e al luogo, con le storie che simboleggiano Siena e le sue imprese, oltre che i suoi alleati, e una rappresentazione della Fortuna che regge le sorti umane
(Allegoria del colle della Sapienza e Ruota della Fortuna).

Nelle navate laterali le Sibille prefigurano la venuta di Cristo, e ricordano le varie zone del mondo conosciuto.
Una nuova fase del mondo è rappresentato nel transetto, con le storie bibliche che sono già ambientate nell’epoca della rivelazione. L’esagono centrale mostra scene di sacrificio, in stretta connessione con la rievocazione eucaristica che viene celebrata sull’altare. Ai lati invece le imprese militari del polo ebraico, con l’inclusione della Strage degli Innocenti per il contenuto cruente assimilabile.

Varie partizioni numerologiche vennero segnalate dall’Ohry (sette, cinque), che alluderebbero a vari significati teologici. Seguono poi le storie di Elia, il profeta, e di Mosè, il legislatore, con il popolo ebraico in cammino che simboleggia il pellegrinaggio del visitatore della cattedrale. La Storie di Davide concludono le serie bibliche, e prefigurano simbolicamente Gesù. Il pacificatore.
Non rientrano nel disegno generale le Virtù nel transetto destro, opere tardo-settecentesche, nate quando ormai l’intero significato dello svolgimento delle storie si era evidentemente perso.

M.P.F

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