giovedì 16 maggio 2019

ottocento---L'Arte dell'Italia tra Hayez e Segantini




Questa mostra “L’Ottocento dell’Italia tra Hayez e Segantini” si ricollega sotto un nuovo punto di vista la storia dell’arte italiana tra Ottocento e Novecento, con altre rassegne realizzate nei Musei San Domenico, in particolare quelle dedicate nel 2007 a “Silvestro Lega”. “I Macchiaioli e il Quattrocento”, nel 2013 al “Novecento arte e vita in Italia tra le due guerre”, nel 2014 al “Liberty.
Uno stile per l’Italia moderna” e nel 2015 a “Boldini. Lo spettacolo della modernità”, altrettanto dunque approfondite e originali ricognizioni monografiche alla esplorazione dei movimenti che hanno caratterizzato l’avvincente confronto tra la tradizione e la modernità, il dialogo tra il passato e il presente, individuati come una caratteristica specifica della cultura figurativa del nostro paese. Questo assunto vale in particolare per il mezzo secolo preso in considerazione da questa mostra che va dall’Unità alla Grande Guerra, l’evento con cui – a ridosso anche della rivoluzione futurista – poteva considerarsi definitivamente concluso l’Ottocento. Quindi sono stati oggetto di un’indagine mai tentata prima gli anni esaltanti e tormentati che hanno visto gli intellettuali e gli artisti impegnati sul fronte comune di promuovere una nuova coscienza unitaria, un’identità nazionale che rispecchiassero l’avvenuta unificazione politica del paese.


Come la letteratura, dominata dalle personalità di Carducci, Pascoli e D’Annunzio individuati quali i grandi interpreti dell’orgoglio e delle aspirazioni nazionali, e la musica, che con Verdi, Puccini e Mascagni ha saputo esprimere le grandi passioni proiettate nella storia come nella contemporaneità, anche le arti figurative, e in particolare la pittura la cui presenza è dominante anche se in un incalzante dialogo con la scultura, sono state un formidabile strumento di aggregazione. Hanno esplorato infatti nuovi territori tra la mitizzazione della storia, la memoria delle recenti lotte risorgimentali, viste come una grandiosa epopea popolare, e la dolorosa
testimonianza del presente caratterizzato da forti tensioni sociali.

Per capire le attese, le speranze, le delusioni di un paese che, ancora profondamente diviso antropologicamente, economicamente, socialmente e culturalmente, faticava a stare unito, la mostra propone un confronto, mai realizzato prima, tra le esperienze dei movimenti più sperimentali che, come i Macchiaioli e i Divisionisti, si sono espressi come un’alternativa alla cultura figurativa dominante, e la cosiddetta arte “ufficiale”. Se la consideriamo senza i soliti pregiudizi è stata, nel bene e nel male non solo un formidabile strumento celebrativo e di propaganda, ma anche e soprattutto il mezzo più efficace e popolare – diremmo “nazional popolare” – per fare conoscere agli italiani i percorsi appassionati e contradditori di una storia antica e recente caratterizzata da aspirazioni e slanci comuni, ma anche da drammatiche tensioni e divisioni.


Attraverso una selezione di opere diventate iconiche, soprattutto quelle presentate premiate, acquistate dallo Stato e dagli enti pubblici, ma anche oggetto di dibattito e di scandalo, alle grandi Esposizioni Nazionali, da quella di Firenze del 1861 a quelle di Roma, Torino e Firenze (le tre città che erano state capitali) hanno celebrato il conquantenario dell’Unità, le dieci sezioni della mostra ricostruiscono i percorsi dei diversi generi, da quello storico alla rappresentazione della vita moderna, dall’arte di denuncia sociale al ritratto, al paesaggio. In un percorso coinvolgente, anche per la particolarità e la qualità dell’allestimento, la scena muta continuamente riservando al visitatore non poche sorprese, nell’incontro inatteso e ravvicinato con un Ottocento mai visto.
Dai capolavori dell’ultimo dei Romantici, il vecchio e glorioso Hayez, interprete degli slanci della giovinezza, di una bellezza senza tempo e delle passioni del Medioevo, si passa alla potenza visionaria del teatrale “Otello” di Molmenti, del finalmente visibile Cesare Borgia a Capua” di Previati, un immenso dipinto leggendario come le epiche battaglie risorgimentali evocate dai lombardi Induno e Faruffini e dal meridionale Cammarano, presente con un quadro entrato nell’immaginario degli italiani come la strepitosa e travolgente “Breccia di Porta Pia”. L’epica  dei “vinti”, resa universale dal Signorini dell’ “Alzaia” e dalla dolorosa attualità degli “Emigranti” di Tommasi, appare placarsi nella dolcezza di un quadro mitico e amatissimo come le “Due madri” e nei solenni paesaggi alpini, come quello monumentale di “Alla stanga”, che fanno di Segantini, celebrato da D’Annunzio come una sorta di pittore vate, il genio che nei suoi occhi “umili e degni” è riuscito a rendere l’ “infinita bellezza” della natura. Quella natura che ci rivela il suo mistero in quello struggente capolavoro finale, misterioso come certi versi del Pascoli simbolista, che è “Lo specchio della vita” di Pelizza di Volpedo.


Maria Paola Forlani



OTTOCENTO

L’Arte dell’Italia tra Hyez e Segantini

Musei San Domenico

Aperta fino al 16 giugno 2019

A cura di Fernardo Mazzotta, Francesco Leone




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