giovedì 29 marzo 2018



VITE VISSUTE O VITE ABBATTUTE? 

Desideri e sconfitte nell’ultimo romanzo di Teresa Amendolagine,


GIAN LUIGI ZUCCHINI  -  La vita che scorre, con gli intralci e le traversie consuete, piccole gioie, malinconie, dolori repressi e poi superati dall’urgenza delle cose, vizi e virtù.  In sintesi, questo è lo scheletro, l’architettura semplificata al massimo dell’ultimo romanzo di Teresa Amendolagine, la scrittrice romana di cui già altre volte, su questa rivista e altrove, abbiamo presentato i suoi lavori, dal primo consistente romanzo ‘La treccia del latte’, vincitore anche di qualche premio prestigioso, che insieme a due altri ha costituito poi un pregiato cofanetto di tre volumi, intitolato “Trilogia della donna qualsiasi del ‘900”, fino al penultimo volume autobiografico “La santità non si eredità”, oltre ad altri lavori di ‘moralità’ e di costume, come ‘Il galateo dei separati’ e ‘Il galateo degli anni d’argento’.
In questo ultimo lavoro Teresa racconta la vita di due gemelli, maschio e femmina, attraverso gli intrecci di una storia quotidiana collocata negli ultimi decenni del Novecento, fino quasi all’oggi quando, nel descrivere i luoghi in cui si svolgono le vicende, si respira l’aria di una Roma densa di umori, di gioventù, di fervore per il futuro, ma anche di una stanchezza che potremmo definire ‘storica’: cioè il lasciarsi andare nel flusso del tempo, essere in questa storia, oggi, senza avere la volontà di realizzare il domani, pur desiderandolo. La narrazione procede così, pagina dopo pagina, in un lento scorrere di avvenimenti senza apparente importanza, un lungo racconto ‘minimalista’ in cui la scrittura, piana e senza esasperazioni espressive o emotive, non fa altro che descrivere le situazioni di vita dei due gemelli, della madre, degli amici, con amori giovanili, rotture, nuove amicizie, delusioni, speranza. In conclusione, la vita, che la scrittrice delinea riandando per interposta persona momenti ed episodi della propria vita, comuni tuttavia a molti. La propria giovinezza, vissuta spesso tra dinieghi, ribellioni e speranze, la maternità, le idee e i desideri per il futuro dei figli, le inevitabili delusioni: e poi osservare, attraverso la vita degli stessi figli, i conflitti tra generazioni e, in particolare, le incomprensioni, gli scontri o i difficili incontri tra uomo e donna, dove la donna, acquisendo via via consapevolezza della propria autonomia, assume anche una propria libertà di giudizio, con - frequentemente - la conseguente solitudine o, in alternativa, la consueta sottomissione ad una volontà generale, ad un costume, si potrebbe anche dire ad un modo di essere: quello maschile e quello femminile, destinati comunque all’incontro ma attraverso un cammino arduo e difficile, oppure al fallimento. Nella malinconia della conclusione, vediamo in questo romanzo un lucido spaccato della realtà attuale, quando i due protagonisti si lasciano vivere, aspettando che avvenga qualcosa di diverso che forse non avverrà. La visione parrebbe spietatamente drammatica, ma – condotta attraverso una scrittura molto scorrevole e per nulla enfatica – approda ad un realismo ‘borghese’, una specie di ‘Come le foglie’ di Giuseppe Giacosa collocata però nei primi anni Duemila. E in realtà, siamo davvero qui, in politica, in religione, nella storia, in un’epoca di mutazioni epocali di cui non si avvertono, se non per qualche turbamento personale, gli sconvolgimenti già qua e là in atto e che muteranno di certo il mondo in un futuro non più tanto lontano.

Teresa Amendolagine, Gemello maschio – abitudini debolezze divertimenti, Gangemi editore international, Roma, 2017, pp. 95, € 18.  



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