martedì 4 febbraio 2020

DORA MAAR



Dora Maar

Dora Maar, il cui nome di battesimo era Heriette Theodora Markovic, nacque a Parigi da Josip Markovi, architetto croato famoso in Sud America, e Julie Voisin.

Il padre aveva terminato gli studi a Parigi, divenendo architetto. Autore del padiglione della Bosnia Erzegovina dell’Esposizione universale di Parigi del 1900, aveva ricevuto incarichi prestigiosi a Buenos Aires e realizzato importanti edifici. Dora trascorse un’adolescenza tra Parigi e la capitale argentina; fin da bambina poteva rimanere attratta dalle opere di de Chirico e da nuove correnti architettoniche, legate all’esperienza del padre.
A cavallo degli anni 20 studia all’École et Ateliers d’Arts Décoratife a Parigi, vuole diventare pittrice e per questo frequenta l’Académie Lhote dove incontra Henri Cartier Bresson, ma strada facendo nasce in Dora il desiderio di immortalare artisticamente quello che vede, si appassiona alla fotografia e si iscrive all’ École de Photographie de la Ville de Paris.
A parte qualche opera pittorica Dora abbandonò la pittura e si dedicò alla fotografia. Iniziò una fase di intenso lavoro; apre uno studio in collaborazione con Pierre Kéfer e conosce Man Ray. Dai disagi della crisi economica mondiale, dovuti al crollo della borsa di New York del ’29; gli anni Trenta rappresentano un periodo favorevole allo sviluppo della “fotografia di strada”.
Per Dora è fondamentale immortalare i momenti della sofferenza, cogliere le espressioni, catturate agli attimi di vita di migliaia di persone poverissime, concentrate in baracche costruite con mezzi di fortuna: pezzi di legno, di metallo o di cartone. Una parte consistente della produzione fotografica di Dora viene realizzata in questa parte di Parigi. Mendicanti, vagabondi, disperati e madri sole con figli piccoli, diventano attraverso Dora opere fotografiche surrealistiche, scatti che sono esempi esplicativi della sua originalità nel riuscire a cogliere tutta l’umanità del gesto.  (vedi la mostra alla Tate di Londra aperta fino al 15 marzo 2020).

Dora Maar condivide con altre artiste di estrazione borghese la presa di coscienza della diffusa diseguaglianza sociale e della disperazione in cui versa gran parte della popolazione. Si schiera dalla parte dei diseredati, ma “questa sua presa di posizione era accompagnata da un’istintiva inclinazione per il misterioso, il magico e il soprannaturale”, una sintonia che l’avvicina al gruppo surrealista. Il mondo dei sogni, l’arte infantile, il primitivo, l’erotismo l’inquietante stranezza del quotidiano: questo è l’universo di Dora.
Lo sguardo è un tema frequente, quasi ossessivo quanto la cecità e gli occhi chiusi in trance o nel sonno; elemento surrealista ricorrente: “chiudere gli occhi al mondo che ci circonda ci permette di aprirli all’inconscio”. Dora viaggia per l’Europa, spesso da sola. Durante il suo viaggio in Costa Brava e a Barcellona, cattura l’’atmosfera e il tono vitale della città con empatia e tenerezza; appartengono a questo periodo scatti molto interessanti del mercato della Boquerìa e il Parco Güell.
 “ A venticinque anni ero molto di sinistra, non come adesso, però non mi sono mai iscritta al partito comunista” L’impegno politico di Dora si esprime dapprima in seno al gruppo surrealista: firma il manifesto “Appel à la lutte”, pubblicato da Bretton nel febbraio del 1934. La sua partecipazione si fa più attiva nel gruppo Contre-Attaque, creato nel 1935 da Georges Bataille e André Breton; condivide con i membri la critica verso “ la frenetica necessità di ortodossia” del partito comunista, la condanna anticapitalista, l’opposizione verso il parlamentarismo borghese, stigmatizzato come corrotto.

La rivoluzione sociale viene considerata l’unica e la sola possibile alternativa alle condizioni disumane nelle quali vive la maggior parte dei cittadini. Dopo lo scioglimento di Contre-Attaque nel 1936. Dora continua a condividere ideali dell’amico Bataille, i quali influenzano i suoi fotomontaggi del tempo, introducendo una sorta di contestualizzazione religiosa dell’erotismo, in una prospettiva enigmatica.

