sabato 29 settembre 2018

ARTE E MAGIA


Arte e magia
Il fascino dell’esoterismo
In Europa


La natura è un tempio ove colonne viventi
Confuse parole a volte van mormorando;
L’uomo va in foreste di simboli passando
Che lo guardano con occhi familiari intenti.

Come lunghi echi che da lontano si fondono
In una tenebrosa unità e immensa
Profonda come notte e come luce intensa
I profumi i colori i suoni rispondono.

Charles Baudelaire


Arte e Magia. Il fascino dell’esoterismo in Europa (promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, con il Comune di Rovigo e l’Accademia dei Concordi, a Palazzo Roverella sino al 27 gennaio, a cura di Francesco Parisi, catalogo SilvanaEditoriale) indaga i rapporti tra le correnti esoteriche in voga tra 1860 e gli anni immediatamente successivi al primo conflitto mondiale, in particolare tra il pensiero magico-irrazionalista e la sua influenza sulle arti figurative europee.
Suddivisa per suggestive sezioni tematiche, la mostra dispiega una vasta costellazione di espressioni artistiche che evidenziano quanto il pensiero esoterico abbia influenzato sia gli sviluppi del Simbolismo europeo sia, in molti casi, la nascita stessa delle avanguardie storiche.

In campo filosofico l’illuminismo aveva espunto ogni afflato trascendentale proponendo una concezione utilitaristica dell’uomo e della sua anima e un universo che si muoveva secondo leggi immutabili. Eppure fu proprio durante l’illuminismo che streghe, diavoli, maghi, spettri e altri equivoci personaggi divennero un pretesto letterario in un mutamento di prospettiva che partiva dall’interesse, mai sopito, per l’alchimia come ponte fra l’ambito scientifico e quello spirituale. La Biblioteca Lamiarum: documenti e immagini della stregoneria dal Medioevo all’età moderna, ovvero la mostra bibliografica e documentaria (Pisa, Palazzo della sapienza, Biblioteca universitaria, 24 marzo – 23 aprile 1994) fu l’occasione per conoscere un consistente nucleo di libri a soggetto stregonico e stampati dagli albori della nostra civiltà tipografica fino al 1751 (date di pubblicazione dell’Apologia del congresso notturno delle Lammie di Girolamo Tartarotti), che fornirono una sorta di esemplare iconologia per artisti e scrittori.
Maghi e streghe testimoniavano di fatto un sentimento – che si rese pienamente manifesto col romanticismo – di rivolta contro l’ordine sociale, evidenziando il parallelo contrasto tra una mentalità mascherata da progressismo e quella nuova, più retriva e codina, in cui convivevano sia una moderna tecnologia sia una élite di “maghi” o “gran maestri” dediti ad antichi rituali e blasfeme parodie della liturgia cattolica e alle messe nere descritte nel celebre romanzo Là-bas (1891) di Joris-Karl Huysmans.

Ė proprio in area francese che si svilupperà una rinascita del soprannaturale, un revival della religiosità eterodossa, un ritorno al divino e la cosiddetta “renaissance de l’occultisme”. Si trattava di una sorta di rifiuto della secolarizzazione, un nuovo ellenismo che aveva i suoi profeti in Eliphas Lévi e Joséphin Péladan, quest’ultimo fondatore dell’Ordine kabbalstique e del Salon annuel de la Rose+Croix e teorico dell’arte idealista e mistica in stretta relazione con il movimento simbolista internazionale.

