lunedì 26 marzo 2018

Impressionismo e Avanguardia


Una storia di grande Collezionismo Americano

Impressionismo e Avanguardie
Capolavori dal Philadelphia Museum of Art


Il collezionismo, si sa, cambia spesso il destino di un museo, una rete sociale, che diventa bene collettivo, inesorabilmente. In Italia questo lo si sa bene, in modo particolare a Milano che proprio quest’anno in un sottile filo logico – e cronologico – unisce idealmente due grandi musei che dal collezionismo sono partiti: il Philadelphia Museum negli Stati Uniti e la Pinacoteca Ambrosiana di Milano, che fu istituita nell’aprile del 1618, di cui quest’anno ricorre l’anniversario, quando il Cardinale Federico Borromeo donò la sua collezione di dipinti, statue e disegni alla biblioteca Ambrosiana, che aveva fondato nel 1607.

Grazie proprio a questo sottile filo di congiunzione con una precisa idea del collezionismo e dei collezionisti è visibile a Milano nella sede di Palazzo Reale, la bella mostra “Una storia di grande collezionismo americano. Impressionismo e Avanguardie. Capolavori dal Philadelphia Museum of Art”, realizzata dal Comune di Milano e Mondo Mostre Skira a cura del Philadelphia Museum of Art Curatorial Department.

Gli americani in generale, gli abitanti di Filadelfia in particolare, furono tra i primi avidi collezionisti di opere impressioniste, soprattutto per merito di Mary Cassatt, l’artista originaria della Pennsylvania che incoraggiò una generazione di influenti imprenditori ad acquistare i lavori dei pittori francesi più innovativi. Intraprendenti uomini d’affari americani furono disposti a puntare su giovani artisti che in Francia non avevano ancora ricevuto grandi consensi, e possedere una collezione di pittura moderna divenne ben presto segno di mondanità e gusto progressista. Senza dubbio la dimensione intima e il fascino di questi dipinti li rendevano perfetti per abbellire le nuove eleganti residenze degli industriali della Gilded Age. Come la Cassatt previde giustamente, lo spirito civico e la generosità dei collezionisti americani fecero si che molti primissimi dipinti impressionisti giunti a Filadelfia confluissero poi nel giovane Philadelphia Museum of Art, sotto forma di acquisizioni.

Stimolato dall’entusiasmo dei collezionisti di Filadelfia, nel marzo 1886 Paul Durand-Ruel, il celebre mercante d’arte, inviò oltre duecento opere impressioniste a New York per una mostra che si sarebbe tenuta all’American Art Association e alla National Accademy of Desing. Per la prima volta gli americani ebbero la possibilità di vedere un gran numero di dipinti impressionisti, e l’esposizione suscitò notevole interesse.
I primi dipinti impressionisti entrarono nella collezione del Philadelphia Museum of Art nel 1921, quando il W.P. Wilstach Fund consentì di acquistare dieci opere degli eredi di Alexander Cassatt.  Nel 1906 la collezione Wilstach si era arricchita di un dipinto giovanile di Mary Cassatt, Sul balcone – il primo dei suoi lavori a trovare posto in un museo pubblico americano.

Gli americani continuarono a coltivare l’interesse per la pittura d’avanguardia francese, appassionandosi alla produzione di Paul Cézanne, Paul Gaugin e Vincent van Gogh, artisti noti per i loro colori audaci e per i soggetti più astratti o simbolici. Grazie ai collezionisti della regione, oggi Filadelfia accoglie quasi novanta lavori di Cézanne. Tra i collezionisti che contribuirono a rendere il museo una meta imperdibile per gli appassionati dell’impressionismo negli Stati Uniti figura Samuel Stockton White III, membro di una famiglia di Filadelfia che produceva attrezzature e forniture per dentisti. Da giovane White fu culturista pluripremiato e, durante un soggiorno a Parigi nel 1901, fece da modello ad Auguste Rodin per una scultura che ricorda il famoso Pensatore di vent’anni prima. Rientrato a Filadelfia, White cominciò ad acquistare dipinti impressionisti e della scuola di Parigi, che la moglie Vera lasciò al museo nel 1967.

