sabato 30 maggio 2020

UN ARTISTA CHIAMATO BANKSY


Un artista chiamato

Banksy
La forma dell’arte moderna sarà adeguata
Al contenuto di verità dell’epoca
G.W.F. Hegel


Quando si parla di strada o arte urbana ci riferiamo a quelle forme di arte che si manifestano in luoghi pubblici, spesso illegalmente, nelle tecniche più disparate: bombolette spray, adesivi artistici, arte nomografica, proiezioni video, sculture ecc. la sostanziale differenza tra l’arte di strada e i graffiti si riscontra nella tecnica non per forza vincolata all’uso di vernici spray e al soggetto non obbligatoriamente legato allo studio della lettera, mentre il punto di incontro che spesso fa omologare le due discipline rimane il luogo e alle volte alcune modalità di esecuzione, oltre all’origine mediatica della terminologia (originariamente nota come graffitismo o writing). L’arte urbana non è da confondere con i graffiti perché questi sono da considerarsi una categoria a sé stante, visualmente e concettualmente differente, facente parte alla cultura hip hop.

Palazzo dei Diamanti presenta una mostra Un artista chiamato Banksy, aperta fino al 15 agosto, a cura di Stefano Antonelli, Gianluca Marziani e Acoris Andipa, ideata e prodotta da MetaMorfosi Associazione culturale, in collaborazione con Ferrara Arte.
Originario di Bristol, nato intorno al 1974, inquadrato nei confini generici della street art, Banksy rappresenta il più grande artista globale del nuovo millennio, esemplare caso di popolarità per un autore vivente dai tempi di Andy Warhol.

A parlare, al posto dell’artista inglese che nessuno ha mai visto e di cui nessuno conosce il volto, sono le sue opere. Opere di inaudita potenza etica, evocativa e tematica. Banksy rappresenta la miglior evoluzione della Pop Art originaria, l’unico che ha connesso le radici del pop, la cultura hip hop, il graffitismo anni Ottanta e i nuovi approcci del tempo digitale.

La mostra di Palazzo dei Diamanti è un imponente evento che riunisce oltre 100 opere e oggetti originali dell’artista britannico, in un percorso espositivo che dà conto della sua intera produzione: vent’anni di attività che iniziano con i dipinti della primissima fase della sua carriera, fino agli esiti dello scorso anno con le opere provenienti da Dismaland, come la scultura Mickey Snake con Topolino inghiottito da un pitone. Ci sono poi gli steencil e, ovviamente, le serigrafie che Banksy considera vitali per diffondere i suoi messaggi.

Un quadro raccontato esaurientemente in mostra da ricche schede testuali in grado di ricostruire storie, aneddoti, provenienze e relazioni, in un percorso di approfondimento ideato affinchè il pubblico possa scoprire l’artista nelle sue molteplici angolazioni.

Tra il 2002 e il 2009 Banksy pubblica 46 edizioni stampate che vende tramite la sua casa editrice Pictures on Walls di Londra. Si tratta di serigrafie che riproducono alcune tra le sue più famose immagini, molte delle quali sono state usate nei suoi interventi all’aperto, che sono diventate “affreschi popolari”.
Oltre trenta serigrafie originali sono state selezionate dai curatori per la mostra ferrarese.
Tra queste le ormai iconiche Girl with Balloon, serigrafia su carta del 2004-05 votata nel 2017 in un sondaggio promosso da Samsung, come l’opera più amata dai britannici, e Love is in the Air, una serigrafia su carta che riproduce su fondo rosso lo stencil apparso per la prima volta nel 2003 a Gerusalemme sul muro costruito per separare israeliani e palestinesi nell’area della West Bank, che raffigura un giovane che lancia un mazzo di fiori, messaggio potente a un passo dai lanciatori di pietre del palcoscenico più caldo del Mediterraneo.
Presente con tutti i suoi rimandi all’iconografia rinascimentale reinterpretata e rielaborata secondo la tecnica del “détournement” che ne mette in crisi il significato classico, la Virgin Mary, conosciuta anche come Toxic Mary, una serigrafia su carta del 2003 che secondo alcuni rappresenta una dura critica di Banksy al ruolo della religione nella storia.

Banksy mette in discussione concetti come l’unicità, l’originalità, l’autorialità e soprattutto la verità dell’opera, tratteggiando una nuova visione sulla relazione tra opera e mercato, istituendo, di fatto, un nuovo statuto dell’opera d’arte, una nuova verità dell’arte stessa, ovvero l’opera originale non commerciabile. Banksy preferisce da sempre la diffusione orizzontale di immagini rispetto alla creazione di oggetti unici. Una lezione mutuata da Andy Warhol, con il suo approccio seriale e l’uso sistematico della serigrafia.

Fondamentali nel percorso espositivo i dipinti realizzati con spray o acrilici su diversi tipi di supporto che raramente si possono incontrare nelle esposizioni dedicate all’artista inglese.
Tra questi uno dei primissimi lavori, Lab Rat, realizzato in spray e acrilici su compensato nel 2000, è una delle tante opere “riscoperte” di Banksy. In mostra anche il CCTV Britannia, spray su acciaio forato del 2009, che trasforma la lancia della figura femminile che personifica la nazione inglese in un supporto per una telecamera a circuito chiuso, messaggio non troppo nascosto contro il controllo esercitato sugli spazi pubblici, luoghi prediletti da Banksy per il suo agire.

Banksy supera la stessa arte che finora abbiamo conosciuto. Ne riformula regole, usi costumi, ricreando una filiera che elimina gli imbuti produttivi del modello tradizionale.
Quello di Banksy è un immaginario semplice ma non elementare, con messaggi che esaminano i temi del capitalismo, della guerra, del controllo sociale e della libertà in senso esterno e dentro i paradossi del nostro tempo. Per la prima volta una mostra esamina le immagini di Banksy all’interno di un quadro semantico che ne veicoli origini, riferimenti, relazioni tra gli elementi e piani di partenza. Completano la mostra poster da collezione, le Banconote Banksy of England, alcune t-shirt rarissime e i progetti di copertine di vinili.
M.P.F.

Nessun commento:

Posta un commento