lunedì 7 ottobre 2019

GIULIO ROMANO - Arte e Desiderio


Giulio Romano
Arte e desiderio

“Con il palazzo del Te, la sfarzosa dimora di Federico Gonzaga costruita tra il 1526 e il 1534 al posto di una scuderia, Giulio Romano ha creato per sé e per il suo tempo un monumento veramente singolare.
 Pressochè esente da quelle limitazioni di carattere pratico e tecnico, che solitamente pongono ostacolo all’arte dell’architetto, ricco dei mezzi economici che la brillante corte di Mantova gli elargiva, maestro indiscusso di una scuola di collaboratori, l’allievo prediletto nonché l’erede di Raffaello, seppe qui dar forma a un’opera che vale come immagine ideale delle tendenze e delle aspirazioni del tempo.
Ernest Gombrich (L’opera di Giulio Romano, Palazzo Te)



Palazzo Te torna a celebrare a distanza di trent’anni dalla grande monografia del 1989, il genio di Giulio Romano con la mostra Giulio Romano: Arte e desiderio, aperta fino al 6 gennaio 2020.
L’esposizione, a cura di Barbara Furlotti, Guido Rebecchini e Linda Wolk-Simon, è parte integrante del programma di mostre ed eventi Giulio Romano e Palazzo Te (fino al giugno 2020).
La mostra indaga la relazione tra immagini erotiche del mondo classico e invenzioni figurative prodotte nella prima metà del Cinquecento in Italia.

Concentrandosi sulla produzione di Giulio Romano, il percorso espositivo evidenzia la capillare diffusione di un vasto repertorio di immagini erotiche nella cultura artistica cinquecentesca e svela le influenze esistenti tra cultura alta e cultura bassa nella produzione di tali immagini.
I preziosi oggetti esposti provenienti da venti istituzioni italiane e straniere, tra cui il Metropolitan Museum il Rijksmuseum di Amsterdam, la Galleria di San Pietroburgo, il Musée du Louvre di Parigi, il British Museum di Londra, la Galleria Borghese di Roma,  la Galleria degli Uffizi e il Museo del Bargello di Firenze – sottolineano il carattere giocoso, inventivo e a tratti sovversivo di queste invenzioni artistiche e dimostrano la flessibilità del soggetto erotico, utilizzato in opere che spaziano dai disegni ai dipinti, dalle sculture alle incisioni, dalle maioliche agli arazzi.

<<Palazzo Te è un luogo di segreti e di utopie. Un fiume di suggerimenti visivi e narrativi, nel quale si mescolano Vitruvio e Ovidio, l’arte di costruire e l’arte di amare, in una sequenza che racconta metamorfosi profonde trasformazioni culturali e clamorose catarsi. Edificio tra il 1525 e il 1535 nel dialogo tra Federico II Gonzaga e Giulio Romano, il palazzo partecipa all’avventura diplomatica del marchese e poi duca che lega la città di Mantova a doppio filo alle vicende di un impero che si apre ad una fase di grande splendore, ma nello stesso tempo già si confronta con le sfide che lo condurranno in poco più di vent’anni ad una profonda crisi. Il mondo cambia, la civiltà del Rinascimento italiano tiene ancora Venezia e Genova, ma l’ecumene cristiano si spacca, l’Europa si insanguina di un secolo di guerre terribili da cui emergerà una nuova politica, secolare, e un nuovo senso della potenza.

Il palazzo racconta di questo, dell’inizio di tutto questo, segnando con tratti ironici l’irrompere di un terremoto che con la necessità di ridisegnare il futuro; il lusso politico, di un erotismo trasformativo e privato, in apparenza indipendente dal rigore di una morale cattolica comune; e finalmente la speranza di un nuovo olimpo imperiale che si erga sulle ceneri delle antiche potenze>>
(Stefano Baia Curioni, direttore di Fondazione Palazzo Te)

