domenica 25 ottobre 2015

Balthus

BALTHUS




Le Scuderie del Quirinale  e Villa Medici hanno aperto fino al 31 gennaio 2016 la mostra Balthus, una grande retrospettiva organizzata a quindici anni dalla morte del pittore e dell’ultima esposizione che gli è stata dedicata in Italia. La mostra sarà in seguito al Kunstforum di Vienna dal 17 febbraio al 19 giugno 2016, prima monografica dell’artista in Austria. Curata da Cécile Debray, conservatrice al Museo nazionale d’arte moderna Centre Pompidou, con la collaborazione di Matteo Lafranconi per la sezione alle Scuderie del Quirinale a Roma e Everlyn Benesch per Vienna, la mostra riunisce più di duecento opere: quadri provenienti da importanti musei e da collezioni private prestigiose, ma anche un’ampia selezione di disegni e fotografie.

Balthazar Klossowski de Rola detto prima Baltusz, poi Baltus, infine a partire dal 1925, Balthus. La sua famiglia è di origine polacca. Lui nasce a Parigi nel 1908, il padre è lo scrittore e pittore Eric Klossowski, la madre Paladine – suo vero nome Elisabeth Dorothea Spiro – è un’artista.
Poiché nasce il 29 del mese di febbraio, compie gli anni ogni quattro anni. Infatti alla festa per i 21 anni della figlia Harumi nel salone del suo “Grand Chalet” a Rossinière, cantone del Vaud sopra Montreaux,

compaiono delle insegne che dicono che la figlia e il padre celebrano l’anniversario dei loro 21 anni. Poi Balthus ha deciso di non compiere gli anni, non si è festeggiato, e desidera non farlo mai più. Muore il 18 febbraio del 2001 a novantatrè anni.
L’esposizione romana ripercorre la carriera di Balthus proponendo nuovi spunti di riflessione sul lavoro di uno dei più originali artisti del Novecento. Balthus è profondamente legato all’Italia. Il suo primo viaggio nel nostro paese, nel 1926, rappresenta uno spartiacque per la sua vocazione artistica. Folgorato dalla scoperta dei maestri del Rinascimento toscano, in particolare di Piero della Francesca, Balthus ne eredita la chiarezza formale, la capacità narrativa, il senso della composizione.
È proprio da questa tradizione – integrata dalla conoscenza dei movimenti italiani del Rinascimento magico e della Metafisica, oltre che dalla Nuova Oggettività tedesca – che trae origine quell’atmosfera sospesa ed enigmatica che è caratteristica distintiva delle sue opere, in particolare dei capolavori degli anni Trenta. Il legame con l’Italia si rafforza a partire dal 1961, quando viene nominato direttore dell’Accademia di Francia a Roma a Villa Medici fino al 1977, e qui sviluppa una nuova pratica del disegno e della pittura, traendo ispirazione dalle tecniche del passato per reinventare la propria. In questo periodo intraprende degli importanti lavori di restauro di Villa Medici, che ancora oggi caratterizzano gli spazi interni del palazzo e i giardini.
Alle Scuderie del Quirinale la mostra presenta circa centocinquanta opere, riunendo capolavori appartenenti a tutte le fasi della carriera di Balthus, in un percorso cronologico che si sviluppa attorno ad alcuni temi centrali: l’eredità rinascimentale, l’infanzia, l’influenza di opere

letterarie come Cime tempestose di Emily Bronte e Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie di Lewis Carroll; l’importa degli scambi con Antonin Artaud, Andrè Derain, Alberto Giacometti e con suo fratello Perre Klossowski. Sono esposte opere chiave, come La tolette de Cathy (1933), Le Roi des chats (1935), Les enfants Blancchard (1937), La Phaléne (1959), Les Joueurs de carts (1968-75), Le Peintre et son modale (1968-73), La Patience (1946-48).



A proposito de La Patience (Il Solitario), tra le opere più affascinanti ed enigmatiche esposte in mostra.
Balthus trascorre gli anni della seconda Guerra Mondiale in Svizzera, tra Friburgo e Ginevra. Proprio a Friburgo gli vengono commissionati numerosi dipinti e, nel 1943, Georges Moos invita il pittore a esporre nella propria galleria di Ginevra. Tra le opere eseguite in quegli anni, il quadro più apprezzato è La Patience (Il Solitario).
Nel dipinto, modificato tra il 1946 e il 1948, il pittore affronta per la prima volta il soggetto del gioco delle carte. Si tratta di un solitario giocato da una fanciulla. Questa è ritratta con un ginocchio appoggiato a uno sgabello foderato di velluto, il corpo proteso in avanti e lo sguardo pensoso rivolto alle carte da gioco. La stanza è illuminata da un raggio di luce che penetra da una finestra alle spalle della ragazza. La luce fredda ne lambisce i contorni marcati, mentre il volto in penombra annuncia significati misteriosi. Il quadro, dipinto durante il soggiorno svizzero del 1943, è permeato da un’atmosfera metafisica; gli oggetti presenti nella stanza, arredata da preziosi tappeti e da una pesante tenda, assumono una valenza drammatica. La candela spenta, le carte sul tavolo, simili a tarocchi, sembrano annunciare l’avvenire. In una recensione della mostra alla Gallerie Moos il poeta Pierre Jean Gouve si sofferma sul quadro: “La Patience produce la chiarezza, la vittoria, o almeno la promessa della vittoria su un dolore presente; il profondo enigma del quadro diventa a poco a poco l’espressione chiara della nostra attesa, corrisponde segretamente e chiaramente al cammino della speranza, come la fanciulla diventa poco a poco la patria dolente della fanciulla”.



A Villa Medici l’esposizione si localizza invece sul processo di lavoro dell’artista durante il periodo romano e negli anni successivi. Attraverso più di cinquanta opere tra dipinti, disegni e fotografie, i visitatori hanno l’opportunità di scoprire gli aspetti meno noti dell’universo creativo di Balthus, nella cornice unica di Villa Medici che per diciassette anni è stata il suo laboratorio artistico.
La mostra propone diversi capolavori tra cui La Chambre tourque (1963-66), eccezionalmente prestato dal Centre Pompidou ed esposto poco lontano dalla stanza che raffigura, Japonaise à la table rouge (1967-76) e Nu de profile (1973-77). Questi celebri dipinti sono accompagnati da una selezione di schizzi, fotografie e disegni preparatori che permette di ripercorrere le diverse fasi di lavoro.



Il percorso non si limita alle sale d’esposizione ma include alcuni dei luoghi più emblematici di Villa Medici, reinventati da Balthus
attraverso un metodo inedito di applicazioni del colore. Inoltre la camera turca, raffigurata nell’omonimo quadro, è per la prima volta accessibile al pubblico.


Maria Paola Forlani



Nessun commento:

Posta un commento