giovedì 31 ottobre 2019

HILMA AF KLINT


Hilma af Klint

Un’artista da scoprire
Hilma af Klint (1862 – 1944) è stata una pittrice svedese e pioniera nell’ambito dell’astrattismo pittorico.
Radicale anticipatrice di un’arte che si allontana dalla realtà visibile, sviluppò già dal 1906 un linguaggio astratto. Le sue opere non sono però mere astrazioni di forme e colori, piuttosto la rappresentazione di ciò che è invisibile.


Chi ha realizzato il primo dipinto astratto? La risposta ci può aiutare a comprendere meglio quell’anomalia nella storia dell’arte che chiamano astrazione. Basta considerare la radicale riscrittura delle sue origini in corso da alcuni anni, in cui uno degli eventi più felici è la scoperta dell’opera e della figura della pittrice Hilma af Klint.

Con una produzione di oltre 1200 dipinti e 125 taccuini, c’è da sorprendersi che sia rimasta sconosciuta così a lungo. La colpa è anche dell’artista che, prima di scomparire a 81 anni, vietò l’esposizione pubblica delle sue opere per vent’anni, un lasso di tempo sufficiente, questa la sua stima, a un’evoluzione della sensibilità collettiva. Peccò di ottimismo, e i suoi dipinti restarono stipati nei magazzini del Moderna Museet di Stoccolma fino al 1986 quando furono esposti in The Spiritual in Art. Abstract Painting 1890-1985 (Los Angeles Country Museum of Art) e in modo più consistente nel 2005 in 3 x Abstraction: New Methods of Drawing by Hilma af Klint, Emma Kunz, and Agnes Martin (The Drawing Center, New York).

Solo allora ci si rese conto di trovarsi di fronte ad autentici capolavori, e che la nascita dell’astrattismo, tradizionalmente consegnato da Dio nelle mani di Kandinskij, in realtà aveva molti padri e madri. Come il drammaturgo svedese August Strinberg, il musicista estone Mikalojus Konstantinas Čiurlionis, il ceco František, il russo ascetico Kszimir Malevič, come Hilma. Tutti giunti da vie diverse alla medesima soluzione dell’enigma.

Buffo pensare alla nota che Kandinskij scrisse al suo gallerista di New York Jerome Neumann nel 1935, per rassicurarlo, ancora una volta, che era stato proprio lui ad aver dipinto per primo (tra il 1910 e il 1911) immagini astratte: <<In effetti è la prima immagine astratta del mondo, perché allora non un singolo pittore dipingeva in stile astratto>>.
E ormai sappiamo che non era così.
Hilma af Klint, per le sue sperimentazioni, non rinchiuse però nei limiti dettati dai formati standard, come i suoi colleghi, ma utilizzò tele di grandissime dimensioni, anche 2,40 x 3,20 m, che dipingeva fissandole a terra, come avrebbe fatto Pollock, per capirci. Misure utilizzate dall’espressionismo astratto americano degli anni Cinquanta e Sessanta e che fanno ancora più effetto se rapportate alla statura di Hilma, di poco superiore al metro e cinquanta, e che trasformano oggi una retrospettiva sul suo lavoro in una mostra di arte contemporanea. Opere che lei aveva realizzato per la decorazione del Tempio: centonovantatre quadri astratti prodotti in due tranche (1906-1908 e 1912-1915) e commissionati non da un mecenate, ma da un’entità spirituale Amaliel, nome in uso alle isole Faer Øer. Opere destinate a decorare un’architettura a cerchi concentrici, il Tempio, che non verrà mai alla luce e della quale lei stessa ignora il significato.

Nell’eccezione comune astrazione è un astrarre da qualcosa, e questo qualcosa è la natura. Ci si rivolge così a quanto precede l’opera, al mondo fenomemenico, a un sostrato fatto di prati, erba e nuvole, linee d’orizzonte senza le quali il gesto dell’astrazione è impensabile. L’albero si spoglierà progressivamente dei suoi elementi naturalistici, delle foglie e dei rami superflui per arrivare alla sua essenza, all’immagine ontologica dell’albero, all’<<alberità>> (pensiamo a Mondrian ovviamente). Alcuni riconosceranno ancora l’esoscheletro dell’oggetto di partenza, altri vedranno altro che un intrico di linee, un mondo concreto o non-oggettivo.


Per Hilma le tele sono cariche di simbologie: le forme (prima organiche, quindi geometriche), i colori (giallo per l’entità maschile, blu per quella femminile), le lettere (<<u>> per lo spirituale, <<w>> per il materiale), i salti di scala (dall’atomo al cosmo), le polarità (bianco/nero, vuoto/pieno). Tele straordinarie anche nel loro aspetto formale e compositivo, studiate nei minimi dettagli.
Esiste tuttavia anche il processo opposto che alla natura circostante predilige un mondo altro, in cui non vigono le regole della nostra società, una cosmologia affrancata dal centro gravitazionale del pianeta Terra. Questa predilezione per una dimensione invisibile è senza dubbio metafisica ed esoterica, come nel caso della teosofia che conquistò, appunto, Mondrian quanto af Klint. Ma è anche radicata nella ricerca scientifica dell’epoca, preoccupata di rendere visibile l’invisibile con le onde elettromagnetiche, i raggi X, la quarta dimensione, la teoria della relatività, la microbiologia, la radioattività; negli studi sulla percezione dei colori e nell’ottica di Goethe; nel progresso tecnologico, della telegrafia al codice Morse; nella ricerca para-scientifica, tipica della telepatia e di altri tentativi di materializzazione del pensiero. Non a caso molti dei dipinti londinesi, dell’artista, evocano dei generatori di energia.

Hilma ha diciasette anni quando partecipa alla sua prima seduta spiritica, ma ora il gioco le prende letteralmente la mano, e dona finalmente un senso alla sua esistenza. Nel 1896, insieme a quattro donne forma il gruppo De Fem (I Cinque). Hanno preso contatto con “maestri di alto livello” provenienti da un’altra dimensione e raccolgono appunti meticolosi delle sedute spiritiche, tanto da pubblicare il volume di messaggi mistici. (i Grandi Maestri).


Nel 1908 conosce Rudolf Steiner, futuro fondatore della società antroposofica, che concepisce la realtà universale come una manifestazione spirituale in continua evoluzione.
Quando, alla fine, rompendo gli indugi, decide finalmente di condividere con lui il suo lavoro e le scoperte, viene respinta, considerata una mezza pazza. Hilma af Klint ne può trarre solo una conclusione: il suo tempo non è ancora pronto a capirla. Si ritira nell’isola Munsõ, nei luoghi della sua infanzia, dove rimarrà a ripercorrere e scrivere le sue esperienze, cercando di trovare una spiegazione. Alla morte viene sepolta, accanto al padre, nel cimitero navale di Galärvarvskyrkgärden.


M.P.F.

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