sabato 9 gennaio 2021

La Madonna del parto di Piero della Francesca

 

La Madonna del parto


Piero della Francesca

Non avrebbe apprezzato, l’imperturbabile Piero, il destino incerto, ovvero la destinazione precaria, di quello che aveva concepito come il suo affresco più semplice nel luogo più discreto. E, non volendo immaginare lo strappo – nel duplice senso di distaccato e portato via da quel luogo di devozione e pellegrinaggio che era la piccola cappella del cimitero di Monterchi -, oggi non crederebbe ai suoi occhi: quei muri male intonacati e mal restaurati ai confini della recinzione del cimitero, tutto rinfrescato e anonimo ma anche disabitato… Dentro la cappella, infatti, oggi la parete di fondo è bianca. La Madonna non c’è più. E non è il tempo, ad averla ferita o sciupata: sono gli uomini, che l’hanno portata via con il pretesto di salvarla dallo spazio angusto e inospitale della piccola cappella. È stata portata via per vederla e conservarla meglio. Così è iniziato un calvario, per quella che era stata fonte di infinita consolazione. Quale destino l’attende, e quale perversione l’ha sottratta al suo luogo naturale! Certo, ora è possibile vederla con più spazio, e fra mille premure, in una teca che sembra volerne sottolineare la potenza taumaturgica di icona.


Ma è proprio questo che Piero non vorrebbe, perché ne tradisce la natura profondamente popolare. La Madonna pensata da Piero, e disegnata su quel povero muro per sottolineare i legittimi propositi del devoto pellegrinaggio, è un’amica rassicurante: vicina, non distante; non una Santa, e neppure madre di Dio. È una donna incinta, la cui condizione è svelata da due angeli danzanti. Lei, con il suo portamento, allontana ogni sconcerto e ogni preoccupazione. Il suo ventre morbido ha bisogno che l’abito si allenti, per respirare meglio. Una mano è sul fianco, l’altra indica la dolce curva della pancia. Nella condizione di partoriente c’è maestà, non disagio né difficoltà.


La Madonna di Piero è rassicurante, regale e popolare insieme, ma quello status non deve essere distante: deve rappresentare, per la donna che attende un figlio, uno specchio della propria condizione. Questa era l’intenzione di Piero, questo interpretava. E il trasferimento dell’affresco, dunque ha rappresentato un tradimento.


L’affresco era stato concepito per la chiesa di Santa Maria in Silvis, in mezzo alla campagna, probabilmente nell’anno della morte della madre, quando Piero si recò a Monterchi per i funerali. E fu probabilmente la natura dell’invenzione, così diretta, così scoperta, così dichiarata, con il volume del corpo della regale madre, a determinare le consuetudini delle partorienti di impetrare protezione alla Madonna per i travagli del parto. Già tra il 1784 e il 1786, quell’area suburbana dominata dalla piccola chiesa fu scelta come sede del cimitero di Monterchi. In quell’occasione, la chiesa fu demolita per due terzi e convertita in cappella funebre.


L’affresco beneaugurante fu tagliato a masello e spostato in una nicchia sull’altar maggiore della superstite e rinnovata cappella. Negli anni successivi fu dimenticato, e, un secolo dopo, un erudito curioso e fortunato, Vincenzo Funghini, lo scoprì come purissimo capolavoro di Piero della Francesca. Ma fu un terremoto, quello del 26 aprile 1917, a determinare lo spostamento dell’opera, prima in un deposito della frazione di Le Ville, poi nel museo civico di Sansepolcro, dove rimase fino al 1922. In quell’’anno, il destino la riportò nella originaria cappella.

Nel 1956, altre trasformazioni della chiesetta costrinsero allo spostamento dell’affresco, divenuto mobile. Da allora, per la Madonna del parto è iniziato il calvario degli spostamenti eventuali, ritenendosi provvisorio quello nell’ex scuola media di via Reglia. Il dibattito su altre destinazioni stringe il cuore, perché sembra segnare una vita diminuita dell’opera in coincidenza del cimitero. Pietosamente, negli scontri fra sovrintendenza, comune e diocesi, l’architetto Paolo Zermani ha concepito una sobria cappella per contenere quella che è ormai diventata reliquia di devozione e di arte. Piero forse apprezzerebbe lo sforzo di Zermani, ma non potrebbe che essere sconcertato del destino che ha travolto la sua idea assoluta di madre, in ricordo della madre perduta. E ora, impensabilmente, dispersa.


La sua Madonna, letteralmente, appare: si esibisce su un palcoscenico il cui sipario è sollevato da due angeli gemelli, con gli abiti dai colori alternati. Anziché frontale, la figura è orientata in una lieve diagonale, proprio per dare maggiore evidenza alla propria condizione, al volume del corpo. L’espressione del volto è imperturbabile e riservata: mentre gli angeli ci guardano con gli occhi sbarrati, la Vergine li orienta verso il basso con il movimento delle palpebre. Il corpo è prorompente, lo sguardo ritroso, nella sua condizione, la madre di Cristo non può incrociare lo sguardo con nessuno, non può dialogare. Deve riflettere sul proprio stato: specialissimo in quanto madre di Dio, ordinario e naturale in quanto madre.


Piero non conosce né poteva immaginare il destino della sua opera più sensibile e più personale, costretta a una precarietà che ne contraddice lo spirito e la finalità.


Ma più tardi un suo innamorato lo ha vendicato: Tonino Guerra ispirando Valerio Zurlini nel film La prima notte di quiete immagina una lezione del protagonista, un professore, all’allieva di cui è innamorato, condotta davanti all’affresco di Piero della Francesca. La suggestione, così come l’intenzione poetica e amorosa, sono insuperabili. Ma chi osserva il film con attenzione si accorge che il problema della sede è risolto prima che sia posta nell’attuale confusione. L’affresco, infatti, non è né nella cappella superstite e mortificata del cimitero né nella scuola che ancora oggi, in una resistente provvisorietà, lo ospita. Lo vediamo piuttosto in una bellissima chiesa protorinascimentale, non grande ma con tre navate separate da colonne, su una parete che sembra concepita per aspettarlo. La Madonna di Piero è lì – naturalmente e convenientemente apparsa.


Il poeta Tonino Guerra non ebbe il cuore di mandare i due innamorati nella intristita cappella del cimitero, e pensò uno spazio nuovo, ma perfettamente adeguato e potentemente evocativo.

Così fece preparare una riproduzione perfetta dell’affresco collocandolo in una remota, piccola chiesa di Pinnabilli, dove ancora, in effige, la Madonna del parto è visibile.

Nell’illusione del film, quel luogo fittizio è il luogo naturale, e la finzione cinematografica lo fa diventare tale.


Se esiste un aldilà, e da lì Piero vede le cose del mondo, il suo disappunto si sarà trasformato in compiacimento e soddisfazione per la soluzione trovata nel mondo delle idee rispetto all’inadeguatezza della realtà. D’’altra parte, nell’universo dell’arte anche la Madonna del parto più che alla realtà cui si ispira appartiene al mondo delle idee.


M.P.F.

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