martedì 1 ottobre 2019

CAROSELLO


Carosello
Pubblicità  e Televisione 1957 – 1977
Se si comincia a dire che l’umanità è votata all’idiozia per
via della televisione, della pubblicità, degli elettrodomestici,
si finirà per concludere che l’umanità intera era più vicina
alla saggezza e alla grazia quando, al posto della televisione
c’era il parroco del villaggio, al posto della pubblicità la
superstizione, al posto degli elettrodomestici il vaso da notte
(Italo Calvino, in Europa letteraria, 1962)

Alla Fondazione Magnani-Rocca si è aperto un nuovo capitolo nell’indagine della storia della Pubblicità in Italia.
La mostra “Carosello. Pubblicità  e Televisione 1957-1977”- allestita alla Villa dei Capolavori, sede della Fondazione a Mamiano di Traversetolo presso Parma aperta fino all’8 dicembre 2018, a cura di Dario Cimorelli e Stefano Roffi – segue infatti dopo due anni la prima esposizione dedicata alla storia della pubblicità dal 1890 al 1957, che fu l’occasione per ripercorrere la nascita e l’evoluzione della comunicazione pubblicitaria e in particolare del manifesto, permettendo al visitatore di comprendere la genesi, dai primi schizzi ai bozzetti, fino al manifesto stampato.
Se in quella prima tappa della storia della pubblicità fu possibile ammirare le creazioni di cartellonisti come Leonetto Cappiello, Sepo, Marcello Dudovich o Plinio Codognato – per citarne alcuni tra i principali – questa nuova occasione espositiva permette di continuare a seguire l’evoluzione della storia della grafica pubblicitaria e del manifesto con grandi designer come Armando Testa, Erberto Carboni, Raymond Savignac, Giancarlo Iliprandi, Pino Tovaglia, affiancandola a un nuovo media – la televisione – che con Carosello mosse i primi passi nel mondo della pubblicità.
Il visitatore quindi si immerge alla scoperta di tantissimi manifesti di quel periodo, affiancati ai bozzetti e agli schizzi, e con la possibilità, grazie a una serie di schermi distribuiti nelle sale espositive, di ripercorrere l’unicità e l’invenzione degli inserti pubblicitari di Carosello, vincolati al tempo a rigide regole di novità e lunghezza. Si scopre così l’universo dei personaggi animati che sono nati con la televisione, come La Linea di Osvaldo Cavandoli, Re Artù di Marco Biassoni, Calimero di Pagot o Angelino di Paul Campani, fino alla moltitudine di personaggi nati dalla matita di Gino Gavioli. Bozzetti, schizzi, rodovetri, storybord sono elementi a complemento della serie di cartoni animati presentati in mostra a cui si aggiungono gli inserti pubblicitari in cui sono protagonisti i più importanti cantanti dell’epoca da Mina (Barilla) a Frank Sinatra, da Patty Bravo a Ornella Vanoni e Gianni Morandi o grandi attori come Totò, Alberto Sordi, Virna Lisi, Vittorio Gasman e grandi registi come Luciano Emmer, Mauro Bolognini, Ettore Scola, i fratelli Taviani, oltre a personaggi TV popolarissimi come Mike Bongiorno, Pippo Baudo, Raffaella Carrà, Sandra Mondaini e Raimondo Vianello.
Una selezione dei più importanti oggetti promozionali dell’epoca come l’ippopotamo, o i gonfiabili di Camillo il Coccodrillo, della Mucca Carolina, di Susanna tutta Panna completano la presentazione della pubblicità dei primi trenta anni della seconda metà del Novecento. Carosello, infatti, ebbe successo anche perché creò e impose i sui caratteristici personaggi. Umberto Eco all’epoca sosteneva, nel saggio Ciò che non sappiamo della pubblicità televisiva, che si trattava di personaggi ambigui ed esili, di personaggi cioè che, a differenza degli eroi e dei personaggi mitologici tradizionali, non erano <<portatori di un’idea>> e avevano perso <<la nozione di ciò che dovevano simboleggiare>>.
Eppure, forse proprio grazie a questa loro apparente debolezza comunicativa, tali personaggi hanno saputo integrarsi efficacemente con la cultura di massa della società italiana. Hanno saputo cioè diventare vere e proprie “icone”, esseri senza profondità, spesso, come ha sottolineato lo stesso Eco, anche indipendentemente dai prodotti da cui erano nati.
La pubblicità di quel periodo – dal 1957 al 1977, non solo televisiva – introdusse una vera e propria rivoluzione nel patrimonio culturale e visivo di tutti. Carosello era trasmesso in bianco e nero, ma per gli italiani era ricco di colori. Aveva infatti i colori del consumo, i colori di un nuovo mondo di beni luccicanti che si presentavano per la prima volta sulla scena sociale: lavatrici, frigoriferi, automobili, alimenti in scatola, etc.
Carosello non era semplicemente pubblicità, ma un paesaggio fiabesco dove regnavano la felicità e il benessere, un paesaggio estremamente affascinante per una popolazione come quella italiana che proveniva da un lungo periodo di disagi e povertà. Un paesaggio onirico che esercitava un effetto particolare nei piccoli paesi, nelle campagne e nelle regioni più arretrate, dove rendeva legittimo l’abbandono di quell’etica della rinuncia che apparteneva alla vecchia cultura contadina, in favore dell’opulenza della città e dei suoi beni di consumo.
Carosello, dunque, ha insegnato a vivere la modernità del mondo dell’industria, ha insegnato cioè che esistevano dei nuovi beni senza i quali non ci si poteva sentire parte a pieno diritto del nuovo modello sociale urbano, industriale e moderno. E ha insegnato anche come tali beni andavano impiegati e collocati all’interno del modo di vita di ciascuno.

Seppure vincolato dalle rigide norme imposte dalla Rai puritana dell’epoca, ha comunque potuto mostrare le gratificazioni e le diverse fonti di piacere che erano contenute nei nuovi beni di consumo. Forse non è un caso che a Carosello lavorassero insieme i migliori creativi e le migliori intelligenze del teatro e del cinema italiano dell’epoca.

M.P.F.

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