Allo stesso modo, molte eccezionali donazioni si dovettero alla generosità di Henry P. Mcllhenny e della sorella Berenice Mcllhenny Wintersteen, figli di un membro del consiglio d’amministrazione del museo. Seguendo le lezioni del leggendario storico dell’arte Paul Sachs all’Università di Harvard, Henry Mcllhenny imparò a valutare le opere d’arte. I dipinti di Eugéne Delacroix, Degas, Renoir, Matisse e Picasso che Henry e la sorella acquistarono e poi donarono al museo costituiscono l’ossatura di una straordinaria collezione d’arte moderna destinata a crescere senza sosta per tutto il XX secolo.

La donazione che diede formalmente il via alla collezione d’arte moderna del museo fu quella di Albert Eugene Gallatin. Nel 1927, spronato dall’indifferenza delle istituzioni verso l’arte dell’epoca, Galatin creò la prima collezione pubblica d’arte moderna del XX secolo negli Stati Uniti, anticipando di due anni la fondazione del Museum of Modern Art di New York. La sua Gallery of Living Art – poi ribattezzata Museum of Living Art – aveva sede all’Università di New York. Il Museum of Living Art prosperò in Washington Square fino al dicembre del 1942, quando l’Università di New York informò improvvisamente Gallatin che non intendeva più ospitare la collezione nei suoi locali. Venuto a conoscenza della notizia, Fiske Kimball, l’intraprendente direttore del Phiadelphia Museum of Art, chiese a Gallatin se avrebbe preso in considerazione Filadelfia come sede permanente della collezione. Alla fine di gennaio del 1943 i due avevano ormai firmato un accordo per il prestito immediato e il successivo lascito di oltre centosessanta opere.


Alla donazione di Gallatin fece seguito quella di Louise e Walter Arensberg, la cui raccolta costituisce l’altra pietra miliare dell’arte del Novecento a Filadefia.
Dopo essersi trasferiti dal Massachusette a New York, con l’aiuto di alcuni amici artisti e mercanti d’arte iniziarono subito a raccogliere la loro collezione e ben presto conobbero Duschamp, appena arrivato da Parigi e già famoso negli ambienti newyorkesi per il Nudo che scende le scale n.2, il succés de scandale dell’Armony Show, la Sposa messa a nudo dai suoi scapoli, ed anche (il Grande vetro verde).

Walter e Louise si affidarono alle sue conoscenze e competenze per l’acquisto delle opere d’arte, e il loro appartamento non tardò a riempirsi di dipinti, collage e disegni di Picasso, Matisse, George Braque e dello stesso Duchamp, oltre che di artisti più giovani legati al movimento dadaista newyorkese. L’entusiasmo degli Arensberg non si limitò alle culture occidentale; con l’aiuto del mercante d’arte Marius de Zayas formarono infatti una superba collezione di oggetti africani e precolombiani.



Alla fine degli anni quaranta, quando gli Arensberg cominciarono a domandarsi quale sede definitiva scegliere per la loro collezione. I musei di tutti gli Stati Uniti cercarono di aggiudicarsi le loro prestigiose opere, ma Fiske Kimball fece presente agli Arensberg che l’ala nordorientale del Phiadelphia Museum of Art, ancora incompiuta, avrebbe potuto offrire spazio sia alla loro collezione d’arte moderna sia ai loro oggetti precolombiani. E così fu.



La collezione di pittura moderna del museo fu arricchita dalla donazione, nel 1964, della collezione Luis E. Stern, che contava più di trecento opere
Oggi la continuità tra passato e presente è palese nell’ala moderna e contemporanea del museo, che si fregia delle nuove produzioni di giovani creatori, proseguendo così la tradizionale vocazione del museo a raccogliere opere innovative concepite da artisti viventi.


Maria Paola Forlani


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