lunedì 1 giugno 2020

Giovanna Garzoni


“La grandezza dell’universo”

Nell’arte di Giovanna Garzoni

A Firenze si è aperta nella sede di Palazzo Pitti, fino al 28 giugno 2020 la mostra “La grandezza dell’universo” nell’arte di Giovanna Garzoni, a cura di Sheila Barker (catalogo Sillabe).

Con fervida curiosità, insaziabile spirito di osservazione e profitto dalle esperienze accumulate nei lunghi viaggi, Giovanna Garzoni seppe instillare nella sua arte l’immagine palpitante di un universo vasto, complesso e florido di interconnessioni. La sua vita iniziò ad Ascoli Piceno ma l’infanzia trascorse nella Venezia affollata di navi e merci provenienti da ogni angolo del globo. L’idea di viaggiare all’estero era implicita nelle aspirazioni professionali dell’esordio: guadagnarsi l’accesso alla grandi corti d’Europa.

Si tratta di una donna che spesso si trovò a lavorare e dipingere con e per altre donne, e questi episodi di sororità contribuirono in parte – ma sempre positivamente – alle sue scelte e agli esiti del suo lavoro. Indipendentemente da questo la Garzoni riuscì da sola, con le proprie forze e il proprio impegno, tramite un’accorta politica di autopromozione e un’intelligente flessibilità nel muoversi tra le corti italiane ed europee del tempo, a farsi valere e a creare, anche nel nascente genere della natura morta, un linguaggio originale e profondamente poetico.
Iniziò giovanissima con la calligrafia, nel suo caso nobile figlia del disegno: il galeone riprodotto con un unico tratto di penna nel suo Libro de’ caratteri cancellereschi corsivi, copiato da un manuale di Jan van de Velde il Vecchio, pubblicato a Rotterdam nel 1605, offre subito una prima certezza non solo sulla sicurezza di mano della giovane Garzoni (aveva circa vent’anni), ma anche sullo spettro ampio e internazionale della sua formazione.
I viaggi, iniziati assai precocemente – il primo la vede a Firenze, forse ancora diciottenne, alla corte di Maria Maddalena d’Austria – non furono una mera occasione di impegno, ma anche un’opportunità per approfondire le conoscenze scientifiche necessarie alla sua specifica produzione e per interesse relazioni e amicizie (come quella, fondamentale, con l’erudito Cassiano Dal Pozzo, suo fedele e costante estimatore) che l’accompagnarono nel corso della sua esistenza.

Per giunta, nella città dove Galileo Galilei portava a perfezionamento gli strumenti ottici e le lenti dei suoi microscopi e telescopi, Giovanna Garzoni aveva a disposizione la tecnologia più avanzata per osservare il microcosmo e per tradurre in pittura le sue minute osservazioni del reale.
Le date ci suggeriscono inoltre un più che possibile incontro fiorentino con Artemisia Gentileschi (che lasciò Firenze nel 1620) e, certamente, con la pittrice Arcangiola Paladini che operava stabilmente alla corta di Maria Maddalena: due diversi esempi di donne emancipate e in carriera che non mancarono di ispirare la giovane marchigiana, sul piano sia umano che professionale. L’impetuosa e passionale Artemisia sembra, per paradosso, un riferimento costante per la Garzoni, il cui matrimonio forzato con il pittore veneziano Tiberi Tinelli non durò nemmeno due anni e fu sciolto – sembra – per il voto di castità della sposa.
A guardare gli eventi successivi della sua biografia, viene da pensare che si sia trattato invece di un altro tipo di voto, ossia quello della libertà di seguire la propria vocazione artistica senza doversi piegare alle incombenze della vita domestica riservata alle mogli e madri: una scelta anticonvenzionale per quel tempo, che insieme alle opere rimaste ci parla di un temperamento innamorato del lavoro e dello studio.
La Garzoni arrivò a Torino nel 1632 grazie ai contatti con il suo mentore Cassiano Dal Pozzo, torinese di nascita, e vi rimase fino al 1637 al servizio di Cristina di Borbone, moglie di Vittorio Amedeo I di Savoia, chiamata “Madama Reale” perché sorella del re Luigi XIII di Francia. Questa donna potente offrì all’artista non solo la tranquillità operativa di un impegno sicuro, ma anche un’apertura verso l’Europa, verso stimoli e committenze d’Oltralpe, verso la Francia dove poteva godere della rete di contatti istituita dalla diplomazia sabauda.


L’instancabile itinerario dell’artista, le cui tappe coincidono in gran parte con quelle della Gentileschi, include oltre a Firenze anche Venezia, Roma e Napoli, e perfino l’Inghilterra. Viaggi e protezioni altolocate offrirono certamente alla Garzoni l’opportunità di avvicinare modelli non ovvi, forse preziosi manoscritti miniati, o rarità da Wunderkammer, reperti naturali prima ignoti.

Potè così ampliare per presa diretta il suo repertorio artistico, stimolando nel contempo quella curiosità che la spinse, nelle sue composizioni di natura morta, a contaminare fiori e porcellane cinesi, frutti e insetti, lucenti vasi di vetro e conchiglie esotiche, cagnolini e savoiardi sbocconcellati.

Non possiamo fare a meno di notare, alla fine, come nell’universo di Giovanna Garzoni tutto si componga secondo un disegno lucido che tende all’immortalità, fino alla mossa geniale delle sue disposizioni testamentarie, che le garantirono un monumento funebre nella chiesa dell’Accademia di San Luca
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M.P.F.


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