sabato 12 marzo 2016

MERAVIGLIE DELLO STATO DI CHU

Meraviglie dello Stato di Chu


Per la prima volta in Europa vengono presentate le testimonianze e la storia dell’antica civiltà dello Stato di Chu.
Due storie parallele nel tempo ma che si avverano a più di 8 mila chilometri di distanza: nelle antiche terre dei Veneti, tra Po e Adige, e lungo le sponde del fiume Azzurro, in quella che poi sarà la Cina.

In questi fertili territori, nel millennio che precede l’era cristiana, si affacciano alla storia due grandi civiltà, capaci di proporre manufatti di straordinaria raffinatezza e di accogliere il meglio della cultura locale e dei popoli contemporanei. Civiltà che diverranno parte integrante e costituente di realtà molto più potenti: l’Impero Romano nel caso dei Veneti, il regno di Quin per il futuro Celeste Impero.

Un accordo fra Italia e Cina, e più precisamente tra Veneto e la Provincia cinese del Hubei, consente per la prima volta in Europa di scoprire le testimonianze, davvero magnifiche, della civiltà dell’antico Regno. Come, successivamente, una mostra allestita al Museo Provinciale del Hubei, consentirà ai cinesi di avvicinarsi alla grande storia che precedette di secoli la nascita di Venezia.

A rendere del tutto eccezionale questo progetto (promosso, per parte italiana, dai Comuni di Este e di Adria, dalla Sopritendenza Archeologica del Veneto, dal polo Museale del Veneto, sostenuto dalla fondazione Cassa di risparmio di Padova e Rovigo del veneto) è l’esposizione dei “reperti ospiti” del Museo Provinciale del Hubei accanto alle coeve testimonianze territoriali esposte nel Museo Nazionale Archeologico di Este e di Adria, sedi delle mostre, con il titolo di “Meraviglie dello stato di CHU”, aperta fino al 25 settembre 2016.
Nato come piccolo regno militare, Chu si espanse al punto da diventare, sul finire del Periodo delle Primavere e degli Autunni (770 – 454 a.C.), una vera e propria potenza e visse il suo momento di massimo splendore nel successivo Periodo degli Stati Combattenti (453 – 221 a.C.).

L’impressionante qualità e stato di conservazione di reperti archeologici rinvenuti nella provincia di Hubei, cuore dello stato di Chu, in uno straordinario contesto archeologico di recente scoperta, testimonia come la supremazia del regno fosse culturale, prima ancora che militare. Armi e giade che rappresentano i due punti estremi dello stato di Chu: la supremazia terrena attraverso la guerra e il consenso celeste attraverso l’offerta del bene più prezioso.

Bronzi rituali ding e dui, indicatori della ricchezza e del prestigio della classe nobile.
La loro forma, le fantasiose cesellature e le iscrizioni votive sottolineano la grande abilità degli artigiani di Chu, in continuità con la gloriosa tradizione dei bronzi Cinesi fin dalla più profonda antichità. Lacche straordinarie sono tra gli oggetti più sorprendenti, solo se si pensa che esse sono di legno e che grazie alla laccatura ci sono giunte pressochè intatte dopo oltre due millenni e mezzo. Persino strumenti musicali, parte di vere e proprie orchestre, sono segno di una padronanza dell’arte musicale senza eguali al momento nel V secolo a.C. Le campane di bronzo niuzhong
e yongzhong costituiscono senza dubbio i reperti più identificati con la cultura dell’epoca. La loro forma del tutto originale e la speciale lavorazione oltre a farne oggetti d’arte in sé sono espressione di eccezionali sperimentate conoscenze nel campo della musica.

La morfologia del vasellame rituale della Cina antica fornì il modello di riferimento per i contenitori bronzei dei secoli successivi. L’intenzione con il passato è un tratto distintivo dell’immaginario intellettuale e artistico della cultura cinese. Durante la più tarda dinastia Quing (1644 – 1911) vennero infatti riproposti ding, guang, juè e i motivi decorativi che caratterizzavano i vasi tradizionali più antichi, sebbene arricchiti da maggior varietà esornativa e coloristica grazie al gioco di incostrazioni
In oro e argento. Presso il Museo d’arte orientale di Venezia si conservano bronzi Quing che riprendono le antiche forme e testimoniano il gusto collezionistico della corte e dell’aristocrazia del XVIII e XIX secolo.

Di forme varie, realizzati in bronzo o ceramica, i contenitori rituali venivano posti a corredo delle sepolture aristocratiche da cui provengono tutti i manufatti esposti.
Il “culto degli antenati”, cioè la cura delle tombe dei “padri” da parte dei “figli”, è alla base della cultura cinese e in particolare dello Stato di Chu.
I contenitori rituali in particolare costituivano un elemento fondamentale per affermare il prestigio delle classi nobili e la loro stessa potenza politica ed economica, distinguendosi dal popolo. I manufatti in bronzo, di elegantissima fattura e decorazione, erano suddivisi in due grandi categorie: vasi sacrificali e recipienti di uso comune.

I primi documenti ding, dou, fu, dui, zun e altri ancora, riservati ai riti in onore degli antenati o di divinità da placare: gli altri, chiamati genericamente yanqui, erano utilizzati per gli usi quotidiani e tra essi troviamo anche bracieri, candelabri e diffusori d’incenso.

Si allestiva nella tomba una sorta di “tavola imbandita” a consolazione dei vivi, che accompagnano verso l’Aldilà i propri cari con cibi e bevande, e al servizio dei morti che dovevano trovare nelle proprie dimore per l’eternità tutte quelle comodità e tradizioni che li avevano accompagnati in vita.


Sorseggiare il vino in coppe da simposio, servito fresco con del ghiaccio, cucinare il riso in pentole dall’aspetto irriconoscibile, decorate finemente, preparare pietanze a base di carne, versare l’acqua per le abluzioni in bacili di bronzo: ciascuno di questi gesti ha un valore rituale e simbolico che va al di là della semplicità solo apparente.
I resti organici di alimenti e vino conservatisi, sono stati analizzati e contribuiscono in modo scientifico ad avvalorare la ricostruzione-storico-archeologica.

Maria Paola Forlani



















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