Impegnata in incarichi, mostre, pubblicazioni, critiche sui giornali e attività nel mondo della moda, diviene responsabile delle relazioni pubbliche dello stilista J. Heim. Veste con eleganza e ha una grande passione per i cappelli.

Pubblica le sue prime foto nel 1930 e l’anno seguente lavora con il fotografo ungherese Bassaï.
Nel 1931, in società con Pierre Kéfer, apre uno studio fotografico, operando nel settore della moda e della pubblicità, firmando le sue foto Kéfer-Dora Maar. Di estrema sinistra, diviene famosa con la sua Rollei, per le istantanee che ritraggono la mondanità francese.
Le sue foto vengono pubblicate su riviste prestigiose come Madame Figaro. Diviene prima la compagna del cineasta Louis Chavance, e in seguito del poeta George Bataill. Espone all’Internazionale della fotografia di Bruxelles e alla mostra dello studio Saint-Jacque per la “Costitution des Artistes Photographes”.
George Bataille la introduce nella cerchia dei surrealisti, dove conosce Breton, Eluard, Lerris, Man Ray. Prende parte all’attività del gruppo con alcune foto e fotomontaggi; ritocca i negativi, utilizza solarizzazioni, collage, fotomontaggi e sovrapposizioni.

Maar era già conosciuta come fotografa prima di incontrare Picasso. Il primo incontro avvenne a Parigi nel 1935 sul set del film Le crime de Monsieur Lange di Jean Renoir quando lei aeva 28 ani e lui 54. Il secondo sulla terrazza del caffè Les Deux – Magot a Saint-Germain- des- Prés dove Dora, seduta da sola a un tavolino, colpiva con un coltello lo spazio tra un dito e l’altro della mano, inguantate di bianco, non fermandosi se si feriva.
Li presentò il famoso poeta Paul Élluard, che accompagnava Picasso. Il pittore si fece dare i suoi guanti insanguinati e li espose su una mensola del suo appartamento. Picasso era affascinato dalla bellezza e dello spagnolo fluente di Dora che era cresciuta in Argentina.
Poco dopo quest’incontro trovò Picasso un nuovo appartamento in affitto, in Rue des Grands-Augustins, mentre lei restò nella casa dietro l’angolo, potendo accedere allo studio dell’artista solo su invito.

Picasso adorava umiliare Dora, tanto da convincerla ad abbandonare la fotografia per la pittura, campo in cui non poteva competere con l’artista. La faceva ingelosire essendo ancora legato a Marie-Thérése Walter, che gli aveva dato anche una figlia, Maya.

L’ormai ex-fotografa fu sopraffatta dalla personalità del pittore: divenne la sua musa privata e la ritrasse in numerosissimi dipinti, ma era vista anche come l’incarnazione stessa del dolore. Picasso iniziò a dipingere Guernica usando il volto di Dora per ritrarre la figura che sorregge la lampada al centro, e lei affascinata dalla potenza figurativa del dipinto, riprese in mano la macchina fotografica e cominciò a scattare.
Gli scatti fotografici che la resero famosa al mondo artistico testimoniano ancora oggi l’evoluzione dell’opera e furono pubblicati nel numero 4-5 della rivista
Cahier d’art del 1937. Insieme lei e Picasso studiarono diversi tipi di stampa con Man Ray.

La loro relazione durò quasi nove anni. Dora Maar fu lasciata da Picasso, che nel 1943 aveva appena incontrato la giovanissima Franoise Gilot, e cadde in una profonda depressione, soffrendo anche per la propria sterilità, che la costrinse a farsi ricoverare in una clinica psichiatrica.

Fu sottoposta a numerosi eletroshok e presa in cura dallo psicanalista dello stesso Picasso, Jacques Lacan, che riuscì a farle accettare la malattia.
Fu una delle poche amanti a sopravvivere a Picasso non suicidandosi, sebbene dicesse “ Io non sono stata l’amante di Picasso. Lui era soltanto il mio padrone.


M.P.F.

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