sabato 28 settembre 2019

NATALIA GONCHAROVA


NATALIA

GONCHAROVA
Tra Gauguin, Matisse e Picasso


Fino al 12 gennaio 2020 Palazzo Strozzi celebra Natalia Goncharova, straordinaria figura femminile delle avanguardie di primo Novecento, attraverso una grande retrospettiva che ripercorre la sua vita controcorrente e la sua produzione artistica a confronto con opere di celebri artisti che sono stati per lei punti di riferimento come Paul Gauguin, Henri Matisse, Pablo Picasso, Umberto Boccioni.


L’esposizione – a cura di Ludovica Sebregondi, Fondazione Palazzo Strozzi, Matthew Gale, Head of Displays e Natalia Sidlina, Curator, International Art, Tate Modern – esalta la poliedricità di Natalia Goncharova, tra i principali artisti dell’avanguardia russa, attiva come pittrice, costumista, illustratrice, grafica, scenografa, decoratrice, stilista, ma anche come attrice cinematografica, ballerina e performing artist ante litteram.

Nata nel 1881 presso Tula, Natalia Goncharova trascorre l’infanzia in campagna. Nel 1892 si trasferisce a Mosca dove si iscrive, dopo aver rinunciato agli studi universitari che pure aveva cominciato, all’istituto di pittura, scultura e architettura, dedicandosi soprattutto alla scultura. Ė Michail Larinov a spingerla sul versante della pittura, intravedendo la sua propensione al colore “Hai occhi per il colore ma ti occupi della forma. Apri i tuoi occhi ai tuoi occhi ! “. Seguendo il consiglio del pittore, Natalia si avvicina all’opera su tela proponendo lavori di chiara derivazione impressionistica per passare a un genere più vicino al Simbolismo.
La vera svolta arriva nel 1908, quando l’industriale e mecenate russo Nikolai Ryabushinskij finanzia una grande mostra di arte contemporanea francese. Natalia e colleghi hanno così occasione di ammirare le proposte dei pittori post-impressionisti e dei Fauves. Negli stessi anni, grazie ad alcuni collezionisti come Morozov e Shchukin, giungono in Russia alcune tele cubiste. L’esempio di Picasso è fondamentale per lo stile della Goncharova, che riesce a mediare le nuove istanze dell’arte europea con la tradizione russa.
Il vivo ricordo dell’arte popolare delle campagne russe è evidente in opere quali Natività, in cui la pittrice sembra proporre una tradizione moderna delle icone, reinterpretate secondo le nuove leggi della rappresentazione dal vero. “Il cubismo è una buona cosa, ma non è poi così nuovo. Le streghe di pietra degli sciti, le bambole di legno dipinte vendute nelle fiere, sono anch’esse delle bambole cubiste”, ammette lei stessa.
Memore della propria infanzia trascorsa in campagna, Natalia ama ritrarre scene di vita del contado, a cui sa donare una trascendenza da immagine sacra, vicina al linguaggio delle icone popolari. Insieme a Larinov è tra i fondatori del Fante di quadri, gruppo al quale aderiscono i principali esponenti delle Avanguardie russe: Lentualov, Mashkov, Konchalovskij, Falk, Kuprin.
La prima mostra di questi artisti suscita grande scandalo nella Russia del tempo. Dopo due anni di collaborazione, la pittrice e Larinov prendono le distanze dal gruppo accusando i membri di assoggettarsi in modo critico all’arte europea. Il loro nuovo circolo artistico, detto Coda d’Asino, accoglie personaggi quali Vladimir Tatlin e Kasimir Malevi
č, destinati a giocare un ruolo importante nella scena artistica e politica della Russia della Rivoluzione.
La censura interviene su alcune tele a soggetto religioso esposte dalla pittrice alla mostra del gruppo – tra le quali i bellissimi pannelli dedicati agli Evangelisti – perché ritenute irriverenti. Inevitabile è anche il distacco da Coda d’Asino: i due artisti stanno elaborando un nuovo stile pittorico, che definiscono Raggismo.
La creatività della pittrice non ha limiti, la sua espressione è libera di cogliere suggestioni dai diversi linguaggi avanguardistici senza legarsi a uno in particolare. Questa profonda autonomia stilistica (“Fauvismo di tutte le varietà, Cubismo di tutti i sistemi e Futurismo di tutte le nazionalità”) colpisce profondamente Guilloume Apollinaire, sempre attento alle novità in arte, e impressiona il coreografo Serge Diaghhiilev a tal punto da chiedere alla pittrice di lavorare per lui. Comincia così una proficua collaborazione con il teatro, per il quale Natalia esegue alcune scenografie e studi per costumi “ Questa donna trascina tutta Mosca e tutto San Pietroburgo dietro di sé”, scriverà di lei lo stesso Diaghilev, “non si imita solo la sua opera ma la sua personalità…”

