lunedì 10 febbraio 2020

GEORGE DE LA TOUR

L’Europa della Luce
George de La Tour


“ – Lei dovrebbe vederlo! È un pittore sorprendente. Non abbiamo strumenti per misurare il genio; ma sento che il talento del De la Tour spezzerebbe più di un manometro. È un peccato che non abbiamo nulla di suo in Italia.”
R. Longhi, I pittori della Realtà in Francia, ovvero I caravaggeschi francesi del Seicento, “L’Italia letteraria.” 19 gennaio 1935.


A Milano abbiamo - per la prima volta in Italia – una mostra dedicata a George de La Tour: l’Europa della luce, a Palazzo Reale aperta fino al 7 giugno 2020, il più celebre pittore francese del Seicento e ai suoi rapporti con i grandi maestri del suo tempo. La mostra promossa dal Comune di Milano Cultura, Palazzo Reale e Mondo Mostre Skira, è a cura della Prof.ssa Francesca Cappelletti e di Thomas Clement Salomon e vanta un importante comitato scientifico internazionale.

La mostra a Palazzo Reale riflette sulla pittura di George de la Tour, caratterizzata da un profondo contrasto tra temi “diurni”, crudamente realistici, che ci mostrano un’esistenza senza filtri, con volti segnati dalla povertà e dall’inesorabile trascorrere del tempo e i temi “notturni” con splendide figure illuminate dalla luce di una candela: modelli assorti, silenziosi, commoventi. Un potente contrasto tra il mondo senza pietà dei “diurni” e la compassionevole rappresentazione di scene “notturne” che colpisce ancora oggi. Dipinti che conservano il segreto della loro origine e della loro destinazione. Come rimane un mistero la formazione del pittore, compresa la possibilità o meno di un suo viaggio italiano.

La mostra dedicata a George de la Tour, si presenta attraverso dei mirati confronti tra i capolavori del Maestro francese e quelli di altri grandi del suo tempo – Gerrit van Honthorst, Paulus Bor, Trophime Bigot e altri – vuole portare, così, una nuova riflessione sulla pittura dal naturale e sulle sperimentazioni luministiche, per affrontare i profondi interrogativi che ancora avvolgono l’opera di questo misterioso artista.

Un progetto che si presenta particolarmente complesso per diversi aspetti, tra i quali il numero di prestatori (28 da tre continenti) che ha coinvolto alcune delle più grandi istituzioni internazionali come la National Gallery of Art di Washington D.C., il Paul Getty Museum di Los Angeles, la Frick Collection di New York, il S.Francisco Fine Art Museum, il Chrysler Museum di Norfolk, la National Art Gallery di Leopoli, più una grande partecipazione delle istituzioni museali regionali francesi, come il Musée des Beaux-Art di Nantes, il Musée du Mont-du Piété di Bergues, il Musée départemental d’Art ancien e contemporain di Espinal, il Musée de Beaux-Art di Digione, il Musée Toulouse-Lautrec di Albi, il Musée departemental George de La Tour di Vic-sur-Seille, e alcuni importanti musei italiani come la Galleria degli Uffizi, la Pinacoteca Vaticana, la Galleria nazionale d’Arte Antica-Palazzo Barberini.

Un’esposizione unica considerato che, come ebbe a sottolineare Roberto Longhi, in Italia non vi è conservata nessuna opera di La Tour e sono circa 40 le opere certamente attribuite al Maestro, di cui in mostra ne sono esposte 15 più una attribuita.

Nonostante l’alone di mistero che avvolge l’artista lorenese e la sua opera, da decenni ormai George de La Tour è uno dei pittori prediletti dai francesi e non solo. Inevitabile il paragone con un altro insigne pittore del primo Seicento, l’inquieto Caravaggio, con il quale il francese condivide il senso drammatico, teatrale, della composizione e lo studio accurato della luce, anche se non si sa se La Tour abbia mai avuto modo di ammirare le opere del Merisi.

“Oltre a essere l’artista delle notti, o l’artista della realtà, una realtà che se osservata da vicino mostra tutta la sua ambiguità – afferma la curatrice Francesca Cappelletti – La Tour è l’artista delle variazioni minime della sfumatura, dell’inafferrabile differenza fra una composizione e l’altra, a volte solo per i toni cromatici, a volte per sottili slittamenti di significato”.


George de la Tour (Vic-sur-Seille, 1593 – Lunéville, 1652), è una delle grandi riscoperte del Novecento. Dal 1915, anno in cui il tedesco Hermann Voss pubblicò un articolo rivelatore sulla sua opera, il pittore del Seicento francese non smette di affascinare generazioni intere di storici dell’arte, che si prodigano alla ricerca di documenti, quadri e disegni preparatori che testimonino l’attività di un artista straordinario, non convenzionale ed emozionante.

La Tour fu un pittore molto stimato ai suoi tempi, originale per la mistura di spiritualità e realismo, sempre in bilico fra delicatezza e brutalità. Guardato spesso con una certa diffidenza: padre di 11 figli, dal carattere difficile e con un gran numero di cani randagi.
Eppure ebbe successo prima nel ducato di Lorena dove nacque, e poi a Parigi dove fu nominato, nel 1639, pittore del re Luigi XIII.

Si tratta di un artista enigmatico, che ritrae angeli presi dal popolo, santi senza aureola né attributi iconografici, e che predilige soggetti presi dalla strada, come i mendicanti, dipingendo in genere gente di basso rango più che modelli storici o personaggi altolocati. I pochi quadri riconosciuti come autografi sono perlopiù di piccolo o medio formato, intimi, privi di sfondo paesaggistico, notturni e, soprattutto nella presunta ultima fase artistica, quasi dei monocromi dall’impianto geometrico, semplice ma modernissimo per l’epoca.

Le sue tracce, e quelle della sua opera, si persero però durante tutto il XVIII e XIX secolo, non solo, ma anche a causa delle guerre per l’indipendenza che sconvolsero la sua terra natale.
I quadri che risultano datati sono infatti solo tre: Il denaro versato di Leopoli, dove però le cifre 1625-1627 sono di incerta lettura; La negazione di Pietro di Nantes (1650), entrambi in mostra e il San Pietro e il gallo di Cleveland (1645). Per il resto – nota la curatrice – una totale assenza di pagamenti e documenti di commissione rende problematica la cronologia.

Tra i capolavori presenti in mostra, spicca la commovente intensità emotiva della Maddalena penitente (National Gallery of Art di Washington D:C:, 1635-1640 circa): oltre a questa versione, ve ne sono almeno altre tre attribuite a La Tour, conservate rispettivamente al Metropolitan Museum of Art di New York, al Los Angeles County Museum of Art e al Louvre. Il pittore lorenese, diversamente dai suoi contemporanei che ne esaltavano i lati voluttuosi e popolani, colloca Maddalena in un interno austero, facendo risaltare i capelli scuri e lisci e i nitidi contorni della figura nella penombra creata dal lume della candela. Anziché volgere gli occhi al cielo, la Maddalena ha lo sguardo assorto di chi è profondamente immerso nella meditazione. La fiamma esile e tremolante della candela e il piccolo specchio ribadiscono ancora una volta la natura effimera della vita fisica e terrena. Nell’interpretazione di La Tour, Maddalena è una giovane donna in lotta con il suo passato, che porta su di sé tutto il peso della caducità umana.

M.P.F.

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