martedì 3 aprile 2018

MAESTRI "A RISCHIO"


Maestri “A rischio”

Il cantiere del Duomo di Siena
E le “teste Grandi”
Per la facciata del Battistero


Nei locali della cosiddetta Cripta del Complesso Monumentale del Duomo di Siena si è inaugurata la mostra Maestri “a rischio”. Il cantiere del duomo di Siena e le “teste grandi” per la facciata del battistero. Promossa dall’Opera della Metropolitana, in collaborazione con Opera Civita, a cura di Roberto Bartalini e Alessandro Bagnoli (catalogo Sillabe)

Per la prima volta sono state esposte al pubblico otto grandi sculture raffiguranti delle teste maschili e femminili, in origine collocate nella parte alta della facciata del battistero senese, incompiuta rispetto al progetto originario. Le protomi sono state estratte dalla facciata del battistero per poterne garantire la conservazione e sono state sostituite in loco da calchi: la secolare esposizione delle sculture agli agenti atmosferici e all’inquinamento ha infatti provocato una generale corrosione degli strati superficiali del marmo e, in alcuni casi, delle fessurazioni e la forte alterazione dell’intaglio lapideo. Dopo un attento restauro, le sculture sono presentate al pubblico con un elaborato allestimento museografico, che evoca la loro funzione e collocazione originarie.

Non è facile dire se la committenza intese affidare a queste sculture un qualche significato. Oggi ne percepiamo soprattutto la valenza ‘ornamentale’, che dovette almeno in parte presiedere fin dall’origine all’ideazione della serie, destinata a enfatizzare lo stacco della cornice marcapiano posta a coronamento di quest’ordine di facciata. Grazie alla capillare documentazione dei lavori nel cantiere della cattedrale nel corso del XIV secolo, sappiamo con certezza nel 1355-1357 si stava lavorando in questa zona nella fabbrica del duomo. Le sculture si possono così riconoscere come le otto conservate di una serie di “teste grandi” che furono realizzate nel corso dell’estate e dell’autunno dell’anno 1356. Solo le sculture collocate nella sezione centrale della facciata si sono conservate; sono invece perdute quelle delle aeree sinistra e destra.
Sotto la direzione del capomastro del momento, lo sculture Domenico d’Agostino, che diresse il cantiere del duomo dal 1350 al 1358 e di nuovo nel 1362, le “teste grandi” furono intagliate da cinque diversi scultori, pagati con modalità di retribuzione che al tempo si definiva “a rischio”, ossia non secondo il tradizionale pagamento “a giornata”, bensì in base al numero dei “pezzi” lavorati.

Senza alcuna ‘paternità’, non possono rimanere, al momento, le sculture in realtà più impressionanti del ciclo: l’espressionistica testa dalle orecchie a sventola, il volto della donna affilato e della preziosa acconciatura a boccoli, la testa dell’uomo in età e dai capelli cortissimi, dalla forte presa emotiva, che a Enzo Carli richiamò alla mente addirittura il Profeta Abacuc scolpito da Donatello per il fiorentino Campanile di Giotto (il cosiddetto “Zuccone”). Non sembrano avere paralleli nella scultura di secondo Trecento a Siena, né paiono anticipare l’opera di scultori altrimenti noti. Per quanto, dunque, gli autori restino celati, il loro nome deve nascondersi tra quelli di Giovannino di Cecco, Paolo di Matteo e Domenico di Vanni, gli altri tre maestri  impegnati “a rischio” in quell’estate-autunno del 1356 nella serie delle “teste” e in altri elementi d’ornato per l’area orientale della cattedrale.


Maria Paola Forlani

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