Il tema della mostra, che offre al pubblico la possibilità di indagare un aspetto relativamente poco noto dell’arte del Rinascimento, è infatti strettamente connesso al luogo che la ospita. Soggetti erotici e storie amorose sono infatti ricorrenti nelle sale di Palazzo Te, capolavoro indiscusso della carriera artistica di Giulio Romano: si vedano, per esempio, le vicende di Bacco e Arianna affrescate nella Camera delle Metamorfosi; o la passione di re David per la bella Betzabea che prende forma nella Loggia di Davide; e soprattutto la tormentata storia di Amore e Psiche che si snoda sulle pareti e sul soffitto della sala omonima. Molteplici sono anche i riferimenti all’interno del palazzo alla storia d’amore, in questo caso terrena e contemporanea, fra Federico II Gonzaga e Isabella Boschetti, cominciata nel 1516 e terminata solamente con la morte del duca, nel 1540.

Giulio Romano: Arte e Desiderio, allestita nell’Ala Napoleonica del palazzo, si articola in sei sezioni. Il percorso si apre con la presentazione teatrale di una figura di Venere di marmo antica, già proprietà di Giulio Romano e donata dall’artista al marchese di Mantova, Federico Gonzaga.
L’opera esposta testimonia come la scultura antica ebbe un impatto fondamentale sull’immaginazione degli artisti attivi nel Cinquecento a Roma, in particolare Raffaello e Giulio Romano e fornì loro lo stimolo per la creazione di nuove opere dal carattere scopertamente sensuale.

La prima sezione è dedicata a I Mondi, una serie di 16 immagini pornografiche, probabilmente ispirate a fonti antiche, che furono disegnate da Giulio Romano, incise da Marcantonio Raimondi e accompagnate da sonetti linceziosi composti da Pietro Aretino. In seguito a una severa campagna censoria da parte dell’autorità papale, queste incisioni sono andate perdute, ma la loro eccezionale fortuna è attestata dalla proliferazioe di immagini erotiche ad esse ispirate e realizzate in diversi media, inclusi i disegni, bozzetti e decorazioni su maiolica istoriata.

La sezione intitolata Arte e Seduzione, presenta una copia antica e particolarmente fedele della Fornarina di Raffaello, probabilmente realizzata da Raffaellino del Colle, un collaboratore di Giulio Romano, e il Ritratto di cortigiana di Giulio stesso, sempre ispirato al famoso ritratto erotico raffaellesco.
A seguire, la sala dedicata a Gli amori degli dei dimostra, attraverso disegni e incisioni, la grande fortuna collezionistica di cui godettero i soggetti erotici nel Cinquecento quando mascherati dietro la più accettabile apparenza di una storia mitologica e giustificati come traduzioni in immagini di invenzioni letterarie e poetiche.

La quinta sezione costituisce il cuore della mostra ed è dedicata al quadro monumentale di Giulio Romano intitolato i Due Amanti, conservato all’Ermitage, il quale potrebbe essere stato realizzato poco prima dell’arrivo dell’artista a Mantova, nel 1524, e condotto nella città dei Gonzaga come dono per il marchese Federico. Affiancano il dipinto due opere di eccezionale importanza artistica, affini ai Due Amanti per soggetto e cronologia: un arazzo – spettacolare per dimensioni e preziosità dei materiali – con Mercurio ed Erse, ispirato a un’invenzione di Raffaello per la Villa Farnesina, in prestito dal Metropolitan Museum of Art di New York, e un raffinato cartone di grandi dimensioni proveniente dal Louvre raffigurante Giove e Danae, di mano di Perino del Vaga – un altro collaboratore di Raffaello – che dovette servire da modello per un arazzo (ora perduto) realizzato su commissione di Andrea Doria a Genova, pare di una serie dedicata agli amori clandestini di Giove.

Il tema degli amori clandestini di Giove torna nell’ultima stanza dell’esposizione, dove un grande cartone raffigurante gli amori di Giove e Leda ispirato a una invenzione di Michelangelo e la sensuale Danae di Correggio, commissionata da Federico II Gonzaga nel 1530-1532, attestano come gli artisti cinquecenteschi si siano cimentati nel campo della pittura di soggetto erotico in competizione con la scuola di Raffaello.


M.P.F.

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