sabato 13 marzo 2021

Savinio. Incanto e mito

 


Savinio a Roma

Palazzo Altemps rende omaggio all’arte di Alberto Savinio, fratello di Giorgio de Chirico. Tra colori vivaci, atmosfere giocose e rimandi alla mitologia, aperta fino al 13 giugno 2021.

I colori vivaci e le forme geometriche dei “giocattoli” di Alberto Savinio irrompono fra le statue classiche e i saloni rinascimentali di Palazzo Altemps a Roma, nella mostra “Savinio. Incanto e mito”. Dopo aver ospitato le opere di Medardo Rosso e di Filippo de Pisis, il museo della capitale completa la trilogia degli artisti novecenteschi che hanno messo l’arte classica al centro del loro lavoro. E a Palazzo Altemps (una delle prestigiose sedi del Museo Nazionale romano), che contiene capolavori della statuaria romana, greca ed egiziana, ricambia l’attenzione omaggiando i tre maestri.


I quadri, ma anche bozzetti, schizzi, quaderni, manoscritti, fogli dattiloscritti e libri compongono il percorso sul mondo variegato di un personaggio eclettico e poliedrico, Alberto Savinio (pseudonimo di Antonio Francesco Alberto de Chirico, Atene, 1891 – Roma, 1952), meglio conosciuto come scrittore; ma solo perché suo fratello Giorgio de Chirico è stato uno dei più noti pittori del Novecento e ne ha in parte oscurato il lavoro artistico.

L’unicità del linguaggio di Savinio è chiara fin dalle prime sale: siamo nel mondo del colore e, al tempo stesso, del rigore geometrico, della natura e dei materiali della civiltà industriale, degli uomini-dei con il collo e il volto da animali che richiamano i miti greci, provenienti da un Paese (la Grecia, appunto) dove Alberto e Giorgio sono nati e hanno trascorso la loro infanzia.


Le più 90 opere in mostra, la maggior parte delle quali risalenti agli Anni Trenta con qualche excursus fra le ultime produzioni, provengono da collezioni private, personali e societarie, e da alcuni musei: il Mart di Trento e Rovereto, la Galleria Nazionale di Roma, il Museo civico d’arte di Pordenone, il Museo d’arte moderna Mario Rimoldi (Cortina d’Ampezzo), la Pinacoteca comunale di Faenza, il Musée d’Art Moderne de Paris. Nelle prime sale della mostra, le montagne, le isole, le spiagge dominate da giocattoli coloratissimi e geometrici si stagliano su paesaggi scuri o sfumati, su mari e montagne esistenti solo come “nostos”, veicoli di un nostalgico viaggio di ritorno verso la patria infantile.

Poi c’è il Savinio scenografo e costumista: l’intera sala del Galata suicida (la splendida statua romana del I secolo a,C., collocata in una enorme sala centrale) è occupata dalle opere che l’artista ha realizzato per l’allestimento dell’Edipo Re alla Scala di Milano nel 1948 con le musiche di Stravinskij, e per I racconti di Hoffmann con musiche di Offenbach, di nuovo alla Scala nel 1949. Diversi bozzetti provengono dell’Archivio storico documentale del teatro milanese.


Gli dei dell’Olimpo di Savinio, collocati nell’Olimpo greco-romano di Palazzo Altemps: Apollo (1931) dal volto di oca affianca la statua di Urania che regge in mano il globo; Le Dioscuri (1929) dal corpo scultoreo sono vicini ad Afrodite accovacciata, mentre i rossi, i verdi e i gialli accesi di un Prometeo (1929) acefalo contrastano con il marmo candido e la postura eretta di Hermes Loghios, in un dialogo continuo fra classicità antica e moderna.


Nella sala dove inizia e termina il percorso della mostra sono esposti libri e manoscritti che inquadrano a tutto tondo la figura dell’artista, accompagnati da audio d’epoca.

Nel libro-catalogo edito da Electa, Savinio A-Z, la curatrice della mostra (insieme a Zelda De Lillo) Ester Coen descrive il volume e il protagonista: “Una enciclopedia per un artista che, come in un gioco perenne, costruisce, distrugge per poi ricostruire con animo incolpevole e malizioso, inventa e scopre mondi paralleli e immaginari: il gioco che giocano il fanciullo e l’artista”. Dopo oltre quarant’anni Roma dedica una grande mostra a Savinio interrompendo un troppo lungo periodo di digiuno e silenzio.


M.P.F.

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