Nella mostra di Palazzo Roverella, una delle protagoniste indiscusse del percorso tematico, trasversale a molte sezioni iconologiche e storiche, è indubbiamente la figura della strega, rappresentata sia come matrice del sabba sia nella sua oscura solitudine. Nelle arti figurative “fin de siécle”, tra le più celebri rappresentazioni delle riunioni di streghe, svettano le Notti di Valpurga di Albert Welti e Otto Greiner, accompagnate da una vastissima produzione grafica, specie di area germanica, da Ernest Baelach e Paul Bürck. In aerea francese alle streghe venivano associati i conigli piuttosto che i comuni animali notturni come lupi, rospi e pipistrelli; si giustifica così la presenza di questo animale nella litografia di Georges de Feure, Agli animali del diavolo in corpo (1893) che mostra una strega accanto al suo calderone magico con un coniglio sospeso a mezz’aria.
Anche il lupo veniva, per la sua natura selvaggia e predatrice, posto al fianco alle menadi notturne in volo: emblematica rappresentazione ne è Tre donne e tre lupi (1892) di Eugéne Grasset, ambientata in una inquietante foresta.

Il quinquennio di Péladan vide protagoniste nei suoi Salon (1892-1897) alcune delle figure più importanti del movimento simbolista: qui si affermarono miti decadenti imbevuti di occultismo cattolico confinante spesso con il satanismo. Péladan era rimasto fortemente affascinato dalle opere di Félicien Rops, Jean Delville e Fernand Khnopff. Per lo scrittore mago, Rops – considerato l’unico artista capace di cogliere l’essenza della spiritualità moderna nelle forme contemporanee – eseguì lo straordinario frontespizio per Le Vice Suprême (1884), mentre sia Khnopff che Delville avevano dato vita al perfetto ideale di bellezza teorizzato da Péladan: l’androgino. I Salon de la Rose+Croix coincisero, più o meno, con l’attività espositiva dei Nabis (1891-1900) che aprirono nuove strade di reinterpretazione di un’arte “religiosa”, seppure eterodossa, ponendo l’accento sull’autonomia della pittura piuttosto che su un vago programma mistico-religioso.

Con il nuovo secolo la ricerca artistica si sviluppò maggiormente all’interno del movimento modernista in un’atmosfera dominata dal grande interesse per la cosiddetta “ricerca dell’invisibile” che coinvolgeva anche la psichiatria e la nascente psicanalisi, con la sua attenzione alle sfere liminari del sogno, dell’atto mancato, e ovviamente del subconscio e dell’inconscio.

Inaspettatamente, nel XX secolo, la seconda generazione dei teosofi inglesi, con i loro scritti, riuscirono a stimolare molti artisti, spingendoli verso una “ricerca interiore” manifestata attraverso le arti. Questa fu appunto la formula che Kandinskij “seminò” nel dibattito artistico del XX secolo con il suo Lo spirituale nell’arte (1911).
Il moto Ex Oriente Lux apparve, in seguito, nel sottotitolo del volume di Ėdoard Schurè Sanctuaires d’Orient (Paris 1898).
Nel volume e nella sentenza, di cui non è possibile accertare l’origine, il concetto di Oriente veniva allargato geograficamente e indistintamente a diverse coordinate geografiche che andavano dall’Egitto all’India passando per Israele. Tutto questo universo influenzò non solo la letteratura ma, soprattutto, l’arte figurativa. La lettura di Schopehauuer, dedicata alle scienze occulte (Spiritualismus und Materialismus), Dresda 1858) fu fondamentale per molti appartenenti all’eterogeneo movimento della Lebensreform che, strettamente connesso al culto dell’Oriente, praticava una sorta di rifiuto del mondo, nel caso specifico un contra-mundus antiborghese, e voleva ridefinire la qualità della vita.
Uno dei centri di questo movimento fu la collina di Monescia ribatezzato Monte Verità, vicino ad Ascona, che attirò nel breve volgere di un decennio numerosi artisti, letterati e scrittori accomunati dall’idea di un’umanità autentica. Lo scrittore Emil Szittya nel suo Das  Kuriositaten-kabinett (1923) definì Ascona un prodotto di tutte le “fantasie religiose” della terra, espressione perfetta che bene sottolineava il significato vacuo di tutte le tendenze occulte che avevano popolato i sogni spirituali di molti artisti all’alba della modernità.


Maria Paola Forlani

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