martedì 22 marzo 2016

ALDO MANUZIO IL RINASCIMENTO di VENEZIA

Aldo Manuzio

il Rinascimento di Venezia


Fino al 19 giugno 2016, alle Gallerie dell’Accademia, la mostra Aldo Manuzio il rinascimento di Venezia, curata da Guido Beltramini, Davide Gasparotto, Giulio Manieri Elia, ripercorre, attraverso oltre cento opere d’arte in prestito da grandi musei italiani e stranieri e più di trenta rarissime edizioni stampate tra la fine del XV e i primi anni del XVI secolo, una stagione unica e irripetibile nella storia della cultura europea e occidentale. Una vera e propria Età dell’Oro, durante la quale il libro si rivelò capace di trasformare il mondo dando vita al rinascimento di Venezia, città effervescente – superando i 150mila abitanti è nel Cinquecento tra le più ricche e popolose del continente – dove ogni tipo di linguaggio artistico riesce, nello spazio di pochi decenni, a trovare la sua più efficace espressione.

È in questo periodo storico che Venezia conquista e afferma definitivamente il ruolo di cerniera tra l’Oriente e l’Occidente, passando da essere semplice piattaforma per scambi di natura commerciale a luogo dove si mescolano culture, tradizioni, saperi.

Una ricchezza di spunti davvero straordinaria, rappresentata in mostra da una grande varietà di linguaggi espressivi: pittura, scultura, incisione, arte suntuaria, cartografia. Per arrivare naturalmente alla stampa, con alcuni tra i più preziosi esemplari attribuiti all’attività di Aldo Manunzio, come le edizioni finemente miniate giunte da Manchester o il rarissimo Aristotile del 1496 in prestito dalle collezioni dell’Escorial.
Sfruttando l’imponente rete logistica della quale solo una città mercantile come Venezia poteva disporre, Manuzio riuscì a immaginare e realizzare il suo straordinario programma che per la prima volta prevedeva di rendere disponibile al pubblico degli studiosi e di letterati del suo tempo i grandi classici della cultura greca, da Omero ad Aristotile, da Sofocle a Euripide a Tucidite, per poi raccogliere i testi latini da Virgilio a Cicerone, da Orazio a Ovidio, a Catullo a Properzio, Lucrezio, Giovenale, Marziale, e ancora ebraici e italiani della nuova letteratura in volgare.


Proprio grazie a Manuzio e alla sua collaborazione con Pietro Bembo, il volgare si affermava, accanto al latino, come la lingua della contemporaneità in tutta Europa, confermandosi tale secondo il canone che elesse Dante, Petrarca e Boccaccio come modelli.


La circolazione di questo patrimonio di testi e di idee non solo contribuì a creare una cultura comune europea, capace di integrare l’ambito classico greco-romano al mondo moderno e contemporaneo, ma favorì l’emergere di temi e motivi assolutamente nuovi anche nel campo delle arti figurative; maestri quali
Giovanni Bellini, Cima da Conegliano, Jacopo de’ Barbari, trassero decisa ispirazione dai testi della classicità greca e latina, ora finalmente fruibili con facilità anche da un pubblico laico.



Al seguito della riscoperta della poesia greca e latina, la pittura rivolge ora un nuovo sguardo anche sulla natura: abbandonate le suggestioni medievali che dipingevano una natura ostile, dura, popolata da fiere feroci, l’arte si apre a una rappresentazione del paesaggio inteso come culla della civiltà, come paradiso terrestre nel quale l’uomo è destinato a vivere.


La mostra testimonia questo passaggio attraverso i modernissimi paesaggi di Giorgione, i disegni del giovane Tiziano, le incisioni di Giulio Campagnola,
i bronzetti di Andrea Briosco.

Un’importante sezione del percorso espositivo è dedicata all’intenso rapporto che legò Aldo alla cultura del nord d’Europa e a Erasmo da Rotterdam. Il filosofo olandese – che per pubblicare la nuova e definitiva edizione del suo Adagia visse a Venezia, ospite della famiglia di Manuzio per quasi un anno – oltre ad apprezzare la cura delle edizioni aldine, riteneva che fosse di importanza fondamentale, per la circolazione del suo pensiero in tutta Europa, che i suoi lavori fossero stampati proprio da Manuzio. Il rapporto di stima tra i due simbolizzato, in mostra, dalla presenza della copia dei Poeti Cristiani stampata da Aldo nel 1504 e appartenuta  
allo stesso Erasmo.



La mostra non manca di proporre altri tesori di grandissimo valore culturale: come la
Hypnerotomachia Poliphili, il libro illustrato più celebre e raffinato di Aldo Manuzio
con fantasiose xilografie forse approntate su disegno del miniatore Benedetto Bordon; ma soprattutto uno degli unici due esemplari rimasti al mondo di aldina non rifilata dopo la stampa. Un libro dal valore storico inestimabile, (un Euripide di proprietà della Morgan Library di Washington), per la prima volta esposto in Europa) capace di dimostrare nella sua purezza e linearità l’idea di armonia e il senso di composizione che aveva Aldo nel progettare l’architettura grafica delle diverse pagine, prima che queste finissero per essere riquadrate dai rilegatori. È proprio questo pezzo a mettere in luce la raffinata cultura di Manuzio, la sua conoscenza delle teorie prospettiche canonizzate da Luca Pacioli e diventate chiave di volta per ridisegnare il mondo nel corso del Rinascimento.


Pietro Bembo, quando intorno al 1503 scrive il De Virgilii Culice, immagina un dialogo fra Pomponio Leto ed Ermolao Barbaro, nel giardino della residenza romana di quest’ultimo davanti a una statua mutilata, lamentano la crudeltà con cui il tempo ci ha trasmesso non solo l’arte, ma anche i testi letterari, e il dovere di restaurali.
L’amore per la “cultura”, l’amore per il “libro” come trasmissione al mondo della nostra storia.


Questo universo di entusiasta ricerca culturale, nel contemporaneo è stato travolto da drammatici episodi come i molti furti nella Biblioteca Girolamini di Napoli, la più antica della città, aperta al pubblico nel 1586, il cui patrimonio è ormai irrecuperabile. La Biblioteca di Casa Cini a Ferrara, dono di illuminati mecenati, destinata ai giovani e alla città ed ora un magazzino triste di “morte”.

Qui, la straordinaria raccolta di volumi conservata nella casa natale del conte Cini, per una triste congiuntura del sapere della diocesi estense per cui la cultura non evoca il futuro ma un universo di conflitti di miserabile speculazione economica, sostenitori della cessione tout court secondo modelli di privatizzazione mai esisti e tanto cari al commercio più avvilente e bieco.

Resta la memoria e il “patrimonio” di Aldo Manuzio che nella mostra veneziana racconta tutto il suo amore per la pagina scritta e la volontà di donare al mondo  il suo “universo culturale” vissuto nella continua ricerca.


Maria Paola Forlani



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