Negli anni Venti Natalia è in Francia dove partecipa attivamente alla cosiddetta “Scuola di Parigi”. Fedele alle tradizioni della madrepatria, diventa una dei principali esponenti di quei pittori dell’Est che hanno trovato a Parigi una seconda patria. In questi anni conosce e diventa amica di Matisse, Derain, Picasso, Delaunay, Léger, Cocteau e molti altri, avvicinandosi anche agli ambienti dadaisti, attraverso il poeta Tristan Tzara. Solo negli anni trenta la critica comincia a disinteressarsi del suo lavoro aggravando la crisi dell’artista, scaturita dalla morte di Diaghilev, avvenuta nel 1929. Nel 1955, a settantaquattro anni, convola a giuste nozze con il compagno di tutta una vita, Michail Larinov. Morirà sette anni dopo, il 7 ottobre del 1962.

La mostra di Palazzo Strozzi.
In una sorta di viaggio tra la campagna russa dove è cresciuta, Mosca dove si è formata, e Parigi dove ha scelto di vivere, la mostra permette di raccontare la straordinaria vivacità di un’artista originale e innovativa, vera e propria  enfant terribile dell’avanguardia.
Il percorso ospita 130 opere, in prestito da importanti collezioni e istituti internazionali: da musei russi quali la Galleria Tretyakov di Mosca e il museo Statale Russo di San Pietroburgo, e delle collezioni della Tate, della National Gallery, della Estorick Collection e del Victoria and Albert Museum di Londra, fondamentali anche i prestiti da istituzioni italiane come i milanesi Museo del Novecento e il Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco, oltre che dal Mart di Rovereto.

Tra le principali opere presenti in mostra lavori giovanili quali l’ Autoritratto con gigli gialli (1907-1908), la tela Contadini che raccolgono le mele (1911) già proprietà di Ivan Morozov, uno dei maggiori collezionisti del primo Novecento, il polittico della Mietitura (1911) e i suoi dipinti di nudi, che la portarono a processo per oscenità.
Una sezione dedicata alle opere religiose accoglie tra l’altro il monumentale polittico degli
Evangelisti (1911), che nel 1914 a San Pietroburgo sconvolse il pubblico e fu ritirato dalle autorità. In occasione della mostra fiorentina è stato restaurato il grande paravento commissionato a Natalia nel 1927 per l’Arts Club di Chicago della raffinata collezionista americana Rue Winterbotham Carpenter. La mostra presenta inoltre un confronto con importanti opere di futuristi italiani, come lo studio per La città  che sale di Boccioni e Velocità  astratta – l’auto è passata di Balla.
Il confronto tra gli studi per Dinamismo di un ciclista di Boccioni e il Ciclista di Goncharova permette di apprezzare analogie e differenze tra Futurismo italiano e russo e di ripercorrere il rapporto con Marinetti e con gli artisti frequentati a Roma tra il 1916 e ’17.


Maria Paola Forlani  

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