mercoledì 8 gennaio 2020

MODIGLIANI


Modigliani e l’Avventura di Montparnasse.

Capolavori dalle Collezioni Netter e Alexandere


Il 22 gennaio 1920 Amedeo Modigliani è ricoverato, incosciente, all’Ospedale della Città di Parigi dove muore, due giorni dopo, all’età di 36 anni, colpito da meningite tubercolare, malattia incurabile al tempo, che era riuscito, miracolosamente, a sconfiggere vent’anni prima. Il giorno della sua morte Parigi e il mondo intero perdono uno dei più grandi artisti di tutti i tempi. Con il suo stile inconfondibile era riuscito a rendere immortali i suoi amici, le sue compagne e amanti, i collezionisti e i volti ‘eroici’ dei figli della notte parigina.

Nei quartieri di Montparnasse e di Montmartre, Modigliani aveva stretto amicizia con Guillame Apolinaire, Chaïm Soutine, Paul Guillaume, Blaise Cendrars, André Derain e Maurice Utrillo ed era da tutti ammirato per la sua cultura il suo fascino e il suo carisma. Egli incantava per il suo talento geniale e l’approccio intransigente all’arte, per la sua bellezza e per la sua passionalità mediterranea. La sua vita era però anche prigioniera dell’alcol e delle droghe, Modigliani non si risparmiava e sfidava ogni giorno la morte cercando nell’arte una via di fuga al suo tragico destino.
Grande rivale di Modi, così era conosciuto Amedeo a Parigi, era Pablo Picasso che il pittore di Livorno ammirava e odiava. Picasso era però affascinato dal giovane artista italiano, e dalle sue opere in cui si rispecchiava tutta la bellezza dell’arte rinascimentale espressa con un linguaggio assolutamente moderno.

Nonostante la vita “sopra le righe, le tanti amanti, tra le quali Anna Akhmatova e Beatrice Hasting, la sua energia e giovinezza, Modigliani non può sfuggire alla morte. Una tragedia che provocò forte turbamento nell’intera avanguardia parigina. E se tutto ciò non bastasse, anche la giovane compagna, Jeanne Hébuterne, artista di talento che tutti adoravano, decide di accompagnarlo nella morte, nonostante aspettasse il secondo figlio di Amedeo. Con una conseguenza immediata: la nascita di un mito che trasformerà Modigliani in un personaggio leggendario, in una emanazione evanescente e scandalosa di un mondo bohemienne, che nei suoi ritratti e nei suoi nudi riconoscerà il senso della propria estrema vitalità mista a tedio e profonda fatale malinconia.

L’esposizione Modigliani e l’avventura di Montparnasse. Capolavori dalle collezioni Netter e Alexandre (Museo della Città di Livorno aperta fino al 16 febbraio 2020)) è curata da Marc Restellini con il coordinamento di Sergio Risaliti ed offre ai visitatori l’occasione di ammirare ben 14 dipinti e 12 disegni di Modigliani raramente esposti al pubblico.


Per celebrare il centenario della morte del pittore, sono eccezionalmente riuniti nelle 3 sale del Museo della Città, i dipinti e disegni appartenuti ai due collezionisti più importanti che lo hanno accompagnato e sostenuto nella sua vita.
Paul Alexander, primo fra tutti, che era al centro di un legame tra Livorno e Parigi, che lo ha sostenuto al suo arrivo a Parigi e che lo ha aiutato nel progetto scultoreo delle Cariatidi oltre che durante i suoi ritorni a Livorno nel 1909 e 1913. Ma anche e soprattutto Jonas Netter che ha riunito, come un esperto e geniale collezionista, i più bei capolavori del giovane livornese.
Tra le opere in mostra è visibile il ritratto Fillette en Bleu del 1918, opera di grandi dimensioni che raffigura una bambina di circa 8-10 anni il cui vestitino e il muro retrostante sono dipinti di un delicato colore azzurro, in un ambiente ricolmo di delicatezze e innocenza; il ritratto di Chaim Soutine del 1916, suo caro amico durante gli anni parigini più difficili, seduto con le mani appoggiate sulle ginocchia, dove si percepisce la grande sintonia tra i due e la stima che Soutine provava per Modigliani; il ritratto Elvire au col blanc (Elvire à la collerette) dipinto tra il 1918 e il 1919 raffigurante la giovane Elvira, ritratta da Modigliani ben quattro volte, due vestita e due nuda, conosciuta ed ammirata a Parigi per la sua folgorante bellezza e per il suo caldo temperamento italiano; il ritratto Jeune fille rousse ( Jeanne Hébuterne)  del 1919, che ritrae la bella Jeanne Hébuterne di tre quarti mentre si rivolge allo spettatore in un atteggiamento pieno di naturalezza ed eleganza e capace di catturare l’attenzione con i suoi profondi occhi azzurri. Tra i disegni si possono ammirare alcune Cariatidi, come la Cariatide (Bleu) del 1913.
Il disegno appartiene al secondo ciclo che, a differenza del primo – costituito da studi per sculture ispirate all’arte primitiva – non è uno schizzo preparatorio, ma un’opera a sé stante dove la figura femminile è più rotonda e voluttuosa con contorni sfumati e colorati.

M.P.F

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