giovedì 5 settembre 2019

DA TIZIANO A RUBENS

 Opere d’arte, testimonianza di un’epoca di fitti scambi culturali. Da Tiziano a Rubens. Capolavori dalle collezioni Fiamminghe a Venezia

Venezia presenta una mostra, ma soprattutto un grande ritorno di tre icone della pittura veneziana realizzate da Tiziano e Tintoretto, raramente concesse in prestito. Accanto ai pittori veneziani, i maestri fiamminghi sbarcano in Laguna portando negli spettacolari appartamenti del Doge a Palazzo Ducale esclusivi capolavori provenienti dai principali musei dalle Fiandre e da alcune collezioni private.
Fino al 1ºmarzo 2020 la Fondazione Musei Civici di Venezia, assieme alla città di Anversa, VisitFlanders e la Flemish Community, presenta Da Tiziano a Rubens. Capolavori da Anversa ed altre collezioni fiamminghe, una mostra curata da Ben Van Beneden, direttore della Rubenshuis di Anversa.
Ma la notizia più attesa è che, accanto ad alcune opere di Rubens, Van Dyck e Michiel Sweerts, la mostra presenta nuovamente a Venezia tre opere raramente concesse in prestito, alcune delle quali sono mostrate al pubblico per la prima volta, in occasione della mostra. Si tratta della Pala d’altare proveniente dall’ex Chiesa di San Geminiano definita dalla stampa internazionale “il Tintoretto di David Bowie”, di Jacopo Pesaro presentato a San Pietro da Papa Alessandro VI di Tiziano e del Ritratto di una Dama e sua figlia sempre di Tiziano (che si pensa ritragga l’amante del pittore e la loro figlia Emilia).
A Venezia si può ammirare anche un’opera di Michaelina Wautier, una pittrice belga dall’eccezionale talento, originaria di Mons, e della quale si conosce, ad oggi, molto poco. A differenza delle sue colleghe, infatti, questa artista si interessò ad una molteplicità di temi, dai soggetti mitologici ai ritratti, dai paesaggi alle nature morte, dalle teste infantili ai personaggi dai tratti particolarmente marcati e alle scene di vita quotidiana. In mostra risplende “Ritratto di due fanciulle come Sant’Agnese e Santa Dorotea”. Questo dipinto occupa un posto speciale nell’opera di Michaelin Wautier, per la sua atmosfera intima e i colori vividi. Vi compaiono i ritratti di due fanciulle presentate come sante, un genere noto come portaits historiés.
Far posare due ragazze  per un dipinto di due giovani martiri era perfettamente in linea col pensiero della Controriforma, che considerava la verginità il valore più alto in assoluto. L’attributo di Sant’Agnese è un agnello, metafora del suo desiderio di prendere in sposo Cristo, l’Agnello di Dio (agnus Dei); la vergine martire Dorotea, invece, è rappresentata con il suo simbolico ramo di palma e il cesto di rose e mele da lei inviato a Teofilo, un pagano che la dileggiava ma che finì per convertirsi ed essere a sua volta martirizzato. Le ragazze stanno una accanto all’altra, ma non si guardano negli occhi. Non guardano nemmeno oltre la cornice del dipinto. La loro espressione malinconica rivela la condizione di un identico destino.
Fanno parte di una storia all’interno della quale comunicano senza parole. Michaelina le mostra mentre arrossiscono, per enfatizzarne la pudicizia. Di solito la pittrice sceglieva le sue modelle tra le persone che le erano più vicine, quindi è assolutamente plausibile che queste due ragazze fossero sue parenti. Lo spazio scuro è chiuso sul fondo da una tenda dalle ampie pieghe, contro la quale le figure si stagliano splendidamente. Il rosso ha un ruolo speciale nella scena, perché enfatizza il colore del sangue e di conseguenza il martirio delle giovani sante. Una tonalità profonda del drappeggio sullo sfondo è ripresa dalla tovaglia a sinistra in primo piano. Mishaelina Wautier dimostra in quest’opera il suo valore come ritrattista, per il modo esperto e convincente con cui cattura sia la fisionomia che la psicologia delle ragazze. Allo stesso tempo, è evidente quanto il suo stile raffinato e spesso morbido contribuisca alla delicatezza della scena.
La mostra – a cura di Ben van Beneden, direttore Rubenshuis, con la direzione scientifica di Gabriella Belli presenta una grande varietà di raffinate opere d’arte, testimonianza di un’epoca di fitti scambi culturali da Venezia e le Fiandre. Tra queste La lamentazione di Cristo di Anthony van Dyck, dal Royal Museum of Arts di Anversa, un Ritratto di giovane donna di Rubens, in prestito da una collezione privata, uno Studio per testa di uomo con barba di Maerten de Vos.
Una sezione speciale è dedicata al compositore fiammingo Adran Willaert, che si stabilì definitivamente nella Serenissima per diventare Maestro di Cappella della Basilica di San Marco nel 1527. Fu  il compositore  Roeselare (Fiandra Occidentale) a fondare la Scuola di Musica Veneziana, frequentata, tra gli altri, da Giovanni Gabrielli e Claudio Monteverdi.
M.P.F.


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