lunedì 27 gennaio 2020

PIETRO ARETINO


Pietro Aretino e l’arte nel Rinascimento

Per molti suoi contemporanei era “divino”, per altri il “flagello dei principi”, a motivo delle sue satire e degli arguti motteggi.

Sta di fatto che il poeta e scrittore Pietro Aretino costituì la penna più acuminata, sferzante, licenziosa del suo tempo, con i celeberrimi quanto scandalosi Sonetti lussuriosi che lo resero inviso a signori e alti prelati. E questi si vendicarono a modo loro, accentuando lo strascico di infamie rivolte al suo personaggio, che arrivò, nel tempo, a gonfiare addirittura la favola di un trapasso dovuto a un accesso di risate.

Nell’Aula Magliabechiana degli Uffizi, un’avvincente narrazione per immagini dell’Italia del Cinquecento ripercorre la vita del poliedrico intellettuale amico del cardinale Giulio de’ Medici – che portò a Roma alla corte di Papa Leone X – e di maestri come Tiziano, Raffaello, Parmigianino, che lo ritrassero nelle loro opere e con i quali intratteneva fitte e appassionate corrispondenze epistolari. È l’animo stesso dell’Aretino, assieme alla sua fecondissima penna, a guidare e, al tempo stesso, divertire gli ospiti della mostra Pietro Aretino e l’arte nel Rinascimento a cura di Anna Bisceglia, Matteo Ceriana e Paolo Procaccioli.

Il percorso espositivo – che si avvale di numerosi prestiti internazionali – raccoglie oltre cento opere tra pitture, sculture, libri a stampa, che restituiscono la biografia e lo spirito del poeta nei luoghi simbolo del Rinascimento, accanto alla fervida realtà culturale della prima metà del Cinquecento, dalla Roma dei papi Medici alla Mantova dei Gonzaga, dalla Venezia del doge Gritti a Urbino, Perugia, Arezzo, Milano.

Il Ritratto di Pietro Aretino, uno dei capolavori di Tiziano conservato nella Galleria Palatina di Palazzo Pitti, donato dallo stesso letterato al duca Cosimo de’ Medici, apre il percorso. Appartengono all’artista anche lo Stendardo della Resurrezione, prestito speciale della Galleria delle Marche di Urbino e il Ritratto del Kunstmuseum di Basilea, recentemente attribuito al maestro, in cui Aretino assai giovane reca in testa “scuffiotto”; un copricapo al tempo assai di moda.

E ancora dipinti, medaglie, stampe, libri oggetti di uso ‘griffati’ con il suo nome ed il suo volto, quasi una sorta di ‘linea’ dimostrano come il sagace intellettuale toscano sia riuscito a “sponsorizzare” se stesso e la propria immagine.

In mostra anche le pagine dell’edizione originale dei Sonetti lussuriosi, miracolosamente scampata ai roghi di successive messe all’indice da parte della censura e poi appartenuta anche al figlio del compositore Arturo Toscanini.
Non manca la ricca selezione epistolare dello scrittore, un colossale giornale ante litteram nel quale i pensieri dell’Aretino sulle arti assumono l’aspetto di vere e proprie recensioni, ponendosi alla base della nascita della moderna storia e critica dell’arte

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Fu Venezia, repubblica imprenditoriale e capitale della stampa, la leva su cui poggiò il potere del “flagello dei principi”, trasformandolo nel “segreto del mondo”, l’elargitore di lodi che davano la fama (e gli fruttavano doni) e invettive come quella sulla “sconvenienza” del Giudizio di Michelangelo, che fu il combinato disposto dalla stizza di Aretino per non esser riuscito a ottenere un disegno del maestro e della sua pia illusione di guadagnarsi la porpora cardinalizia.

M.P..F.

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